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L'aborto legale ci è costato (almeno) 5 miliardi di euro

È quanto emerge dal primo studio sui costi dell'aborto in Italia

La morte di 6 milioni di bambini ci è costata (almeno) 5 miliardi di euro

È stato presentato ieri, 24 maggio, in una conferenza stampa che si è tenuta a Roma, presso la Lumsa, il primo rapporto sui costi dell'aborto legale in Italia.

La ricerca, scientificamente rigorosa, basata solo su dati ufficiali del Ministero della salute e dell'Istat, è stata condotta da un gruppo di lavoro guidato da Benedetto Rocchi, Professore associato presso il Dipartimento di Scienze per l'Economia e l'Impresa dell'Università di Firenze e da Stefano Martinolli, Dirigente medico presso la Clinica Chirurgica della Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina a Trieste.

Per la prima volta è stata così messa a disposizione dello Stato e degli organi governativi sanitari una stima dei costi di applicazione della legge n. 194, che ha legalizzato l'aborto nel 1978 in Italia, per i primi 40 anni dalla sua approvazione.

L'applicazione di qualsiasi legge infatti, andrebbe monitorata in modo oggettivo e senza preclusioni ideologiche per valutarne gli effetti sul tessuto sociale e sull'economia. Specialmente le leggi che importano oneri per i contribuenti. Specialmente le leggi che importano oneri per il Servizio sanitario nazionale da sempre in crisi (mancano posti letto, personale ecc). Specialmente in questo periodo di pandemia, in cui il suddetto Ssn è stato particolarmente provato.

L'articolo 16 della stessa legge 194 prevede una regolare raccolta di informazioni sull'applicazione della legge: le Relazioni annuali del Ministero al Parlamento, però, sono per loro stessa ammissione estremamente lacunose e non supportate da un adeguato apparato conoscitivo.

Lo studio è stato patrocinato dalla Sibce (Società italiana di bioetica e comitati etici), dall'Aigoc (Associazione italiana ginecologi e ostetrici cattolici), dalla fondazione Il Cuore in una Goccia e da Pro Vita & Famiglia.

Erano presenti, insieme ai curatori, il professor Filippo Maria Boscia, già Direttore della Cattedra di Fisiopatologia della riproduzione umana all'Università di Bari, e del Dipartimento materno-infantile dell'ASL di Bari, Consulente di ostetricia e ginecologia presso l'Ospedale S. Maria di Bari, Presidente nazionale dell'Associazione Medici Cattolici Italiani (Amci) e presidente onorario della Sibce; il professor Giuseppe Noia, Direttore dell'Hospice perinatale - Centro per le Cure Palliative Prenatali "Madre Teresa di Calcutta" del Policlinico Gemelli, Docente Medicina Età Prenatale UCSC, Presidente Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici (AIGOC); e la scrivente, che ha curato una delle appendici del rapporto riguardante i costi non considerati.

Infatti, va sottolineato che i calcoli sono stati fatti con criteri rigorosi ed estremamente prudenziali: per esempio, tutti quegli oneri economici e sociali derivanti dalle complicazioni post aborto che segnano profondamente nel fisico e nella psiche le donne (e non solo) non sono stati presi in considerazione, ma ci sono, nonostante siano coperti da una spessa coltre di omertà tessuta dall'ideologia del politicamente corretto, e ne è stata offerta una panoramica corredata da una corposa bibliografia scientifica.

Nel rapporto è stata ricostruita la serie storica degli aborti volontari effettuati in base alla legge, disaggregata per tipologia di intervento e per regione. Si è constatato che, anche se, per una serie di fattori demografici e sociali, il numero annuo di aborti è diminuito dopo il picco iniziale, si può stimare che ancora oggi oltre il 15% delle gravidanze viene interrotto volontariamente. Secondo i dati Istat, su mille donne oltre 220 abortiscono volontariamente almeno una volta nel corso della loro vita.

Dalla ricerca è emerso che la legge 194 ha fallito almeno tre dei suoi obiettivi dichiarati: non ha eliminato la piaga degli aborti clandestini, ha banalizzato l'aborto rendendolo una sorta di pratica anticoncezionale, non garantisce alle donne quella "libera scelta" di cui tanto si parla perché esse non vengono adeguatamente informate e di fronte a una gravidanza imprevista, l'unica "soluzione" che il sistema offre alla madre è la soppressione del figlio.

È stata inoltre rilevata una corrispondenza statistica - per Regione - tra il calo demografico e il numero di aborti.

Dal punto di vista strettamente economico, sono stati calcolati i costi standard (per tipo di intervento) secondo i tariffari dei sistemi sanitari regionali che poi sono stati rielaborati e proiettati negli anni tra il 1978 e il 2018. La conclusione è stata che per i primi quarant'anni di aborto legale in Italia, sono stati spesi mediamente 4 miliardi e 847 milioni di euro. Se questi denari fossero stati accantonati in un fondo destinato ad impieghi produttivi, che fosse capace di ottenere una remunerazione in termini reali dei capitali impiegati pari al servizio pagato dallo Stato italiano per il debito pubblico, alla fine del 2018 il fondo avrebbe raggiunto una capitalizzazione totale di 11 miliardi e 209 milioni di euro.

Tutto questo vorrebbe suscitare un dialogo aperto e costruttivo, basato su dati oggettivi: come tutte le politiche dello Stato anche quella che rende legale l'aborto può e deve essere sottoposta a una seria valutazione che non può prescindere dalla quantificazione degli oneri finanziari. Perciò, il gruppo di lavoro intende approfondire i suoi studi e ha costituito a tal fine l'Osservatorio permanente sulla legge 194 a cui si può scrivere per ulteriori informazioni o per avere, gratuitamente, una copia integrale del rapporto (osservatoriopermanente194@gmail.com).

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Francesca Romana Poleggi