Ana Obregon supera il diritto, la logica, arrivando alla follia della maternità
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Ana Obregon supera il diritto, la logica, arrivando alla follia della maternità

La Rubrica - Lessico Familiare

L’ingegneria genetica applicata alla maternità si arricchisce di un caso che infiamma la Spagna (e non solo), imponendoci interrogativi morali prima ancora che giuridici. Ana Obregon, popolare attrice e conduttrice spagnola, nota anche in Italia quale protagonista di film diretti da registi nostrani, a 68 anni è diventata ‘mamma’. L’annuncio lo ha fatto lei stessa via social, facendosi immortalare in una clinica della Florida con una bella neonata tra le braccia, Ana Sandra il suo nome.

La cronaca gossip ci ha già abituati a donne agée che hanno coronato il loro sogno di genitorialità in età avanzata, sicché – ad un primo approccio - lo stupore si appunta solo sull’anno di nascita della celebrità spagnola.

Il fatto è che la bambina di cui Ana Obregon è diventata legalmente ‘mamma’ negli USA non è biologicamente sua, ma del figlio Alex, tragicamente deceduto nel 2020 a 27 anni per un tumore.

In pratica Ana ha utilizzato il seme congelato del figlio, raccolto prima della morte, un ovulo di una donatrice e una gestante.

Informata del parto l’attrice si è recata nella clinica della Florida e si è registrata come madre della bambina, proponendosi a breve di rientrare in Spagna per procurarsi la trascrizione dell’atto di nascita.

Ma Ana Obregon, diciamolo brutalmente, cos’è? Cosa rappresenta rispetto a questa creatura?

Dilemma che ella pare non si ponga affatto, liquidando le perplessità generali di questa manipolazione generazionale in questo modo: "Le dirò: 'Tuo papà è in cielo e che tu arrivassi era ciò che più desiderava al mondo, e tua mamma è una donatrice, e basta. Che problema c'è?", aggiungendo poi alla rivista ¡Hola! che "tutto il processo" sulla nascita della bimba sarà raccontato in un libro.

Ana Oregon può dirsi mamma? Nonna? Zia? Genitore putativo?

Credo che anche i più fervidi sostenitori della maternità surrogata, idealizzata come lo strumento per soddisfare il sogno di maternità/paternità di coppie che non possono o non riescono ad avere figli naturalmente (vuoi perché omosessuali, vuoi perché impediti da irrisolvibili problematiche all’apparato riproduttore), non possano che aggrottare il sopracciglio di fronte alla disinvoltura con cui Ana Obregon avrebbe deciso di assecondare i presunti desideri del figlio deceduto.

Certo nessuno può immaginarsi come possa una persona superare il dolore di perdere un figlio come è successo ad Ana. E nessuno può permettersi di sindacare il modo con cui si riesca a dare un nuovo senso alla vita.

Ma qui non è come chiedere un bicchiere d’acqua quando si ha sete, qui forse la cosa più logica e naturale sarebbe stato arrendersi all’ineluttabilità di un destino crudele perché poi vai a sapere come finiscono queste storie, dall’inizio così travagliato.

Lo dirà il futuro.

Un futuro di crimini o errori, dove la spersonalizzazione della genitorialità sarà la realtà di bambini che nasceranno in provetta, slegati dalla intimità di una relazione e da rapporti di sangue, e saranno di chi li riconoscerà in un atto pubblico.

Ma qui c’è persino di più perché il tutto rimanda alla tragedia greca e a Edipo, con l’unione incestuosa fra madre e figlio e la nascita di figli che sono al contempo fratelli e nipoti.

Assistiamo dunque alla ripetizione di antiche storie e leggende bibliche, come quella di Abramo e Sara che pur novantenni ebbero un figlio grazie alla schiava Sara.

Stiamo passando dalla credulità più ingenua allo scetticismo più assoluto nella tempesta perfetta della manipolazione genetica.

Persino la Spagna socialista di Sanchez, che pur appare tollerante verso le trascrizioni di atti di nascita di figli avuti con la pratica della maternità surrogata, ha sentito l’esigenza di prendere le distanze da Ana Obregon sottolineando, come tale iter sia vietato dalla legge e costituisce una forma di violenza contro le donne.

In questo ginepraio di legami assurdi e laceranti dubbi etici vi è solo da chiedersi fino a dove si potrà spingere la crudele ambizione umana (per dirla alla Shakespeare) di sostituirsi al Padreterno, e se questa protervia ci spingerà diritti verso il burrone, come Icaro che, volendo volare troppo in alto, bruciò le sue ali di cera schiantandosi al suolo.

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Daniela Missaglia

Avvocato matrimonialista e cassazionista, è specializzata in Diritto di famiglia e in Diritto della persona. Grazie alla sua pluridecennale esperienza è spesso ospite in trasmissioni televisive sulle reti Rai e Mediaset. Per i suoi pareri legali interviene anche su giornali e network radiofonici. Info: https://www.missagliadevellis.com/daniela-missaglia

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