Il carabiniere rapito nello Yemen: tutti i retroscena
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Il carabiniere rapito nello Yemen: tutti i retroscena

Il sequestro è opera di criminali o delle milizie di Al Qaeda?

Si chiama Alessandro Spadotto, è friulano, ha 29 anni, è di San Vito al Tagliamento (Pn) ed è il carabiniere in forza al 13° battaglione carabinieri di Gorizia. Pochi, come sempre, i dettagli resi noti. Il militare era fuori servizio e sarebbe uscito dall’ambasciata per recarsi in un negozio nel quartiere di Hadda, nel sud-ovest della capitale, ad acquistare una scheda telefonica. Di certo chi lo ha rapito lo aspettava o quanto meno attendeva qualche italiano o comunque straniero abituale frequentatore di quel negozio.

Si tratta di sfumature che possono fare la differenza. Le tensioni tribali si aggiungono al conflitto in corso con gli estremisti di Al Qaeda lasciando aperte tutte le ipotesi ma è chiaro che se i sequestratori hanno voluto catturare il responsabile della sicurezza dell’ambasciata italiana, cioè un militare, è possibile ipotizzare un movente politico. Se invece i rapitori hanno atteso il primo italiano o straniero incontrato per strada potrebbero trovare conferma le ipotesi della polizia yemenita che punta sulla pista criminale sottolineando l’assenza di rivendicazioni del sequestro da parte dei gruppi jihadisti o dalle milizie tribali.

Un sequestro teso a ottenere il pagamento di un riscatto quindi (come confermerebbe anche un primo contatto dei rapitori con l’ambasciata effettuato con il telefono cellulare del carabiniere) e anche se la polizia ammette di non essere in possesso di elementi per individuare chi siano i responsabili del sequestro il ministro degli Esteri yemenita Abu Bakr al Qirbi ha garantito al suo omologo italiano, Giulio Terzi, la massima collaborazione.  Il sito yemenita di informazioni Lahajnews, citando fonti della polizia locale, riferisce che sarebbero passate circa due ore prima che gli addetti dell'ambasciata italiana a Sana'a denunciassero il sequestro del carabiniere e lanciassero l'allarme alle forze di sicurezza locali.

Il sito afferma che il nostro connazionale era uscito dalla sede dell'ambasciata italiana intorno alle 14 di ieri ora locale, le 15 in Italia, per recarsi in una zona commerciale della capitale yemenita. Dopo due ore, intorno alle 16 ora locale, le 17 in Italia, gli addetti dell'ambasciata hanno riscontrato che il carabiniere era irreperibile e hanno attivato i canali necessari per rintracciarlo. Alessandro S. fa parte di uno dei reparti d’élite che compongono la Seconda brigata mobile dei carabinieri (gli altri sono il 1° reggimento paracadutisti Tuscania, il 7° reggimento e le forze speciali del GIS) l’unità che fornisce i contingenti dell’Arma per le missioni all’estero e per la sicurezza nelle ambasciate nei Paesi più pericolosi.

Anche se è stato rapito da una banda di criminali comuni e non terroristi non si può escludere che il suo status militare induca i sequestratori a cederlo alle milizie jihadiste. L'ambasciata a Sanaa è stata riaperta solo qualche mese fa mentre i sequestri di stranieri sono frequenti in Yemen (Paese dove tutti dispongono di armi ) messi in atto soprattutto da clan tribali che cercano di ottenere soldi o riconoscimenti dal governo.  Negli ultimi 15 anni sono state sequestrate oltre 200 persone, la gran parte delle quali è stata poi rilasciata, ma si trattava di civili, turisti, cooperanti, mai di militari.

Per questo al di là dei canali diplomatici e investigativi è auspicabile che Roma abbia attivato tempestivamente iniziative militari quali l’invio di un reparto di forze speciali nella vicina Gibuti, dove già utilizziamo infrastrutture militari per i fucilieri di Marina che scortano i mercantili nell’Oceano Indiano. Distaccamenti di incursori di Esercito, Marina e dei Carabinieri che potrebbero intervenire in modo efficace e tempestivo una volta individuato il covo dei sequestratori. Abbiamo modernissimi satelliti  Cosmo-Skymed per setacciare lo Yemen e il nostro intelligence è presente da tempo in quel Paese. Inoltre  possiamo chiedere il supporto degli statunitensi che in Yemen combattono da anni una guerra segreta contro al Qaeda utilizzando droni, forze speciali e contractors. La presenza dei nostri incursori avrebbe anche il compito di evitare blitz sconsiderati da parte delle forze yemenite i cui assalti poco professionali già in passato hanno provocato la morte di alcuni ostaggi.

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Gianandrea Gaiani