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Calcio

Donnarumma, campione ancora fragile

Fischi e applausi in nazionale, errori e la sensazione di non aver ancora costruito una corazza in grado di proteggere dalle emozioni che vengono da fuori - DONNARUMMA, ELOGIO DEL FISCHIO LIBERO

Gigio, al secolo Gianluigi, Donnarumma ha vissuto una settimana sulle montagne russe. Prima fischiato selvaggiamente dal pubblico di San Siro, milanista e non solo, poi osannato a Torino con un atto riparatorio. Difeso dal suo commissario tecnico ma non fino in fondo - Mancini ha spiegato che la contestazione l'avrebbe compresa in una partita del suo PSG con il Milan -, protetto dagli editoriali dei giornali e dalla Federcalcio, attaccato da chi considera la sua fuga da Milanello, nei modi oltre che nella sostanza, come l'emblema dell'arroganza del nuovo calcio.

Un tourbillon di emozioni che non poteva lasciare insensibile un ragazzo di 22 anni, pur se con alle spalle l'esperienza di un veterano. Non è successo, infatti, e le prestazioni in campo del numero uno della nazionale sono state la cartina tornasole del suo stato d'animo tormentato. Inutile mettere su la corazza e fare finta di niente. Il pallone scivolato dalle dita contro la Spagna e finito fortunatamente sul palo è stato un chiaro segnale di tensione. Il gol preso tra le gambe con il Belgio, invece, un errore tecnico che racconta come Donnarumma sia un talento straordinario ma anche un diamante non del tutto sgrezzato.

In assoluto la settimana della Nations League restituisce l'immagine di un talento che non ha ancora imparato a convivere con l'emotività. Non è una sorpresa visto che anche il Milan, nell'estate del tormentato rinnovo del 2017, scelse di affiancargli il fratello Antonio per fargli da scudo al di là delle motivazioni economiche. Il primo anno da professionista di Gigio fu un mezzo disastro, coronato con gli errori nella finale di Coppa Italia consegnata alla Juventus a furia di papere con tanto di lacrime sul prato dell'Olimpico.

Era già successo nelle finali dell'Europeo Under 21, quelle dei dollari lanciati verso la sua porta da uno sparuto gruppo di tifosi rossoneri arrabbiati per la trattativa che sembrava andare male. Da allora Donnarumma è certamente cresciuto, ma evidentemente non ancora a sufficienza per riuscire a farsi scivolare di dosso tutto quello che lo circonda. Può essere un limite, vista la delicatezza del ruolo che ricopre, anche se l'altra faccia della medaglia è l'algidità con cui ha preso per mano l'Italia di Mancini in alcuni dei passaggi più difficili dell'Europeo vinto da miglior giocatore del torneo non solo per i rigori che hanno deciso la finale di Wembley.

Donnarumma non è un robot, insomma. Forse non lo sarà mai anche e in fondo alle montagne russe emotive di questa settimana è giusto ricordare che si tratta pur sempre di un ragazzo nato il 25 febbraio 1999, in copertina da quando era poco più che adolescente, cresciuto in fretta almeno quanto il suo conto in banca. La fascia da capitano che Roberto Mancini gli ha consegnato contro il Belgio gli ha regalato l'ennesimo record della carriera: a 22 anni, 7 mesi e 15 giorni è diventato il più giovane capitano azzurro dal 1965 mettendosi in scia a un certo Gianni Rivera che di anni ne aveva 21 e 8 mesi. Un gigante e un bambino che ora sappiamo soffrire ancora quando viene messo al centro della scena.

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Giovanni Capuano