Giulio Andreotti
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Quando Grasso non volle commemorare Andreotti

Carlo Giovanardi rievoca (e ancora rimprovera) la ritardatissima, imbarazzata cerimonia per il trigesimo dello statista, nel 2013. Celebrata nel silenzio del presidente di allora

Oggi l’Italia celebra, tra qualche polemica, il centenario della nascita di Giulio Andreotti. Chi lo vede come un personaggio positivo, nella Storia italiana, e chi invece come Belzebù. In tv torna Il Divo, il film di Paolo Sorrentino. I giornali sono pieni di biografie dello statista, come di retroscena, e sono invasi dai vecchi motti salaci per cui “il Divo Giulio” andava famoso.
È un anniversario “difficile”, questo è evidente. Gli avversari del sette volte presidente democristiano del Consiglio, a partire dall’ex procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli, ricordano insistentemente la sentenza con cui, nel dichiarare prescritti i reati dopo il 1980, la Cassazione chiuse il processo istruito contro di lui per mafia ricordando la sua contiguità con Cosa nostra prima di quella data. Altri sottolineano al contrario le leggi antimafia firmate da Andreotti, e anche i giudizi positivi del pubblico ministero Giovanni Falcone…
Su Andreotti, però, nessuno ricorda più un passaggio anomalo, e a dirla tutta non proprio glorioso, delle nostre istituzioni, in particolare del Senato della repubblica. È un’omissione che in effetti non fa onore a chi la decise. A denunciarla, oggi, è Carlo Giovanardi, ex ministro e amico dello statista.
“Andreotti morì il 6 maggio 2013” ricorda Giovanardi “ma nel trigesimo della sua morte il Senato non organizzò alcuna cerimonia. Era un fatto inedito, non era mai accaduto prima. Così ai primi di luglio di quello stesso 2013 scrissi al presidente Pietro Grasso, per chiedergli come mai non avesse provveduto”.
Per quanto controverso fosse il suo personaggio, va ricordato che Andreotti era comunque stato ininterrottamente un membro del Parlamento dal 1945; era stato anche per otto volte ministro della Difesa, per cinque ministro degli Esteri, per due delle Finanze, del Bilancio e dell'Industria, per una volta era stato poi ministro del Tesoro e anche dell'Interno: un vero monumento della politica, insomma.
Grasso, però, non rispose mai a Giovanardi. Una cerimonia fu comunque organizzata mesi dopo, il 17 settembre, dal gruppo parlamentare del Popolo della libertà al Senato. “Grasso” ricorda Giovanardi “non partecipò a quella cerimonia, e non ne spiegò mai il perché. Avrebbe potuto giustificarsi in mille modi, anche manifestando la sua personale avversione per Andreotti. Preferì il silenzio”.
In sua vece, alla tardiva commemorazione del settembre 2013, parlò la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli. Dice ancora Giovanardi: “Grasso tornò invece a pronunciare il discorso ufficiale alle commemorazioni dei senatori defunti Franca Rame ed Emilio Colombo, che si tennero nei giorni immediatamente successivi”.
Giovanardi conclude con un’ultima notazione: “Sul sito de Senato” dice “l’unico senatore defunto per cui manchi il discorso funebre è ancora Andreotti”. Una vera damnatio memoriae.

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Maurizio Tortorella

Maurizio Tortorella è vicedirettore del settimanale Panorama. Da inviato speciale, a partire dai primi anni Novanta ha seguito tutte le grandi inchieste di Mani pulite e i principali processi che ne sono derivati. Ha iniziato nel 1981 al Sole 24 Ore. È stato anche caporedattore centrale del settimanale Mondo Economico e del mensile Fortune Italia, nonché condirettore del settimanale Panorama Economy. Ha pubblicato L’ultimo dei Gucci, con Angelo Pergolini (Marco Tropea Editore, 1997, Mondadori, 2005), Rapita dalla Giustizia, con Angela Lucanto e Caterina Guarneri (Rizzoli, 2009), e La Gogna: come i processi mediatici hanno ucciso il garantismo in Italia (Boroli editore, 2011). Il suo accounto twitter è @mautortorella

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