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Calcio

Chievo addio, il calcio italiano sempre più in rosso

Il club dei miracoli a un passo dalla mancata iscrizione alla Serie A mentre Figc e Lega premono per riaprire gli stadi con il green pass: una partita da 370 milioni di euro

La favola del Chievo è all'ultimo capitolo. Manca ancora l'appendice, che sarà scritta davanti al Collegio di Garanzia del Coni dove la società dei miracoli degli anni Duemila cercherà di ribaltare un verdetto che sembra scritto e che la Figc ha ratificato una volta letto il parere contrario della Covisoc, secondo nell'arco di pochi giorni. Fuori per un problema di scadenze fiscali anche se alla base ci sarebbe un'esposizione pesante da risanare nell'arco di poco tempo, in piena crisi e con un modello gestionale in grande sofferenza. Il Chievo del preliminare di Champions League e della partecipazione alla Coppa Uefa, delle 11 stagioni consecutive in Serie A e di tante storie pescate dalla provincia di cui era diventato il paradigma, macchiato negli ultimi anni da una brutta vicenda di plusvalenze fittizie incrociate con il Cesena e costato un processo sportivo.


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"Un segnale d'allarme" lo hanno definito i vertici del calcio italiano, impegnati dopo l'ebbrezza della conquista dell'Europeo a Wembely nella battaglia campale della riapertura degli stadi e della tenuta di tutto il sistema. Lo tsunami della pandemia rischia di prolungare i suoi effetti per un tempo indeterminato che la Juventus, dopo aver annunciato un aumento di capitale fino a 400 milioni di euro, stima nella data del 2023 e chissà se sarà sufficiente.

Le società non ce la fanno più. Non possono immaginare di affrontare un'altra stagione con ricavi da stadio azzerati e hanno bisogno di certezze. Lo hanno scritto per tempo al Governo e poi, mancando risposte convincenti, si sono rivolte direttamente al presidente del Consiglio, Mario Draghi. Il pressing è fortissimo e la nazionale vittoriosa all'Europeo fornisce un assist importante a chi si rapporta con ministri e politica. La richiesta è aprire gli stadi da subito (22 agosto), senza limiti di capienza e riservandoli ai vaccinati in possesso di green pass. Difficile, forse impossibile in un momento di grande paura per le varianti con risalita dei contagi in piena estate.

Ecco perché andrebbe bene anche un compromesso, purché superiore al 25% servito per ospitare l'Europeo a Roma ma che - confessione di un alto dirigente di un club di Serie A - pone quasi più costi e problemi organizzativi che benefici in termini economici. E se fosse un'apertura al 50%, Gravina, Gravina chiede con forza una road map "scritta e certa" fino al via libera completo, così da permettere una programmazione e l'effettiva ripresa, senza restare incastrati negli alti e bassi della curva dei contagi.

E' una partita da 370 milioni di euro almeno che si salda con quella delle scadenze fiscali che il calcio vorrebbe sospese per un anno. E dei ristori, che ai club del massimo campionato non sono arrivati perché nemmeno contemplati in questo anno e mezzo di decreti e denaro versato a pioggia. L'esempio che viene fatto, ormai nemmeno più di nascosto, è quello del cinema che ha ricevuto 915 milioni pubblici nel solo 2021 contro i 5 (cinque!) da dividere in 10 club della Serie A. A fronte di perdite stimate in 1,2 miliardi. Troppo poco per non bussare alla porta dello Stato, soprattutto adesso che la vittoria a Wembley è stata utilizzata come passerella da molta parte della politica italiana.

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Giovanni Capuano