legge Zan
(Ansa)
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Perché anche sinistra, femministe e lesbiche sono contrarie al ddl Zan

Le critiche alla legge contro l'omotransfobia arrivano addirittura dai movimenti storicamente più vicini e sensibili. Segno che qualcosa, davvero, non va.

Il disegno di legge Zan sull'omotransfobia, lo sappiamo, continua a far discutere e dividere mondo politico e associazionismo pro family. Quello che però nessuno si aspettava, almeno qualche mese fa, è la pioggia di critiche arrivate da parte della sinistra ma soprattutto dalla galassia femminista e della stessa comunità Lgbt.

Tralasciando infatti tutta la questione relativa al contrasto alle discriminazioni e alle violenze – che comunque, è bene ribadirlo, sono già puniti dalla normativa vigente italiana – c'è un aspetto particolare ma allo stesso tempo fondamentale del disegno di legge che sta trovando un netto rifiuto praticamente bipartisan. Si tratta dell'identità di genere e del suo sdoganamento non solo a livello legislativo e normativo, ma anche sul piano educativo e di difesa dei diritti.

Sono state proprio le femministe italiane – ben 17 associazioni diverse – a protestare contro il ddl Zan, con un chiaro "no all'identità di genere scorporata dal sesso" e in particolare per due motivi fondamentali. Il primis, infatti, una normativa del genere andrebbe ad inficiare decenni di lotte per l'emancipazione delle donne e la giusta equiparazione dei diritti con gli uomini, anche perché il testo della legge in discussione al Senato praticamente tratta le donne "come una minoranza", come hanno denunciato le associazioni femministe, quando in realtà sono la maggioranza del Paese. In secondo luogo, invece, legittimare l'identità del genere scorporata dal sesso, dunque in base alle proprie percezioni, aprirebbe scenari pericolosi e inquietanti. Sempre il mondo femminista italiano, infatti, cita fatti concreti già tristemente noti oltreoceano, dove – in California – grazie a questo concetto di "percezione del proprio sesso", oltre 250 detenuti che " identificano' come donne chiedono il trasferimento in carceri femminili". Praticamente una palese contraddizione in termini che andrebbe a scardinare e devastare tutto ciò per cui le donne si sono battute in questi anni. tanto per fare alcuni esempi, dalla sicurezza sessuale alla privacy, passando per le famigerate quote rosa e i posti di vertice in aziende e istituzioni.

Dubbi, criticità e pericoli che non hanno scalfito neanche di un millimetro la battaglia di Zan e dei suoi sostenitori. Dunque una prova chiara del carattere ideologico della legge e degli intenti pro-genderfluid.

Delle vere e proprie "pregiudiziali ideologiche" che – come detto – hanno scosso non solo le associazioni femministe, ma anche parte dell'universo della sinistra italiana. "Più che il desiderio di proteggere le persone si vuole spianare la strada all'autoidentificazione come uomo e donna" è stato infatti il commento di Luana Zanella, portavoce della Federazione dei Verdi, i quali di sicuro non possono essere tacciati come tradizionalisti e favorevoli alla famiglia tradizionale. Un allarme a cui ha fatto eco anche un'altra storica femminista, la giornalista Marina Terragni, che ha denunciato il pericolo per "bambini e ragazzi che si ritroverebbero in veri e propri giri di propaganda sull'utero in affitto" proprio grazie alla scusa dell'identità di genere. O ancora, la politica e attivista Lgbt Anna Paola Concia che, pur chiedendo miglioramenti al testo e non la sua bocciatura, ha sottolineato quanto sia "divisivo e ideologico" in particolare nell'aspetto "delle discriminazioni legate al sesso che dovrebbero uscire dalla legge".

Infine, una lunga lista di uomini e donne che si sono definiti come appartenenti "all'area politica del centrosinistra, ispirati ai valori di estrazione democratica e progressista" e "da sempre schierati in battaglie contro ogni discriminazione", hanno lanciato un lungo e accorato appello per non far passare un disegno di legge che nasconde, neanche troppo velatamente, "una proposta pasticciata".

Femministe, lesbiche e esponenti delle forze di centro sinistra, quindi, si sono trovati dalla stessa parte della barricata di chi non vuole il ddl Zan sull'omotransfobia, soprattutto perché "incerto sul tema della libertà d'espressione" e "offensivo perché introduce l'identità di genere". Un documento così nebuloso e articolato che "mischia questioni assai diverse fra loro e introduce una confusione antropologica che preoccupa".

Fra le conseguenze più preoccupanti per la sinistra italiana, infatti, vi sono anche "la propaganda di parte, nelle scuole, a favore della maternità surrogata e l'esclusione di ogni visione plurale nei modelli educativi".

Info: provitaefamiglia.it

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Jacopo Coghe