Anarchici, lettere esplosive intercettate a Bologna
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Anarchici, lettere esplosive intercettate a Bologna

Nel mirino c'erano le imprese edili che lavorano per i Centri di Identificazione ed espulsione in tutta Italia. L'intervista a Gianluca Ansalone

"I Cie si chiudono con il fuoco. I Cie sono ogni ditta, ente e persona che collabora con la sofferenza e la reclusione dei senza documenti”. Gli anarchici hanno deciso di attaccare le ditte edili che lavorano con i Centri di identificazione e espulsione presenti sul territorio nazionale. E hanno deciso di farlo con l’esplosivo.

Le due lettere, trovate ieri pomeriggio nei locali del Centro di meccanizzazione postale di Bologna e contenti solo a scopo intimidatorio polvere pirica, erano indirizzate a due imprese piemontesi che si occupano di manutenzione e ristrutturazione del Cie di Torino.

Ma l’opuscolo contro i Cie pubblicato su alcuni siti di area anarchica lo scorso 26 maggio dal titolo "I cieli bruciano. Dei centri di identificazione ed espulsione e di coloro che ne permettono il funzionamento", è particolarmente dettagliato e contiene un elenco piuttosto preciso di tutte le imprese edili che hanno collaborato con le strutture dei Cie di Bari, Caltanissetta, Torino e Trapani.

Dunque da Nord a Sud Italia. Ma gli anarchici sull’opuscolo-volantino hanno spiegato che il fuoco serve a punire chi guadagna dalla “macchina delle espulsioni”.

“Crediamo sia importante individuare i collaboratori della macchina delle espulsioni- continua la rivendicazione sul web - chi dalle espulsioni, dai pestaggi ed anche, a volte, dalle rivolte, ci guadagna".

Professore Gianluca Ansalone, esperto di intelligence e strategie internazionali, quando è maturata l’attenzione degli anarchici nei confronti delle ditte che lavorano per i Centri di identificazione ed espulsione?
L’attenzione da parte degli anarcoinsurrezionalisti nei confronti dei Cie non è certo una novità e le lettere ritrovate a Bologna rientrano in quella attività portata avanti da tempo da questi gruppi. Possiamo dire, però, che analizzando la propaganda effettuata in questo periodo sul web, c’è stato un salto di qualità. In sostanza, gli autori non si limitano ad attaccare verbalmente e a fare propaganda ma impartiscono veri e propri ordini alla rete di anarchici presenti sul territorio perché possano attivarsi e in questo caso colpire.

Dunque, quanto è reale la minaccia propagandata all’interno dei loro siti e dei loro forum?
Abbastanza pericolosa ma non è una minaccia seria per il sistema sicurezza nazionale. Il movimento anarcoinsurezionalista italiano è diventato un movimento molto fluido. In sostanza, i gruppi anarchici sono ad oggi poco offensivi perché hanno risentito moltissimo delle ultime inchieste o operazioni delle forze di polizia che ne hanno disarticolato i gangli più importanti dell’organizzazione. Nonostante ciò, al loro interno, sono rimasti alcuni gruppi più forti come ad esempio quello No Tav. E non a caso le lettere ritrovate a Bologna erano indirizzate proprio a ditte piemontesi. Detto ciò, non si può escludere l’atto terroristico. Inoltre dobbiamo sottolineare che proprio perché sul territorio nazionale il movimento si è indebolito moltissimo, cerca consensi in campo internazionale riscontrando le simpatie dei momenti spagnoli e greci.

Si è sopito l’interesse degli anarchici nei confronti dell’Expo o questo potrebbe essere un modo per distogliere l’attenzione da un eventuale “attacco” all’esposizione universale?
No, non credo. Attaccare l’Expo dall’interno è davvero molto complicato ed escludendo disordini di massa, come a quelli ai quali abbiamo assistito, non penso siano capaci di pianificare attentati veri e propri tali da colpire seriamente l’esposizione universale. Forse, invece, siamo di fronte ad un cambio di obiettivo in base alla facilità o difficoltà di realizzazione. In sostanza hanno fatto scalare ai primi posti, quindi hanno dato priorità ad obiettivi meno difficili da colpire. Pianificare un attentato esplosivo ad una impresa edile che lavora per i Centri di identificazione e espulsione è sicuramente più semplice che “violare” l’Expo. Una ditta se pur di medie dimensioni, non avrà un apparato di sicurezza tale da poter “intercettare” e evitare un eventuale attacco da parte di un gruppo anarchico.

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Nadia Francalacci