Da romanista dico: «Grazie, Friedkin-Mourinho»
Ansa
Calcio

Da romanista dico: «Grazie, Friedkin-Mourinho»

Nell'arco di un anno il nuovo proprietario ha rivoltato squadra e società, affidandosi a un numero uno che per i giallorossi è molto più di un allenatore

Dybala dopo Mourinho e il primo trofeo europeo in soli 440 giorni. Quello che ai tifosi romanisti poteva sembrare un sogno è diventato realtà grazie a Dan Friedkin, l'uomo venuto dall'America che lascia agli altri le chiacchiere e parla con i fatti. Accolto con lo scetticismo dovuto agli ultimi disastrosi anni della gestione James Pallotta, il nuovo proprietario ha impiegato poco tempo per cambiare la Roma e la sua percezione al di fuori della Capitale. Archiviati i primi mesi di studio (molti i cambi in seno alla società, con un organico più snello che non lascia filtrare gli spifferi del passato), con l'ingaggio di José Mourinho ha rimesso la squadra giallorossa sulle mappe calcistiche internazionali, mettendo in bacheca la prima edizione della Europa Conference League. Ora con l'arrivo di Dybala dimostra che l'ambizione è salire di livello e assicurarsi un posto in Champions League, terra di gloria, prestigio e soldi.

In attesa del verdetto del campo, la città è impazzita nel lunedì più bello dell'estate. Il tam tam delle molte emittenti radiofoniche che si occupano di Roma è un fluire di complimenti per la società alternato al benvenuto per l'ex numero dieci bianconero, con in mezzo pensieri e parole per il totem del popolo giallorosso. Mourinho è l'emblema della Roma di Friedkin, il timoniere di un gruppo che inorgoglisce prima ancora per la voglia di battagliare e lasciare sul campo tutta l'energia che ha in corpo. Perché se a Roma è osannato solo chi vince (a patto di non tradire come fece Fabio Capello accasandosi alla Juve), il tifoso romanista applaude chi si spende per la causa. E si lascia conquistare da chi lo rispetta ed esalta. Naturale, quindi, la passione travolgente per Mou, capace di vincere al primo colpo e guardare un istante dopo al prossimo obiettivo. È la filosofia dei vincenti, come dimostrato dal tecnico portoghese nella serata di Tirana, quando prima si commuove per il suo quinto titolo europeo e poi chiede giocatori per una squadra più forte.

Che poi il Mourinho dato da molti troppo presto per bollito non è solo un grande allenatore, perché a Roma è uomo immagine della società e si muove in prima persona per convincere i giocatori a sposare la causa giallorossa. È successo lo scorso anno con Tammy Abraham indeciso nel lasciare la Premier League, si è ripetuto quest'anno con Dybala scaricato dalla Juve e poi sedotto e abbandonato dall'Inter. Aggiungere il talento della Joya a Pellegrini, Abraham e Zaniolo (bisogna capire cosa vorrà fare la Juve ora che è stato ceduto De Ligt al Bayern Monaco, anche negli ultimi giorni l'attaccante è apparso più disteso, con tanto di fascia da capitano al braccio e gol nell'ultima amichevole contro il Portimonense) è una mossa che consente alla Roma di ridurre il margine da chi l'ha preceduta nello scorso campionato. Riuscire a far convivere la forza e l'imprevedibilità di questo poker senza far saltare gli equilibri di squadra sarà la priorità di Mourinho, mentre i Friedkin sono ormai vicini al delisting dalla Borsa e alla presentazione dello studio di fattibilità per realizzare il nuovo stadio nella zona di Pietralata entro il 2026. Riuscire a rispettare i tempi per l'impianto e al contempo tornare a competere stabilmente per il vertice in Serie A è la sfida più grande dei due generali giallorossi.

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Alessio Caprodossi