Codice di comportamento grillino: incoerenza a cinque stelle
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Codice di comportamento grillino: incoerenza a cinque stelle

Oggi tuona contro l'assenza del vincolo di mandato e minaccia una multa di 250 mila euro per i parlamentari grillini a Strasburgo che vengano sfiduciati dalla rete. Ieri difendeva l'articolo 67 della Costituzione con toni altrettanto accesi: ma qual è il vero Grillo?

Il codice di comportamento per i futuri parlamentari europei (con annessa penalità da 250mila euro per quei dissidenti che rifiutano di dimettersi a seguito di una espulsione decretata dagli iscritti certificati del M5S) che Beppe Grillo ha pubblicato ieri sul suo blog (Comunicato pubblico numero 54) ripropone il tema, caro al MoVimento, dell'assenza del vincolo di mandato previsto da un articolo della Costituzione contro il quale il comico ha spesso polemizzato con toni infuocati e barricaderi: «L'articolo 67 della Costituzione della Repubblica italiana - tuonava Grillo in un recente post dal titolo Circonvenzione di elettoreconsente la libertà più assoluta ai parlamentari che non sono vincolati né verso il partito in cui si sono candidati, né verso il programma elettorale, né verso gli elettori. Insomma, l'eletto può fare, usando un eufemismo, il cazzo che gli pare senza rispondere a nessuno». 

Ora lasciamo perdere per un attimo la questione della palese illegalità di una norma tutta interna al MoVimento  che obbligherebbe i parlamentari grillini a versare 250 mila euro qualora fossero espulsi e rifiutassero di dimettersi, sulla quale scrive oggi Pietro Salvatori dell'Huffington Post . Il punto è un altro e riguarda, come anche sostiene Grillo, l'omniscente memoria della rete, capace di conservare  dichiarazioni imbarazzanti in palese contraddizione con le nuove parole dei politici della Kasta, come la chiama, di cui a farne le spese sono stati negli anni quasi tutti i politici, da Matteo Renzi e Silvio Berlusconi.

Peccato che in questo caso, a pagare pegno all'incoerenza, sia proprio Grillo   che, fino a qualche anno fa, difendeva l'articolo 67 della Costituzione sull'assenza del vincolo di mandato con toni tanto accesi quanto quelli che usa ora per chiederne l'abolizione.

Il primo post è del 2010, ai tempi della furibonda polemica tra l'ex presidente della Camera Gianfranco Fini (di cui Berlusconi chiedeva le dimissioni) e il premier allora in carica. Scriveva Grillo: «L'articolo 67 della Costituzione   è molto chiaro. Chi è eletto risponde ai cittadini, non al suo partito».

Ancora più chiaro fu nel 2005 quando polemizzò in un altro post contro l'ex ministro Giovanardi, reo di avere dichiarato quello che oggi sostiene Grillo, e cioé che «Io non sono dipendente di nessunose non dei miei elettori» e ancora «in democrazia ognuno risponde delle sue idee e degli elettori che lo hanno votato».

Chiosava allora Beppe Grillo, nelle vesti allora di difensore dell'articolo 67 della Costituzione: «Se ne deduce che chi ha votato l’ex dipendente Giovanardi (ma come fa a sapere chi è se il voto è segreto?) deve pagargli lui solo lo stipendio, non tutti i cittadini italiani». Oggi, la nuova capriola. In nome di una coerenza che dura, come gran parte della classe dirigente, il tempo di un battito di ciglio.

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Paolo Papi