"Ci sono anch'io". Intervista a Alfio Marchini
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"Ci sono anch'io". Intervista a Alfio Marchini

Dopo aver raccolto quasi il 10% per il sindaco di Roma, il finanziere annuncia: resto in politica

Quando nel novembre dello scorso anno Panorama anticipò in esclusiva la notizia che Alfio Marchini avrebbe corso nella primavera 2013 per sindaco di Roma, molti, soprattutto a sinistra, aspettarono una smentita che non arrivò.
Così questo ingegnere, assai lontano dal modo di essere e di pensare di un altro Ingegnere (Carlo De Benedetti), non solo ha corso da solo ma ha anche ottenuto un bel successo con i suoi 114 mila voti, pari al 9,5 per cento. E ora? Che cosa farà, dopo questa «prima», l’ingegnere che non dispiace a molti elettori del centrodestra e fa storcere il naso a parecchi integralisti del centrosinistra?

I retroscenisti della politica hanno azzardato sui giornali un corteggiamento non diretto di Silvio Berlusconi, hanno raccontato che il Cavaliere abbia descritto Marchini come esempio di candidato efficace e vincente per il futuro. Insomma, ce n’è abbastanza per fare una chiacchierata con l’ingegnere.

Iniziamo da Berlusconi. Da quanto tempo non lo sente?
Credo da almeno una decina di anni.

Ma come? È stato dipinto dai quotidiani come l’alternativa al Cavaliere, come il suo candidato ideale... Non era vero, ho capito, ma che effetto le ha fatto?
Credo che, piuttosto che nomi, Berlusconi stia cercando di trovare una nuova idea che possa raccogliere il testimone del progetto nato nel 1993, dove i moderati poi confluiti in Forza Italia avevano il supporto sul territorio della Lega e di Alleanza nazionale, e che si è esaurito con queste elezioni amministrative. A Roma nel ’93 la sconfitta di Gianfranco Fini sancì l’inizio di un ciclo, oggi quella di Gianni Alemanno è la fine di quello schema politico.

Insomma, l’ipotesi del fidanzamento è aria fritta. Ma c’è qualcosa che invidia al Cavaliere?
L’autostima è sicuramente il segreto della longevità della sua leadership.

E a Matteo Renzi?
Lo conosco poco per esprimere un giudizio;  certo, se avesse avuto il coraggio e la sana follia di correre da solo, oggi il quadro politico sarebbe completamente diverso.

E invece il Pd si ritrova come segretario Guglielmo Epifani, che non è esattamente un novizio della politica…
Epifani è un signore, e una persona perbene. La Cgil sta dimostrando di essere per la sinistra l’ultima riserva cui attingere neimomenti di emergenza. Un po’ come lo è Banca d’Italia per noi tutti: da Guido Carli a Lamberto Dini, da Carlo Azeglio Ciampi a Fabrizio Saccomanni. La riprova è che, se oggi dovessi immaginarmi a sinistra un leader carismatico donna, non avrei altro nome che quello di Susanna Camusso.

Lei ha avuto il privilegio di maturare all’ombra di due grandi servitori della Banca d’Italia: a chi è legato di più, a Carli o a Ciampi?
Sono entrambe figure alle quali sono legato da un sentimento di affetto familiare.

Torniamo sulla terra. Che cosa sono oggi, parafrasando Giorgio Gaber, la destra e la sinistra?
Sinistra e destra sono le conseguenze di alcuni sì e no che hanno coagulato in grandi battaglie le classi sociali del 1900, la cui sopravvivenza dipendeva dall’affermarsi di quelle posizioni.
Penso per esempio al no forte e chiaro della classe operaia contro lo sfruttamento dei lavoratori.
Oggi quelle classi sociali si sono trasformate e i no in grado di mobilitare le masse hanno perso efficacia perché sono diventati dei «ni» e gli antichi sì la politica li ha lentamente trasformati in «vorrei ma non posso».

E allora quali sono i suoi sì e i suoi no?

Saranno contenuti nel manifesto che verrà presentato in settembre. Posso dire che ve ne sono alcuni assoluti, come il no a ogni forma di razzismo e d’intolleranza verso le cosiddette diversità. No al massacro al quale stiamo assistendo inermi delle imprese medie e piccole.
No alla vuota retorica di questi anni, che fra l’altro ha consumato anche la sua efficacia elettorale. E molto altro. Sarà un documento aperto ai contributi che raccoglieremo nel tour di presentazione che faremo.

Ha già pensato al nome?
È l’ultimo dei problemi. Abbiamo un gruppo di giovani straordinari, pieni di idee e voglia di realizzarle, e una nutrita squadra di vecchi saggi, non solo in Italia, che ci segue con grande attenzione. Ho sempre creduto nell’alleanza tra generazioni come chiave per i grandi cambiamenti.

Tra i recenti grandi cambiamenti nella politica c’è Beppe Grillo. Che cos’è il grillismo?
Ho sempre definito il boom delle politiche come il segno di una legittima richiesta di partecipazione dei cittadini, ancor più che un voto di protesta. L’attuale crollo di consensi mi conferma quel giudizio. Chi aveva votato M5s voleva incidere e partecipare, non soltanto protestare e urlare.

Ha davanti Vito Crimi: provi a convincerlo che la «decrescita felice» è una boiata pazzesca.
Andava detta 6 anni fa. Oggi la decrescita c’è già stata e della felicità non si vede traccia. Cosa diversa è parlare di crescita sostenibile in una comunità fortemente ispirata al concetto di sussidiarietà orizzontale.

Cioè?
La coperta che lo Stato può offrire è ormai corta: non si può più garantire tutto a tutti.
E allora bisogna blindare l’assistenza ai più fragili e incentivare, supportare e delegare ai cittadini quelle funzioni che sapranno fare meglio e in modo più efficiente. Va riscoperto lo spirito mutualistico facendo leva sul senso di appartenenza al proprio territorio.

Negli ultimi 10 anni lei ha vissuto molto all’estero: che idea si è fatto di questa crisi?
Tra la fine del 2007 e il 2009 c’è stata una guerra mondiale, combattuta senza le armi convenzionali: noi siamo tra i paesi che hanno perso e a differenza del ’45, non essendo più strategici, ci stanno trattando di conseguenza. Ovviamente se abbiamo perso è anche e soprattutto per colpa nostra, ma dobbiamo reagire con maggior vigore o in tempi brevi sarà un disastro sociale inimmaginabile.

Secondo lei non si è fatto abbastanza?
Ormai da anni stiamo comprando tempo per ritardare il nostro funerale. Se non ci sarà un colpo di reni e una svolta radicale, sarà una fine inesorabile. Siamo come un’azienda con un immenso patrimonio, che però non è in grado di onorare nei tempi prestabiliti i suoi debiti e invece di trattare tutti i suoi creditori allo stesso modo, riprogrammando le proprie scadenze, li ha divisi in due grandi categorie.

Quali?
Alcuni sono i figli di un dio minore e sono le imprese, i lavoratori nel settore privato e le famiglie. Altri sono dei privilegiati: penso soprattutto agli investitori internazionali, ma anche ai dipendenti pubblici e alla macchina dello Stato in generale.

E quindi?
Bisogna spiegare al mondo che facendo così stanno uccidendo le uniche fonti di ricchezza che garantiscono di onorare i nostri impegni. Mi riferisco alle imprese e al risparmio delle famiglie. Avanti così e tra pochissimo il problema non sarà più quello di rinegoziare la tempistica per il rimborso del debito ma la capacità stessa del suo rimborso integrale. È nell’interesse dei nostri creditori internazionali imporre all’Italia un riscadenzamento di parte del debito in cambio di un drastico taglio dellaspesa pubblica. L’Italia è diventato un paese dove nessuno paga più nessuno.

Che cos’è che l’ha divertita di più della campagna per il sindaco di Roma?
Sono stati mesi appassionanti. Fra i più belli e intensi della mia vita. Sentire e ottenere la delega emozionale dei tuoi elettori è straordinariamente gratificante: per me lo è stato in modo particolare perché l’ho vissuta nella nostra città e senza avere posti o favori da offrire.

Che cosa invidia ad «Arfio», il suo omologo virtuale che spopola in rete?
I fratelli più piccoli non s’invidiano, soprattutto quando sono geniali e ironici. È una relazione che durerà a lungo...

Immagini di essere stato eletto sindaco: la passeggiata in bicicletta modello Ignazio Marino lei l’avrebbe fatta?
Diciamo che l’annuncio della pedonalizzazione dei Fori, senza prima spiegare su quali simulazioni egli ritiene che non si congestioni il traffico sulle strade limitrofe, o come pensa di evitare l’ulteriore assalto di bancarelle e centurioni, non è stato un buon inizio. Così come la passeggiata in bici con tanto di scorta non credo abbia entusiasmato i romani. Ma penso che, passata la comprensibile emozione post elezione, cambierà passo.

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Giorgio Mulè