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Così alla Camera i barbieri diventano assistenti

Benché ormai inutili, non potendo essere licenziati, l'Ufficio di presidenza ricolloca tre dei sette parrucchieri di Montecitorio

Se è vero che in Italia esistono lobby, corporazioni, poteri forti, attenzione ai barbieri di Montecitorio: il potere fortissimo della nostra Repubblica sono loro. Sembra incredibile come forbici e schiuma da barba bastino a garantirsi uno stipendio d'oro e da oggi anche una carriera lampo, ma è proprio così. La spending review vale per molti, ma non per tutti. Per loro per esempio no. I tagli al personale non li riguardano: per i barbieri di Montecitorio le tutele crescenti crescono in una sola notte.

Non sarà la celeberrima opera di Gioacchino Rossi, ma quanto escogitato quasi all'unanimità (su 20 membri si è astenuto solo il forzista Baldelli) dall'Ufficio di presidenza della Camera per “salvare” questi novelli Figaro raggiunge ugualmente picchi inusitati di virtuosismo. Ebbene: nonostante si tratti di un servizio offerto agli onorevoli deputati ormai del tutto fuori tempo e totalmente inutile alla collettività (dicesi “privilegio”), esso è sopravvissuto nel tempo nonostante costi mezzo milione di euro ogni anno a fronte di appena 90mila euro di introiti (18 euro per taglio e messa in piega, 8 euro la barba) per una perdita secca di 400 mila euro.

Con le dovute proporzioni, qualsiasi altro libero professionista del settore, davanti a numeri tanto impietosi, sarebbe costretto a chiudere baracca e burattini e a cercarsi un altro lavoro. Loro no. Loro vengono addirittura promossi! Forti dell'appoggio di una rete di sindacati da fare invidia ai dipendenti della Fiat pre-Marchionne, tre dei sette barbieri in carica (sette erano oggettivamente troppi per una media di 23 tagli a settimana) diventeranno, oplà, “assistenti parlamentari”.

Non si sapeva più che farci? Erano diventati inutili ma non licenziabili? Idea: cambiamogli la mansione! Ma come, tutti gli altri, per arrivare a occuparla, hanno dovuto affrontare un vero concorso? Chissene importa, le regole sono come i capelli: anche a costo di forzare un po' la mano, alla fine si riesce comunque a metterli in piega.

Così i tre parrucchieri in esubero (su quale sarà il criterio di scelta al momento non è dato sapere), inquadrati finora come “operatori tecnici”, sono balzati al livello superiore di “assistenti parlamentari”, ossia di coloro che “svolgono attività operative o di coordinamento nei settori della vigilanza, della sicurezza delle sedi, della rappresentanza e dell'assistenza alle attività degli organi parlamentari”.

Obiettare che chi ha rasato colli e fatto bigodini per tutta la vita potrebbe avere scarsa dimestichezza con la “sicurezza delle sedi” (come ammette anche qualcuno dei diretti interessati), è fiato sprecato. Licenziarli non si poteva, quindi poche storie. Perdere il lavoro è un'eventualità non contemplata per chi fa parte di una "casta" mantenuta dai cittadini che, nel frattempo, invece, quando c'è da tagliare, e non capelli, vengono messi alle porte senza tante scuse.

I sacrifici, come il merito, restano fuori dai Palazzi. Dentro va diversamente: entri barbiere a 30mila euro l'anno, quando non hanno più bisogno di te ti promuovono a un livello superiore anche se non servi nemmeno là, e a fine carriera te ne ritrovi in tasca 136mila. Bel colpo.

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Claudia Daconto