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Calcio

La Bundesliga che riparte e la lezione per la Serie A

Via libera di Angela Merkel dopo un dibattito composto su tamponi, regole, diritti tv e necessità che l'industria calcio non si arrenda al Coronavirus - LA SERIE A E IL VERO COSTO (SOCIALE) DI UNO STOP

Angela Merkel ha tolto ogni dubbio dedicando una parte piccola, ma importante, della sua agenda politica alla Bundesliga. Si riparte dopo metà maggio, quando già da un mese i club hanno ripreso gli allenamenti rispettando norme e distanziamento sociale. Si può tornare a giocare e stop. Di tutto il resto, date e calendari compresi, se ne dovranno occupare i dirigenti di federazione e Bundesliga perché la Cancelliera ha cose più importanti su cui concentrarsi. Ma, pur in settimane drammatiche per la Germania, non ha mai perso di vista il peso e ne necessità dell'industria del pallone. Ne ha semplicemente accompagnato il percorso verso la ripresa tifando, come tanti tedeschi, perché si potesse concretizzare.

Nessuna volontà di scrivere l'elogio del metodo germanico, però già questa differenza sostanziale marca la distanza tra la Germania e il dibattito demagogico e un po' caciarone che si è sviluppato in Italia intorno alla Serie A e al suo futuro. E allora sarebbe utile prendere appunti per capire come sia possibile affrontare un tema come questo - nel contesto di una pandemia terribile - senza perdere senso della misura.

Ad esempio, in Germania hanno ricominciato ad allenarsi a inizio aprile dandosi delle regole ferree ma attuabili e senza giocare sull'equivoco ("Cosa succede al primo contagiato? Si ferma tutto?") per affermare la propria posizione. I calciatori e il calcio sono stati trattati alla stregua degli altri lavoratori per settimane e adesso che si arriva al sodo, cioè alle partite, con lo stesso pragmatismo si gestirà una situazione che normale non può essere.

Questione tamponi. E' evidente che il servizio sanitario tedesco ha avuto meno problemi del nostro, però in Germania i circa 20.000 test chiesti per portare a compimento la stagione sono stati valutati per quello che sono: lo 0,5% del totale di quelli effettuati nel paese. Uno sforzo sopportabile per rimettere in piedi la filiera economica della Bundesliga e della Bundesliga 2 che rischiavano di perdere almeno un terzo dei club per fallimento. Da noi, se il Governo mantenesse l'impegno nei prossimi due mesi di fornire 5 milioni di tamponi, lo stesso stock necessario alla Bundes peserebbe appena lo 0,4% del totale.

Terza lezione: il tifo pro e contro. In Germania non è stato negato il dibattito se si potesse o meno far ripartire il calcio, anzi. Le posizioni contrarie hanno avuto spazio e potuto argomentare, ma alla fine la politica ha fatto sintesi e indicato la strada. Si è assunta una responsabilità sottraendo il sistema all'accusa di volere privilegi o di pensare solo agli affari propri. Gli affari del pallone tedesco sono anche affari di altre centinaia di migliaia di famiglie: il governo lo ha chiarito da subito e ogni discussione si è incanala in un proficuo confronto tra idee, non in guerra tra poveri.

Questo riguarda anche - ultima lezione - la voglia di solleticare gli istinti delle tifoserie e dei propri bacini elettorali. Anche in Germania i gruppi ultras hanno fatto sapere di voler chiusa la stagione, si sono schierati, hanno fatto pressione e scritto striscioni. La politica ne ha preso atto e ha tirato dritto. In Italia il ministro dello Sport è andato alla Camera e tra le tesi a sostegno della sua contrarietà alla ripartenza ha citato anche "diverse tifoserie organizzate" e il stigmatizzare "un dibattito politico e mediatico incomprensibile agli occhi di milioni di italiani": Su questa seconda parte ha ragione, il ministro. Milioni di italiani (qualunque sia la loro idea) hanno assistito a un dibattito surreale alimentato prima di tutto dal tentativo di distruzione di un settore industriale messa in atto con pervicacia per settimane da colui che si sarebbe dovuto operare per tutelarlo e guidarlo verso una ripresa faticosa, dolorosa e nemmeno certa.

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Giovanni Capuano