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Calcio

È stato un grande Campionato, ma il calcio italiano è ancora molto malato

La Serie A si è chiusa all'ultima giornata con spettacolo per la vittoria, l'Europa e la salvezza. Ma i mali strutturali dello sport più amato dagli italiani restano

L'immagine dello striscione offensivo contro l'Inter in mano ai giocatori del Milan, sul bus scoperto che li porta in giro per una Milano in delirio per lo scudetto numero 19 della storia rossonera, ha chiuso (si spera) la stagione delle polemiche legate alla volata scudetto e a un campionato rimasto vivo come mai negli ultimi dieci anni. Vicenda imbarazzante per il Milan, che si è scusato con i rivali, e per il calcio italiano alle prese con il tentativo di migliorare la propria immagine all'estero. Lo dimostra la celerità con cui la Procura della Federcalcio ha aperto un fascicolo di inchiesta destinato a restare più un atto dimostrativo che altro.

Lo spunto è utile, però, permettere insieme una serie di appunti da fine anno. Una sorta di memorandum su cose da sistemare nei prossimi mesi, approfittando anche della dolorosissima assenza della nazionale italiana dai Mondiale del Qatar. Dopo due anni corsi a perdifiato, infatti, ci attende una seconda parte di 2022 con poco calcio giocato e molto tempo per riflettere. Segnatevelo sul calendario: tra giugno e dicembre il nostro pallone starà fermo almeno tre mesi e mezzo su sette. Un tesoretto da utilizzare per provare a correggere alcuni dei nostri vizi strutturali. Eccone una carrellata:

1) il presidente della Figc, Gabriele Gravina, continua a pensare che i campionati abbiano bisogno di una riforma strutturale che tagli il numero delle società dell'area professionistica magari riducendo anche Serie A e Serie B e introducendo i playoff. La Lega Serie A non ci pensa nemmeno, ma ci sarà tempo per un confronto franco e definitivo che tenga nel conto le esigenze di tutti;

2) sul tavolo dello stesso Gravina c'è il nuovo quadro normativo sul tema delle cosiddette plusvalenze fittizie, terminate nel vicolo cieco di un processo sportivo subito più che voluto dalla Figc e che ha definitivamente chiarito come, più che reprimere il fenomeno, si debba intervenire per scoraggiarlo. Per evitare altre figuracce planetarie è tempo che le regole cambino, anche se potrebbe non piacere alle società;

3) senza necessariamente penalizzare club già in crisi economica e mai aiutati dalla politica (non si capisce, ad esempio, perché dovrebbero rinunciare agli sgravi fiscali del Decreto Crescita senza avere nulla in cambio), se si vuole costruire un sistema che incentivi l'utilizzo dei giocatori italiani per aiutare la nazionale è arrivato il momento di farlo una volta per tutte;

4) il ritorno dei tifosi negli stadi ha riproposto l'urgenza di estirpare per sempre il cancro del razzismo. Non tutti sono purtroppo allineati, anche se qualche segnale incoraggiante si è visto con società che hanno identificato, denunciato e punito i colpevoli. Piccola proposta: si obblighino gli investimenti sui sistemi video di ultima generazione con penalizzazioni per chi non si adegua e non li usa per andare al cuore del problema;

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5) sempre per il capitolo stadi, sarebbe utile che tutto il sistema calcio facesse fronte comune per abbattere definitivamente il muro della finta collaborazione della politica quando si parla di infrastrutture da rinnovare. L'orizzonte è quello dell'Europeo 2032 per cui la Figc sta lavorando alacremente, ma che rischia di restare solo un sogno se non si realizzano nuovi impianti davvero e non solo sulla carta e nei rendering;

6) il designatore Rocchi e l'AIA si sono dichiarati soddisfatti della stagione arbitrale e tutto sommato hanno ragione; non era facile dovendo gestire un ricambio generazionale violento e gli errori non hanno condizionato il finale di campionato. Però, arrivati al 2022, è ora di considerare non più accettabili alcuni errori ed omissioni al Var che inquinano l'ambiente e c'è da spingere a fondo sul pedale della comunicazione e della trasparenza dove sono già stati fatti progressi giganteschi. Guai a rallentare o fermarsi;

7) i club italiani piacciono e i movimenti intorno al Milan lo dimostrano. Sarà anche perché sono rimasti gli unici ad essere scalabili a cifre 'umane' (1,3 miliardi di euro la cifra pattuita da Elliott contro i 5 del Chelsea), ma la realtà è che siamo al cospetto di un'opportunità epocale. Anche perché le classifiche di valore dei brand non ci penalizzano, anzi: la Juventus ha guadagnato il 25% nell'ultima rilevazione Brand Finance salendo a 705 milioni di euro con anche Inter e Milan (rispettivamente AAA e AA+) con rating di alto livello. La materia prima su cui lavorare, insomma, rimane nonostante tutto;

8) la prossima Serie A ripeterà l'esperimento del calendario asimmetrico cercando di ottimizzarne i difetti dopo il lancio dell'anno appena concluso. E' piaciuto ed è stato funzionale per lo spettacolo e l'equilibrio. Sarebbe importante spiegare agli addetti ai lavori (allenatori, calciatori e dirigenti) che questa - come tutte le cose che riguardano orari, distribuzione delle partite e alternanza nei week end - sono scelte dei club stessi e non di chissà quale potere occulto. Quindi se hanno qualcosa di cui lamentarsi, gettando ombre sul loro stesso mondo, se la prendano con i rispettivi datori di lavoro;

9) tra qualche mese si parlerà ancora di bandi per i diritti tv e di dove vedere in futuro il campionato. Al netto dei contratti in essere, sarebbe bene non sprecare tempo e che si ragionasse su qual è il mezzo migliore per arrivare ai propri clienti. I dati d'ascolto e le proteste mai finite per i disservizi, oltre che le difficoltà economiche di TIM che era partner di DAZN, inducono a pensare che la strada scelta nel 2021 non sia la migliore. Errare è umano, perseverare diabolico.

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Giovanni Capuano