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Il concorso dell'Agenzia delle Entrate tra irregolarità e polemiche

Elaborati non imbustati, uso di smartphone, assenza di vigilanza. Il "concorsone" rischia di essere travolto dai ricorsi. Anche se per l'Agenzia è regolare

UPDATE: Al nostro post, l'Agenzia delle Entrate ha risposto con una smentita, che potete leggere qui: "Agenzia delle entrate, il concorso è regolare".

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Di trasparente ci sono le opacità: violazione dell’anonimato, elaborati non imbustati, uso di smartphone, vigilanza scarsa, se non scarsissima. Insomma, ritorna la solita sciatteria della selezione, aleggia la maledizione dei concorsi in Italia. Rischia infatti di annegare nel ricorso, nella palude della giustizia, il più affollato concorso pubblico dell’anno (140 mila i partecipanti) indetto dall’Agenzia delle Entrate per reclutare 892 funzionari da impiegare in attività amministrativo tributarie, 1500 la retribuzione minima: l’ultima oasi di impiego pubblico oggi presente nel paese.

Delle tre prove previste e ancora in corso di svolgimento, la prima è già materia di avvocati che sono pronti a ricorrere al Tar, sollevare illegittimità, smontare la selezione per rimontarla in tribunale. "E abbiamo i filmati, le testimonianze dei concorrenti che non solo hanno potuto introdurre dispositivi elettronici, ma che si sono visti ledere i diritti, e non garantiti i requisiti minimi che in ogni concorso dovrebbero essere rispettati" dice Francesco Leone, un avvocato palermitano che è già alla testa dei ricorrenti e di un manipolo di dieci avvocati ormai esperti di contenziosi, ricorsi e concorsi. E a sentirlo tutto può essere contestabile: bando, luogo, svolgimento, "per molto meno è stato possibile far riammettere 15000 studenti nello scorso test di medicina" ricorda Leone che quel duello lo ha vinto a scorno della pubblica amministrazione.

Il video del dubbio concorso dell'Agenzia dell'Entrate

A differenza dei concorsi pubblici nazionali che in passato si sono svolti in un’unica giornata e in sedi decentrate, questa volta l’Agenzia ha scelto una sede unica ma giornate diverse spalmando così la platea dei concorrenti ma aumentando così l’alea, il rischio di dispute. Una ragione economica per l’Agenzia, "abbiamo risparmiato due milioni di euro", ma che rimane risposta controversa quando si parla di incarichi pubblici. "E va bene il risparmio, e lo comprendo pure. Ma se un concorso è nazionale non capisco perché chi risiede nelle isole debba essere penalizzato, non capisco perché la differenza di trattamento tra chi ha sostenuto il test il primo giorno e chi ha potuto sostenerlo negli ultimi giorni potendo così conoscere la natura dei quiz" dice Marco che è avvocato e che è partito da Cattolica Eraclea, profonda Sicilia, per sostenere l’esame, un quiz di logica che prevedeva 50 quesiti a cui bisognava rispondere in 40 minuti nei locali della grande Fiera di Roma.

"Va detto subito che nel bando non era stato precisato né la modalità né il tempo a disposizione" aggiunge sempre Marco che all’ingresso non è stato controllato, "sono entrati telefoni, li ho visti utilizzare con i miei occhi". E infatti a controllare i partecipanti non c’erano forze dell’ordine ma solo guardie giurate e solo all’ingresso. "Ed erano solo due per un’aula vasta dove ad essere esaminati c’erano quasi 3000 partecipanti" racconta Susanna un’altra avvocato che ha concorso. Perfino l’aula non è stata schermata, come conferma del resto la stessa Agenzia, per impedire così l’accesso a internet. "È impensabile ritenere che si possano fotografare le domande, inviarle all’esterno, attendere che qualcuno all’esterno faccia il compito, riavere il tempo necessario per copiare sul foglio le risposte" rispondono dall’Agenzia convinti che neppure la diffusione di filmati possa far periclitare il concorso: "Nella maniera più categorica è impossibile che ci siano gli estremi per invalidare questa fase concorsuale". E però come sempre avviene nei quiz di logica, e l’Agenzia non può non saperlo, non serve inviare le domande ma cercarle più facilmente su qualsiasi motore di ricerca. racconta un altro partecipante che ha sì riposto il telefono in una busta esposta sul banco, ma che ha avuto modo di servirsi di un altro.

E che dire delle buste? "Alcuni se le sono portate a casa. A raccogliere gli elaborati erano alcuni steward che avevano il compito di prelevarle. La manomissione era facile"racconta Andrea, laureato di scienze politiche anch’egli concorrente e sicuramente ri-corrente". Per garantire l’anonimato i partecipanti, e serve precisare che si tratta di laureati in giurisprudenza e scienze politiche, hanno riempito una scheda anagrafica con un codice a barre. Stesso codice a barre che viene sovrapposto sugli elaborati. "L’anonimato è garantito attraverso la separazione della scheda anagrafica dai fogli risposta, avvenuta prima della distribuzione dei questionari d’esame" ribatte l’Agenzia.

Ma il codice a barre è in realtà un’etichetta bioadesiva. E non per fare le mosse diavolo ma solo per avvertire, viene da chiedere se questa possa bastare ad assicurare quel parametro di sicurezza che l’Agenzia crede sia stato raggiunto. "Non bisogna essere dei nerd ma solo degli utenti abituali di itunes per scaricare gratuitamente un’applicazione chiamata “Barcode scanner” per aggirare l’anonimato e collegare l’elaborato al partecipante. E come si dimostra non solo i telefoni sono entrati, ma addirittura utilizzati al punto da filmare l’esecuzione della prova" dice Leone che ha inserito sul suo sito i fotogrammi del video ma che per i garanti dell’Agenzia rimane solo un episodio isolato e individuato: "L’unico caso di cui abbiamo avuto conoscenza riguarda l’affermazione di un avvocato palermitano, che sul proprio sito afferma che un candidato ha eseguito un filmato della prova. Siamo in presenza di un attacco infondato e pretestuoso condotto dal citato avvocato. L’Agenzia a tal proposito ha già sottoposto la questione all’avvocatura dello Stato affinché valuti di sporgere denuncia penale alla magistratura e di presentare un esposto all’ordine degli avvocati per comportamenti contrari alla deontologia professionale". "Vogliono irretirmi, le loro risposte sono minacciose. Esiste un principio costituzionale che garantisce a ogni cittadino di essere difeso di fronte a un tribunale. L’Agenzia non può infrangere tale principio" ribatte Leone a cui di certo l’Agenzia non può contestare di fare l’avvocato.

E tra i partecipanti c’è ancora chi lamenta la mancata verbalizzazione delle proteste, "è stato impedito", l’apertura della busta con i quesiti quando ancora l’aula era mezza vuota, la correzione in presenza di cinque anziché dieci partecipanti. Intanto la gestione della seconda prova non è più competenza della Praxi, a cui era stato affidato il mandato di vigilare e organizzare la selezione, ma della Selexi srl come sancito da un documento del 18 maggio 2015 che assegna con procedura d’urgenza il compito di supporto.

Il concorso potrebbe così impantanarsi nell’autostrada del diritto. Di sicuro rimane l’imperizia di una selezione, un deficit di vigilanza, la selezione per avventurismo.

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Carmelo Caruso