Cosa resta davvero dell’Ucraina
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Cosa resta davvero dell’Ucraina

Riuscirà Kiev a sedare le rivolte entro le elezioni del 25 maggio? Le “operazioni speciali” delle forze di sicurezza e la resistenza dei ribelli mettono in dubbio la sussistenza stessa del Paese. La guerra scoppierà a est?

 Per Lookout news

Stamani il Sole 24 Ore citava nientemeno che la “Corazzata Potemkin” per raccontare le emozioni che attraversano le città assediate dell’Ucraina e animano il sentimento più intimo di un popolo, combattuto tra la fedeltà alla bandiera ucraina e un richiamo sempre più forte alla madre Russia.

 

Il film sovietico di Sergej Ejzenstejn sulla rivoluzione russa, noto ai cinefili meno eruditi anche per la citazione parodistica di Paolo Villaggio, ambientava sulla scalinata di Odessa una delle scene più intense del lungometraggio. Odessa è la stessa città ucraina che affaccia sul Mar Nero dove finora si è contato il maggior numero di vittime della guerra civile - al netto di Maidan, qui si sono contati oltre quaranta morti e centinaia di feriti  - e, se dovesse cadere in mano ai filorussi, potrebbe preludere a un ancor più intenso precipitare degli eventi. Un simbolo, evidentemente (non a caso alcuni patrioti nei giorni scorsi si sono riuniti sulla celebre scalinata per intonare l’inno ucraino in solidarietà al governo di Kiev) ma non soltanto, visto che qui è di stanza la principale base navale del Paese.

 

La prospettiva della guerra
Dicevamo “guerra civile” perché, se prudentemente i media parlano piuttosto di una situazione “sull’orlo della guerra civile”, è bene ricordare che in tutto l’est del Paese si spara, si scavano barricate, si occupano e incendiano palazzi delle istituzioni, si abbattono elicotteri con i lanciarazzi RPG. Insomma, combatte e si muore. Se questa non è guerra, difficile darne una diversa interpretazione.

 

Il premier ucraino Arseniy Yatsenyuk, che ha lanciato le manovre militari per riprendere il controllo del Paese in rivolta, ha parlato di “operazione speciale anti-terrorismo” e ai nostri microfoni ha ribadito che “lo scopo è la difesa della popolazione” e che “questo è un obbligo costituzionale e l’unico modo per ripristinare l’ordine” in Ucraina.

 

Eppure, questi sforzi non bastano e la situazione resta fuori dal controllo di Kiev, così come la presenza di soggetti estranei ventilata da ambo le parti, quella russa e quella occidentale - squadre private, contractor e militari senza simboli di riconoscimento - è la cartina di tornasole per comprendere quanto questa insurrezione sia precipitata in un vortice che ormai è uscito dai confini nazionali.

 

In un duello a distanza con Mosca, la NATO - sotto una spinta americana che sfiora l’avventurismo - pare ormai avere l’intenzione di prendere le redini del comando e non è un caso che CIA ed FBI affianchino apertamente i responsabili della sicurezza del governo, senza che s’intraveda una razionalità nel fine e nello scopo ultimo. Mentre la Russia gioca una partita forse meno appariscente, pur avendo infiltrato a sua volta ogni coordinamento cittadino che ha preso le armi e si è ribellato a Kiev, ma non meno trascinante circa un coinvolgimento diretto. Anzi, se qualche soldato sconfinerà, è facile che sia uno di Mosca e non di un Paese NATO.

La prospettiva della pace

Dopo che è stato vanificato l’accordo raggiunto a Ginevra per una de-escalation nel Paese e in attesa di capire cos’altro possa fare l’ONU per salvare la situazione, in queste ore la città di Sloviansk, nella turbolenta regione di Donetsk, è circondata dalle forze ucraine e la popolazione ribelle attende con ansia un attacco governativo su larga scala. Il mondo, invece, è col fiato sospeso, in attesa di capire se questa o una delle numerose città che non riconoscono il nuovo governo (nato dopo i fatti di Piazza Maidan a Kiev e la fuga del presidente Yanukovich) sarà protagonista di severe operazioni militari, tali da creare un casus belli e “costringere” la Russia a intervenire direttamente. Da quel momento, non si potrà più tornare indietro.

 

Ma forse siamo già in ritardo e l’Europa, dopo che già la cartina geografica dell’Ucraina è stata modificata con l’annessione russa della Crimea, rischia ora di perdere per sempre questo Paese e di vederlo frazionarsi in due o tre parti. La speranza di arrivare indenni alle elezioni generali, proclamate dal governo di Kiev per il 25 maggio prossimo, va scemando ogni giorno di più e l’identità definitiva dell’Ucraina è ancora da darsi. Insomma, non è certo un buon momento per il Vecchio Continente, così vecchio che non si è accorto di quanto il caos stesse prendendo il sopravvento a Est.

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Luciano Tirinnanzi