Giuseppe Conte
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Conte, l'attendista stregone

Di fronte ai problemi del paese la strategia del Premier è quella di prendere tempo. Pagherà?

Se fossi il premier Giuseppe Conte mi pentirei di aver ceduto alle lusinghe di Luigi Di Maio che gli chiedeva di accettare la poltrona di capo del governo. Era una poltrona che il Di Maio avrebbe voluta per se stesso, dal momento che si considerava il capo politico del primo partito italiano, i Cinque stelle. Ma per poter realizzare questo sogno esisteva un ostacolo roccioso: la presenza di un alleato del peso e della ferocia di Matteo Salvini. Un vero osso da mordere che non avrebbe mai accettato di vedere quel terrone allievo di Beppe Grillo seduto a Palazzo Chigi, nelle vesti di capo del governo.

Fu così che Di Maio scelse come premier un oscuro avvocato meridionale come lui, ma residente a Firenze, e lo condusse nella stanza più importante tra le tante camere di Palazzo Chigi. Dove  una serie di signori nessuno, quasi tutti maschi, si illudono di essere qualcuno. Da quel momento il Conte si convinse di essere il primo degli italiani, più o meno alla pari con il presidente della Repubblica, quel santo di Sergio Mattarella. È un’illusione che dura ancora oggi e obbliga il povero Conte a ripetere di continuo che il suo governo resterà in carica per altri quattro anni. E farà dell’Italia il primo Paese europeo, un paradiso che tutto il vecchio continente ci invidierà.

Piacerebbe anche a me che fosse vero. Sono un signore anziano che prima o poi toglierà il disturbo e vorrebbe andarsene lasciando dietro di sé un’Italia che tutti gli altri europei ci invidiano. Ma è soltanto un sogno o una pia illusione che il Conte e pochi altri, ingenui o bugiardi come lui, coltivano. La verità che il nostro premier conosce, ma non vuole confessare, è che il nostro Paese è un inferno. Per constatarlo non è necessaria la consulenza di uno dei tanti servizi segreti o di qualche consorteria di intellettuali. Basta leggere due o tre giornali e guardare la tivù per conoscere quanto basta a coltivare in segreto la voglia di fare le valigie e trasferirsi in qualche altra nazione meno sfortunata della  nostra.

Da noi ogni giorno sorge un problema che non si riesce a risolvere. L’ultima novità è la cosiddetta Via della Seta, immagine gentile che nasconderebbe l’intenzione della Cina comunista di mangiarsi tutta l’Europa, a cominciare dall’Italia. Sarà vero o si tratta soltanto dell’ennesimo incubo di un Paese debole che coltiva troppi timori? In realtà i cinesi stanno tra noi da un pezzo. Si sono già comprati una squadra di calcio che gioca in serie A, l’Inter. E non si vede perché non dovrebbero acquistare anche il Duomo di Milano o il Colosseo. I cinesi sono tanti, hanno molti soldi e per di più sono comunisti, o lo sembrano. Dunque sono pronto a scommettere che la Via della Seta diventerà il tormentone di tutti i media. Suggerisco a Urbano Cairo, ormai da considerare una vera potenza, di ordinare alle sue tivù di organizzare qualche decina di dibattiti. Confesso che mi piacerebbe vedere la bella e brava Lilli Gruber che abbandona le solite facce, i Padellaro e gli Scanzi, per presentare in video un po’ di personaggi con gli occhi a mandorla.

Nell’attesa che arrivino in casa nostra gli eredi di Mao, noi ci balocchiamo con i soliti problemi. Quasi tutti irrisolti. Che fine farà la Tav? Verrà costruita o no? Sarà mini o maxi? Per quanto tempo dovremo assistere all’eterno duello tra Di Maio e Salvini ? Stiamo rasentando il ridicolo. Un deputato leghista genovese, che di nome fa Siri come l’indimenticabile arcivescovo, si è inventato la clausola di dissolvenza che ci permetterebbe di non onorare i contratti per la Tav.

Nel frattempo, l’Italia reale, quella che non sta nei partiti politici, diventa sempre più feroce. Il consumo della droga dilaga. L’immigrazione è ormai un fenomeno di cui non si parla poiché non si è deciso in che modo affrontarlo e renderlo inoffensivo. Le violenze sulle donne si moltiplicano: è stata pure inventata una parola orrenda, il «femminicidio». Gli stupri, anche di gruppo, non si contano più. Qui è emersa una novità che dà la nausea: un’insegnante è rimasta incinta di un ragazzino minorenne che andava a ripetizione da lei e ha dato alla luce un bambino che adesso verrà conteso da due padri. Per non parlare della mafia e della ’ndrangheta diventate le padrone di tante regioni.

Il tutto mentre l’Italia legale soffre. Gli anziani, anzi i vecchi, sono abbandonati a se stessi. I giovani rischiano di diventare dei nullafacenti abituati alla violenza. Molte imprese boccheggiano o chiudono. Il governo decide il reddito di cittadinanza, un vitalizio per tutti che verrà pagato con denaro preso in prestito. L’imposizione fiscale non si attenua e obbliga tanti italiani a comportarsi da evasori. Il nero, ossia le tasse evase, trionfa. Prima o poi, anche il pane verrà pagato in nero. Mentre la corruzione diventerà sempre più forte. In questo inferno che cosa potrebbe fare il premier Conte? Nulla. E infatti il nulla è il suo bottino. I più generosi lo definiscono un temporeggiatore. Vale a dire un politico dilettante che si barcamena. Ma questa attitudine a galleggiare nel vuoto favorisce soltanto i suoi avversari. Non sono i cinesi che arrivano sulla Via della Seta, ma signori molto italiani. Per primo il Di Maio che si è trovato una morosa, sfatando la leggenda di essere gay. E soprattutto il Salvini, il capitano dalle molte morose e dalle tante divise, che si prepara a diventare il padrone d’Italia.

Il boss della Lega è un nuovo tipo di fascista? Non saprei dirlo. Ma so che il giorno che avrà vinto sarà peggio, molto peggio di uno dei tanti eredi di Mussolini. La buonanima che dalle pagine di tanti libri di storia ci ammonisce ricordandoci un vecchio adagio: alle disgrazie non c’è mai fine. n

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Giampaolo Pansa