Sarà un scuola cyber?
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Cyber Security

Sarà un scuola cyber?

Causa pandemia di coronavirus l'istruzione si è dovuta digitalizzare e modernizzare, e domani non sarà più come prima. Nel bene e nel male

Quello che in venti anni non è riuscito al MIUR, lo ha fatto il Coronavirus in due settimane: la scuola italiana è diventata digitale, forse anche troppo. In ordine assolutamente sparso tutti gli istituti di ogni ordine e grado si sono lanciati sulle piattaforme più disparate non senza creare alla famiglie una serie di problemi "tecnologici" non trascurabili.

In primo luogo i singoli docenti hanno avuto fin troppa autonomia nella scelta del sistema di "collaboration", con la necessità per la famiglie di configurare due, tre o anche quattro diversi sistemi. Nomi che, fino a poche settimane fa del tutto ignoti come Zoom, Moddle, Google Classrom, sono diventati assolutamente familiari. Non tutti poi dispongono di connessioni a banda larga (per molti anzi è piuttosto "stretta") con il risultato che seguire una lezione "live" è un incubo, soprattutto quando anche mamma e papà sono a casa in perpetua "call conference" lavorativa, con il conseguente sovraccarico di traffico. Aggiungiamo infine che molte delle piattaforme richiedevano la disponibilità di una casella di posta elettronica dell'iscritto, con il risultato che oggi tutti gli studenti delle medie inferiori che non l'avevano sono stati obbligati ad aprirla.

Di fatto chiunque abbia compiuto 11 anni è diventato titolare di un indirizzo email. Con questa operazione anche i più giovani vantano come minimo tre o quattro diversi account su piattaforme on line, che per molti si sono aggiunti a quelli di gaming e dei social.

Se prima molti genitori guardavano con ansia alla sovraesposizione, adesso le loro preoccupazioni potrebbero essere aumentate. Da un certo punto di vista non hanno torto per almeno tre buone ragioni.

La prima riguarda gli eventuali abusi che i ragazzi possono commettere. Si sono già registrati casi di studenti che sono riusciti ad appropriarsi degli account dei compagni, oppure ne hanno creati di fake per poi postare sulle chat con l'insegnante insulti e bestemmie. Quelli che nella testa di un giovane sono scherzi, in realtà si configurano come veri e propri furti di identità, e per giunta risalire al colpevole è impresa quasi impossibile, perché le grandi piattaforme internazionali cloud sono interlocutori non facili. Facebook e Google lo hanno dimostrato con tutta la loro reticenza nel fornire informazioni riguardo a casi ben più gravi di uno scherzo tra ragazzi.

Un secondo motivo di angoscia deriverà dal dubbio che qualcuno molto più pericoloso si possa infiltrare, con modalità non diverse da quelle che abbiamo descritto. Quelle attualmente utilizzate sono piattaforme pubbliche e quindi una classe virtuale è potenzialmente raggiungibile da chiunque che abbia le informazioni necessarie.

Un ultimo aspetto è più che altro "psicologico". Se normalmente i giovani, ma non solo, soffrono di una certa carenza di consapevolezza che li porta a trascurare gli aspetti di sicurezza dei loro profili sui social o di gaming (per esempio non cambiano mai la password o ne scelgono una fin troppo banale) possiamo immaginare quanto saranno interessati a prendersi cura di quelli delle loro utenze scolastiche. Qualcuno potrebbe consolarsi pensando che prima o poi si ritornerà alla normalità, ma questa enorme sperimentazione in materia di formazione a distanza potrebbe aprire le porte a una riforma epocale. Come il ricorso massiccio allo smart working sta dimostrando che si tratta di una forma di lavoro possibile per molte professioni e per altrettante attività aziendali, allo stesso modo lo smart learning si rivelerà un'ipotesi percorribile anche per il sistema scolastico nazionale.

Non immaginiamo una scuola solo da remoto, ma quella che viene definita "blended" ovvero parte in aula e parte on line. Esplorare un'ipotesi di questo tipo significherebbe affrontare non soltanto una sfida tecnologica importante (basterebbe pensare al necessario adeguamento tecnologico), ma anche una sfida educativa gigantesca per fare in modo che insegnanti e studenti utilizzino queste strumenti con la giusta competenza, ma soprattutto con una consapevolezza che oggi manca quasi totalmente.

A questo punto il tema della cyber security, non soltanto dei sistemi, ma anche personale sarà strategica, soprattutto perché parliamo dei nostri figli.

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Alessandro Curioni