Antonio Ingroia nel Paese delle anomalie
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Antonio Ingroia nel Paese delle anomalie

Sulla candidatura dell'ex pm di Palermo concordo con Piercamillo Davigo: "Ognuno è libero di fare quello che vuole, ma io credo che i  magistrati non debbano candidarsi alle elezioni politiche, non perchè la  politica abbia qualcosa di sporco ma perchè sono due cose diverse"

"Come in tutte le altre pubbliche attività, anche nella giustizia c'è un dieci per cento di autentici eroi pronti a sacrificarle carriera e vita, ma senza voce in un coro di "gaglioffi" c'è da ringraziare Dio quando sono mossi soltanto da smania di protagonismo". Nessuno si senta chiamato in causa, nessuno si offende, sto solo citando Indro Montanelli.

E infatti, chi sa come avrebbe reagito il graffiante giornalista di Fucecchio alla notizia della candidatura di Antonio Ingroia.
L'ex Pm di Palermo, impegnato da anni nell'istruttoria del processo sulla cosiddetta "trattativa" , dopo solo un mese di lavoro - di cui la metà passati tra collegamenti da Michele Santoro e presentazioni del suo libro - ha già abbandonato la lotta al narcotraffico in Guatemala, e sta tornando in Italia.
Tutto lecito, tutto legittimo, ci mancherebbe, ma è certo che la discesa in campo del Pm simbolo della lotta alla Mafia, rischia di contribuire alla già precaria autorevolezza dell'ordine giudiziario.
A parte il fatto che non si abbandonano prestigiosi incarichi internazionali (leggi ONU) per piccole bagarre di politica italiana, ma al di là di questo - che già basterebbe - la sua discesa in campo nella lista di una loro magistrato come De Magistris ci dovrebbe far riflettere sui tempi che corrono.
Il nostro non è mai stato un Paese normale, dal conflitto di interessi di Berlusconi, passando per le candidature degli avvocati Ghedini-Longo, l'eterna anomalia italiana continua con l'annuncio di questa nuova lista "arancione" con i due ex magistrati eccellenti. I due hanno un curioso denominatore comune: entrambi non sono riusciti a portare a termine i processi e hanno scelto di fare politica.

Ieri,  dopo lo scontato via libera del plenum del Csm alla richiesta di aspettativa per motivi elettorali avanzata dall'ex pm di Palermo, Ingroia sarà nel week end a Roma a presentare la sua oramai inevitabile candidatura.
Nel suo ultimo libro dal titolo pretestuosamente pasoliniano "Io, so" , scrive: "C'è una verità indicibile nelle stanze del potere, un potere non conoscibile dai cittadini che si nasconde, che si sottrae a ogni forma di controllo. La ragion di Stato rischia di diventare un ombrello difensivo sotto il quale proteggere la parte oscura del potere, il suo volto osceno, e la storia occulta dei patti inconfessabili, compreso quello tra Stato e mafia." Con questi presupposti, non  suffragati -per ora- da una verità giudiziaria, alle prossime elezioni avremo da una parte la lista dei magistrati e dall'altra gli avvocati di Berlusconi.
Ha ragione Piercamillo Davigo, consigliere della corte di Cassazione, quando dice : "Ingroia? Ognuno è libero di fare quello che vuole, ma io credo che i magistrati non debbano candidarsi alle elezioni politiche, non perchè la politica abbia qualcosa di sporco ma perchè sono due cose diverse." E poi chiosa: "Una lista composta da ex magistrati?: "Sarebbe come dire: siccome le cose vanno male facciamole andare peggio". Evviva la sincerità.

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David Parenzo