Dal G8 a C.so Magenta, la Polizia, i Black Bloc
ANSA/DANIEL DAL ZENNARO
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Dal G8 a C.so Magenta, la Polizia, i Black Bloc

Gli incidenti di venerdì a Milano sono il frutto di errori cominciati al G8 di Genova e non ancora finiti

Ero a Parigi il primo maggio e passando da place de l'Opera ho raccolto qualche immagine di una scazzottata tra esponenti del Front National e un gruppo di femen e relativi sostenitori. Ho sorriso ma ho subito pensato a cosa stesse accadendo a Milano in quelle ore. Quando ho fatto rientro in albergo ed ho acceso la televisione, tutti i network internazionali ne parlavano. Le immagini della devastazione hanno fatto rapidamente il giro del mondo. Ed i commenti non erano certo benevoli verso l'organizzazione della sicurezza di un evento come Expo.

Ma quello che è accaduto è il normale epilogo di mesi e mesi di attacchi alla nostra polizia dopo la sentenza della corte di giustizia europea che ha parlato di torture al g8 di Genova.

Si comprenda bene, il g8 è stata e rimarrà una pagina pessima per l'immagine della nostra polizia e, probabilmente, il pronunciamento dell'alto consesso europeo era inevitabile a fronte di una gestione della piazza così tanto dissennata. Ma da questo ad alimentare una campagna di biasimo permanente a 15 anni di distanza dai fatti di Genova ce ne corre.

I black block calati da tutta europa sapevano bene che le forze dell'ordine italiane partivano con un handicap evidente nel timore di reazioni eccessive che sarebbero state subito poste all'indice dai benpensanti nostrani. E le immagini parlano chiaro. Poliziotti e Carabinieri sembravano più intenzionati a limitare i danni piuttosto che intervenire muscolarmente alle prime avvisaglie di ciò che sarebbe poi accaduto. E come non comprenderli date le condizioni ambientali in cui operano, compressi tra chiassosi radical chic pronti a gridare allo scandalo alla prima manganellata e politici pavidi e irresoluti, incapaci di posizioni nette riguardo certi avvenimenti.

La manifestazione di venerdi doveva essere vietata in barba a pelosi diritti del dissenso e della pseudodemocrazia che li sostiene. E chiunque vi abbia preso parte deve essere ritenuto responsabile non solo moralmente ma anche oggettivamente dello scempio a cui abbiamo assistito.

Non esistono manifestanti buoni o meno buoni in queste circostanze. Esistono gruppi di violenti che, dopo le loro incursioni, trovano rifugio nel ventre molle ed accogliente del resto del corteo. In un paese civile gli organizzatori dovrebbero essere condannati a risarcire tutti i danni patiti dalla collettività. Ma nel nostro di paese c'è un giudice che ancora si chiede se i tedeschi armati di mazze e bulloni fermati prima del corteo dovessero essere accompagnati alla frontiera o meno.

Lo stesso paese dove a noi viene da domandarci perché sentiamo il bisogno di parlarne ancora.

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