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Ansa
Calcio

Caos Juventus, cosa rischia sul piano sportivo

La Procura Figc indaga sugli accordi con i calciatori nell'epoca Covid ma potrebbe riaprire anche il filone plusvalenze. Che non riguarda solo i bianconeri e che porta eventuali conseguenze anche sul campo - IL TRAMONTO DELL'ERA AGNELLI

Tutto ruota attorno all'articolo 31 del Codice di Giustizia sportiva, tra paginette scarse che dalla notte dell'azzeramento dei vertici societari sono diventate la lettura obbligata per tutto il mondo juventino. E dentro quell'articolo 31, in particolare, le 5 righe del comma 4 in cui si fa riferimento diretto alla società calcistica che "si avvale delle prestazioni di sportivi professionisti con cui non avrebbe potuto stipulare contratti sulla base delle disposizioni federali vigenti" e che, se trovata in fallo, viene punita "con la penalizzazione di uno o più punti in classifica". Che significa una spada di Damocle su questo campionato, tempi della giustizia sportiva permettendo, o sul prossimo perché le norme vogliono che un'eventuale penalizzazione debba essere afflittiva e quindi provocare un danno concreto a un club. Esempi? La perdita di un titolo, oppure scivolare fuori dalla zona Champions League o retrocedere se ci si è salvati. Altrimenti il fardello si sposta sulla stagione successiva.

Siamo ancora solo agli albori della vicenda processuale davanti alla Figc, per ora c'è solo l'apertura di un fascicolo di indagine da parte della Procura una volta ricevute le carte da Torino e rilevato quanto è nei discorsi di tutti e cioè che nelle cosiddette manovre sugli stipendi dei mesi del lockdown la Juventus avrebbe stretto accordi privati con i calciatori senza regolarizzarli presso gli organi competenti. Secondo la Procura di Torino risparmiando 60 milioni di euro e rendendo più leggeri i bilanci di due stagioni, secondo il club comunque in maniera corretta. Sarà oggetto dell'eventuale processo in Tribunale e diventerà anche tema di discussione davanti alla giustizia sportiva.

L'incubo dei tifosi bianconeri è che la squadra del cuore sia di fronte a una nuova Calciopoli, una tempesta perfetta come quella dell'estate 2006 che portò alla retrocessione al termine di un procedimento lampo parte del quale riscritto a posteriori dall'evidenza di altre intercettazioni o prove all'epoca non prese in considerazione. E' uno dei limiti della giustizia sportiva. In questo caso, però, limitatamente alla questione degli stipendi e delle scritture private il rischio di andare oltre alla penalizzazione (ma esiste ovviamente anche l'ipotesi del proscioglimento o quello di un'ammenda) non c'è perché non previsto dal Codice di Giustizia sportiva in quelle tre paginette scarse che compongono l'articolo 31.

Non è, però, l'unico fronte che si può aprire nelle prossime settimane tra la Continassa e la Procura diretta da Giuseppe Chiné, reduce da una sconfitta su tutti i fronti quando nei mesi scorsi ha provato a portare a processo la Juventus e altri dieci club per la questione delle plusvalenze fittizie. Il suo impianto accusatorio è stato demolito dalla Corte federale con imbarazzo malcelato da parte dei vertici del calcio italiano per la figuraccia cui si è esposto. Chiné era partito dalle carte inviate da Torino relative ai decreti di perquisizione e ai rilievi di Consob e Covisoc, molto meno ricche di quelle a disposizione oggi.

Essendo, però, arrivato a giudizio non è così semplice per lui riaprire quella partita. Può farlo avvalendosi dell'articolo 63 ma solo in presenza di fatti schiaccianti emersi successivamente e che provino l'esistenza di un legame diretto tra l'operazione incrociata incriminata e il disegno esplicito di alterare le valutazioni per sistemare i bilanci. Serve, insomma, una pistola fumante che non sia solo un'allusione o un "si dice". Nell'inchiesta torinese ci sono diverse intercettazioni, saranno sufficienti?

Dovesse tornare in discussione la questione plusvalenze, allora in ipotesi esisterebbe una scala di pene molto più pesanti con la penalizzazione come male minore e poi retrocessione, esclusione dai tornei o revoca di titoli nel caso in cui il doping amministrativo provato abbia consentito di aggirare le norme federali per garantirsi l'iscrizione al campionato. E' il caso della Juventus? Impossibile rispondere senza essere arrivati a un punto fermo condiviso nelle ricostruzioni dei bilanci dal 2018 al 2021, come imposto dalla Consob alla società, ma l'unica riflessione oggi è che Exor tra dicembre 2019 e novembre 2021 ha pompato nelle casse della Juventus 700 milioni di euro sotto forma di aumenti di capitale. Insomma, il sostegno della proprietà non è mai mancato e pare complesso sostenere che senza eventuali maquillage contabili la Juventus non si sarebbe potuta permettere la partecipazione alla Serie A.

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Giovanni Capuano