Al Qaeda lascia gli Usa "al buio"
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Al Qaeda lascia gli Usa "al buio"

La più monumentale chiusura degli uffici diplomatici americani rivela l’incertezza di Washington in Medio Oriente

(per Lookout News )

Gli Stati Uniti sono alle prese con il più grande allarme sicurezza mai registrato sinora dai tempi dell’11 settembre. Un funzionario del Dipartimento di Stato, operativo già dagli anni Settanta che desidera restare anonimo, descrive l’allarme che ha portato alla chiusura delle ambasciate in Africa, MO e Asia Centrale, come “senza precedenti”. Il che significa che la recente minaccia viene presa molto seriamente dalle parti di Washington. Spaventata al punto da adottare misure drastiche, come se gli Stati Uniti fossero già scesi in guerra. Del resto, non si vede tutti i giorni la chiusura di una ventina di ambasciate nella stessa area geografica.

Fonti dell’intelligence Usa riferiscono che a scatenare l’allarme sia stata una “soffiata” da parte di agenti sauditi – da sempre, attenti scrutatori e infiltrati nella galassia qaedista – che avrebbero fiutato il pericolo e secondo i quali un attacco imminente e diretto agli Stati Uniti si potrebbe effettivamente concretizzare. A poco, dunque, servirebbero gli intensi raid aerei scatenati ultimamente dalla difesa americana, soprattutto in Yemen: i droni, infatti, sono solo killer professionisti, che seguono un unico obiettivo con lo scopo di annientarlo e non di cavarne informazioni, che perciò vanno perdute non appena avviene lo “strike”.

E il punto è proprio questo: Al Qaeda e più in generale la nebulosa del terrorismo anti-occidentale assomigliano sempre più all’Idra, l’animale mitologico che, se decapitato di una delle sue molte teste, ne generava subito altre. Così, quando un raid di un drone decapita un leader o un semplice terrorista, c’è subito chi prende il suo posto, in una logica di comando orizzontale e parcellizzato, la stessa che ha permesso ad Al Qaeda di sopravvivere sinora alla guerra senza confini caparbiamente portata avanti dagli americani in tutto il globo.

Il modus operandi di Al Qaeda

Il coordinamento generale dei terroristi islamici, che tendenzialmente si vogliono sotto il comando del loro numero uno, riconoscibile in Ayman Al Zawahiri (attualmente nascosto in Pakistan, come già lo era il suo capo Osama Bin Laden), è in realtà piuttosto blando e molto probabilmente non va oltre le linee generali: “colpire le ambasciate Usa” o “tenere la Siria” e simili.

Ma, in verità, il network di terroristi sul campo, aiutati da sempre diversi signori della guerra, una volta recepito il messaggio non fa mai rapporto alla base e agisce piuttosto indipendentemente, senza messaggi o attraverso brevi lettere indecifrabili. Ed è questo che più d’ogni altra cosa spiazza l’intelligence americana e manda in confusione le poche certezze che le risorse umane collezionano con pazienza e grandi sforzi. Gli USA oggi sono “al buio”, mentre invece la vitalità di Al Qaeda è garantita proprio da questo suo saper essere invisibile e imprevedibile, senza un obiettivo riconoscibile e chiaro.

E, per quanto ne sappiamo al momento, un’ambasciata Usa potrebbe essere costituita anche da un McDonald o da una compagnia petrolifera.

Perciò, se aver sigillato le ambasciate è certo un’efficace mossa precauzionale - nonché un segnale ai terroristi, che afferma: “conosciamo i vostri piani” - più difficile sarà arrestare il processo, che vede gli Stati Uniti al centro dell’obiettivo. Chi vuole portare il terrore in Occidente, infatti, non ha ragione di arrendersi: il pasticcio mediorientale a cui il mondo assiste impotente, non fa altro che confermare ai qaedisti che vi sono buone probabilità di riuscire. Perché questo temporeggiamento, che in Occidente appare prudenziale, ovvero il fatto che gli States non se la sentano di intervenire per liberare Damasco, ai terroristi appare piuttosto un segnale di debolezza della grande potenza americana. E, dunque, è probabile che ciò li stimoli a proseguire.

Le aree “calde”

Le grandi evasioni avvenute nell’ultima settimana in Libia, Pakistan, Iraq confermano che le fila dei terroristi s’ingrossano e che la situazione in Nordafrica e Medio Oriente è del tutto fuori controllo. Preoccupano molto, in particolare, la Libia e l’Algeria, orfane dei loro leader (Gheddafi trucidato e Bouteflika scomparso nel nulla) e certamente prede appetibili per i terroristi e i loro traffici in armi e uomini da reclutare.

Ma, nonostante ciò, l’ombelico del mondo mediorientale resta la Siria, dove le posizioni sono pressoché immutate e i piccoli passi in avanti di una parte sono equilibrati da altrettanti dell’avversario. L’unica novità è rappresentata dai curdi siriani, entrati a pieno titolo nel grande gioco per il futuro della Siria: le aree a maggioranza curda si stanno oggi preparando a una battaglia decisiva contro i jihadisti, dove aver ingaggiato aspre lotte contri i gruppi noti come Jabhat Al Nusra, Al Qaeda in Iraq e altri, che ormai si sarebbero “fusi” nel neonato Stato Islamico nell’Iraq e nel Levante, trasversale a ogni parte in causa e vero artefice del caos degli ultimi mesi, in competizione con Hezbollah.

Insomma, grande è la confusione e arduo il compito di pacificare un’area enorme e difficilmente controllabile. Se questa guerra non si risolverà in un modo o in un altro, è impensabile ritenere che vi siano pace e tranquillità per gli Stati Uniti e i suoi alleati nei mesi a venire. E non basterà chiudere i propri uffici di rappresentanza nel “Grande Medio Oriente” per schivare i colpi dei terroristi.

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Luciano Tirinnanzi