Ciclone Berlusconi sul piccolo schermo
ANSA/GUIDO MONTANI
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Ciclone Berlusconi sul piccolo schermo

Da quando ha cominciato ad apparire in tv il suo PdL ha ricominciato a crescere vertigionosamente nei sondaggi

Incredibile ma vero, Berlusconi sta scalando la montagna del consenso perduto e c’è rischio che ce la faccia. Quasi un punto percentuale dopo ogni trasmissione televisiva, non c’è niente da fare: ha mostrato di nuovo di avere una marcia in più. Cambia il panorama? Chi può dirlo. Quel che è sicuro è che non è più sicuro niente, neanche la strepitosa vittoria a mani basse e senza concorrenti del PD proiettato verso il governo del Paese e talmente sicuro di sé da cadere vittima del complesso dello “squadrone”. Il grande squadrone di Bersani rischia di fare la stessa fine della gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto quasi vent’anni fa.

E allora dobbiamo ancora una volta correggere il tiro e includere un elemento nuovo: il PDL di Silvio Berlusconi, e non di Angelino Alfano o chiunque altro, è decollato dal misero diciassette per cento che valeva nei sondaggi proiettandosi intanto perso il primo traguardo del venti. Intanto Grillo cala giorno dopo giorno e lo stesso PD soffre perché l’elettorato che ama Matteo Renzi si sta orientando su Mario Monti come mostrano altri sondaggi: quelli che riconoscono come gente del PD renziano il settanta per cento dei fan del presidente del Consiglio.

Altro elemento: Mario Monti, che aveva promesso di sciogliere ogni riserva il prossimo sabato, ha deciso di rinviare il suo messaggio di fine anno a data da destinarsi. In pratica, si è concesso una proroga e si è dato a frenetiche consultazioni con Luca Cordero di Montezemolo e con Pierferdinando Casini. Lo scopo? Creare un ammortizzatore, cercato dal PD, per rendere la campagna elettorale non troppo aspra fra i concorrenti di dentro e di sinistra.

Non abbiamo elementi per confermare, ma stando alle fitte voci di corridoio, sia Napolitano che Bersani sono molto irritati con Monti che sembra rifiutare il ruolo di Cincinnato “en reserve de la République” perché preferisce battersi in strada con gli altri concorrenti e puntare ad un ritorno a Palazzo Chigi certificato dal voto popolare. Bersani e Napolitano stanno premendo su di lui per spingerlo a contentarsi di una fettina del centro casiniano, per formare quell’area moderata centrista che in pratica dovrebbe confluire con la sinistra del PD e governare il Paese, sotto la minaccia di Vendola.

L’attività di Monti spacca il PD, come è evidente. I renziani tifano per Monti e mollano Bersani, mentre la sinistra del Sel tende a radicalizzarsi. In breve, un polpettone senza forma pieno di tossine e malumori.

A destra, fino a domenica scorsa quando Berlusconi ha cominciato la sua tournée televisiva partendo da Canale5, si sta producendo un simmetrico polpettone. I cosiddetti “montiani autorizzati” che si sono riuniti domenica al teatro Olimpico, sono apparsi troppo ingessati e troppo tenuti d’occhio dalla mamma: Quagliariello, Cicchitto, Alfano, e poi via via gli altri hanno dato alla riunione una fisionomia di evento disciplinato e interno al PdL, senza tanti grilli per la testa.

Dall’altra parte la simmetrica riunione del gigante (Crosetto) e della bambina (Meloni) si è manifestata come scissionista perché oltre al forte no a monti ha espresso più volte un forte no a Berlusconi stesso. Anche Beppe Pisanu e i suoi si considerano ormai fuori dal PdL e la sfilacciatura prosegue (proseguiva) senza sosta.

A quel punto ecco che interviene il “fattore B”: B come Berlusconi, il quale ha pensato che l’impresa di ritirare su il PDL sotto il suo nome unico e sovrano fosse l’unica possibile, senza contare che Berlusconi quando affronta questo genere di prove si diverte come un matto: gli spettatori che l’hanno guardato a “Porta a Porta” lo hanno visto sfrontatamente sicuro di sé, calmo e imperturbabile (salvo quando Vespa gli ha letto la dichiarazione di Casini che lo definiva un populista estraneo alle tradizioni liberali europee) ha massacrato i malcapitati giornalisti che gli erano stati schierati contro e se li è mangiati tranquillamente.

Che spettacolo. In Italia sembra che non esistano giornalisti in grado di tener testa a un politico di razza contendendogli millimetro dopo millimetro la veridicità delle sue affermazioni, perché in genere tutto quello che sanno fare è strillare qui e là, profferire frasi senza senso e senza costrutto, come ci è sembrato che abbia fatto lo sventurato direttore dell’Unità incapace di parlare e che rispondeva a Berlusconi soltanto facendo la faccia annoiata o disgustata.

E dunque abbiamo visto la prova generale di quel che accadrà quasi ogni giorno, almeno finché non scatterà la par condicio che costringerà anche Berlusconi a limitarsi nei tempi imposti dalla legge. Ma finché la par condicio non c’è, l’ex presidente del Consiglio non vuole perdere un colpo, una trasmissione, un dibattito, e si presenta con un discorso molto ben organizzato, pronto a rispondere con sequele di numeri anche alle domande sull’economia e lo spread, mai sprezzante, mai vittima dei propri risentimenti anche quando si vede che i risentimenti ci sono e sono molto profondi.

Da questa visione di un Berlusconi ai lavori televisivi forzati si trae la misura della novità: il suo PDL potrebbe uscire dalla crisi e convincere al voto una parte ampia degli indecisi e degli astenuti che sono prevalentemente suoi ex elettori. Verrebbe da dire che è solo una questione di tempo: dategli una settimana, e scala un punto. Dategli un mese e ne scala quattro. Se avesse potuto avere una stagione intera forse la sua crescita sarebbe proseguita incontrastata. Ma il tempo invece è militato, la par condicio sta per scattare e dunque Berlusconi arriverà fino a un certo punto della sua opera ricostruttiva, ma non alla conclusione. Il suo pressing sulla Lega inoltre per motivi di logica politica è probabilmente vincente e dunque è possibile che si riformi un blocco, specialmente al Nord, di potenzia soverchiante per il PD. Nessuno può oggi dire quanto la cura Berlusconi farà salire il partito nei sondaggi, ma non c’è dubbio che si tratterà di una ascesa continua. E in questo tour de force vedo anche la qualità del tutto speciale di Berlusconi, la sua diversità e insomma la marcia in più che gli permette di puntare a traguardi che per altri sarebbero e sono irraggiungibili. Guardata la performance con occhi neutrali, senza tifoserie e badando soltanto ai fatti, è evidente che quest’uomo davanti a una telecamera è perfettamente in grado di chiudersi nella sua corazza di dati organizzati, di spiegazioni narrate come se fossero aneddoti, e vincere. Se farà un duello con Bersani, il quale pure non è male, siamo pronti a scommettere che alla fine il vincitore sarà lui.

E allora, a meno di una settimana dal Natale, la fotografia dell’informe minestrone della politica italiana ci sembra questo: il PD progressivamente anche se lentamente eroso. Il centro che tifa per Monti ancora non si è manifestato con la discesa in campo del presidente del Consiglio, ma resta chiuso a quanto pare in un recinto inferiore al venti per cento, salvo modifiche. Del PDL abbiamo detto e si resta in attesa di pesare il vero valore dell’Italia a Cinque Stelle che ha fatto un brutto flop con le sue primarie on line. Inoltre Grillo si fa molta cattiva pubblicità con i suoi atteggiamenti duceschi e irritanti che scostano un settore moderato del suo elettorato.

Diminuisce a vista d’occhio il partito di Di Pietro che non sarà probabilmente più rappresentato in Parlamento e in genere i piccoli soffrono, anche perché la legge elettorale è fatta per il bipolarismo e non per il terzo polo.

Ultima annotazione: braccio di ferro fra PDL e Quirinale sulla data delle elezioni: Cicchitto vorrebbe che fossero il 24 febbraio, cioè la data più lontana oggi possibile, per rivedere il merito di alcune leggi. Ma c’è sicuramente da considerare che per il PDL ogni settimana guadagnata è una settimana di veloce crescita, cosa di cui il PD si è accorto benissimo, tant’è che si oppone strenuamente e vuole correre alle urne domani mattina per il timore che la neve nel cappello si sciolga in acqua.

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Paolo Guzzanti