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(Ansa)
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Meglio un albero di Natale vero o finto (per l'ambiente)?

Sradicare una pianta dalla terra o sceglierne una di plastica? Cosa dice la scienza

C’è una domanda cruciale che molti di noi si pongono in questo periodo. La si potrebbe sintetizzare così: è meglio comprare un albero di Natale vero o finto? Se ci limitassimo a una questione di estetica, non potremmo non notare che gli alberi di Natale finti imitano perfettamente quelli veri e costano anche meno. Il montaggio è facile: basta mettere uno sull’altro a incastro le tre parti che formeranno l’”albero” e poi pazientemente aprire a uno a uno rami e rametti fino ad avere una chioma più folta di quella che nostra Madre Natura provvede agli abeti. Certo, manca quel buon odore che ci ricorda la fanciullezza, ma in compenso non ci sono aghi sul pavimento a testimoniare quella che spesso è la lenta agonia di un abete.

Il punto è però un altro. La domanda iniziale allude al danno ambientale in termini di inquinamento ed emissioni di gas serra. Che cosa inquina di più, dunque: un albero di Natale vero o uno finto? Posta così, la domanda ammette una risposta più complessa, che si potrebbe sintetizzare con un “dipende”. Esaminiamo per prima cosa l’impatto ambientale di un albero di Natale vero. Conviene partire da un fatto: un albero giovane e in forte crescita assorbe anidride carbonica per formare, attraverso la fotosintesi, zuccheri che diverranno biomassa. Insomma, legno. Per questo, l’anidride carbonica assorbita durante il giorno è maggiore di quella emessa durante la notte. Dunque, un albero che cresce ci aiuta a diminuire l’effetto serra perché assorbe CO2 come bilancio netto tra fotosintesi (di giorno) e respirazione. Sulla base di questo fatto possiamo quindi concludere che, se l’albero di Natale è stato tagliato da una foresta naturale di abeti, allora c’è un danno prodotto, quello causato da un aumento di anidride carbonica in atmosfera (dovuto anche al trasporto e alla distruzione finale dell’albero) e dalla deforestazione tout court.

Differente il caso in cui l’albero di Natale provenga da una delle molte piantagioni di abeti create appositamente per il commercio di questo prodotto. Generalmente, un abete destinato a questi scopi viene fatto crescere per dieci anni circa prima di essere tagliato. Come dire che ogni abete tagliato ce ne sono nove che stanno crescendo per diventare alberi di Natale negli anni a venire. Questo significa che questo tipo di commercio tiene in piedi una nicchia ecologica che, pur non avendo la biodiversità di una vera foresta, ha un suo ruolo vantaggioso per l’ambiente.

Ricerche condotte in Germania mostrano che queste coltivazioni offrono agli uccelli la possibilità di nidificare e nutrirsi e non richiedono il tipo di agricoltura industrializzata tipica delle monocolture. Uno studio belga invece dimostra che la biodiversità degli insetti è maggiore nelle coltivazioni di alberi di Natale rispetto a quelle di mais. Non bisogna farsi però illusione sul fatto che queste coltivazioni non facciano uso di fertilizzanti e pesticidi. Insomma, per quanto riguarda la biodiversità, le coltivazioni di alberi di Natale fanno meglio di un campo di mais ma la loro performance è di gran lunga peggiore di un vero bosco.

Veniamo al sequestro dell’anidride carbonica. Il bilancio tra anidride carbonica assorbita ed emessa è nullo perché per ogni albero che viene tagliato ce n’è un altro che viene ripiantato al suo posto (che assorbirà la CO2 emessa). Comunque, secondo una stima dell’associazione internazionale Carbon Trust, bruciare un albero di Natale dismesso di due metri ammonta a circa 3 chili e mezzo di CO2 (0,2 per cento delle emissioni di un viaggio intercontinentale in aereo), buttarlo in una discarica 16 chili di CO2, ma in quest’ultimo caso le condizioni anaerobiche favoriscono il rilascio di metano, un gas serra ottanta volte più potente dell’anidride carbonica. La cosa migliore sarebbe comprarlo in vaso con le radici, ma da due settimane in casa, al caldo, con poca luce e con vari tipi di stress meccanici raramente un abete si riprende. Ci sarebbe poi da mettere nel conto il carburante utilizzato per creare i fertilizzanti delle coltivazioni di abeti, tranne nel caso che queste ultime siano certificate.

Veniamo agli alberi di Natale artificiali. Se vengono buttati via alla fine dell’uso, la stima di Carbon Trust è un impatto ambientale venti volte maggiore di un albero vero. Ma se uno comprasse un albero artificiale e lo conservasse il più a lungo possibile per il suo riutilizzo il Natale successivo, usandolo per molte decine di anni allora il beneficio in confronto all’albero vero sarebbe netto.

Ecco dunque la risposta alla domanda iniziale: meglio comprare un albero di Natale vero o finto? Finto, se lo si conserva e lo si usa per molti anni. Ma anche vero, se viene da foresta certificata e se dopo l’uso lo si brucia o lo si lascia all’aria aperta. Chi poi ha il pollice verde può tentare di comprarlo con le radici, lasciarlo all’aperto quando possibile e in ottime condizioni di luce, infine piantarlo in piena terra. E sarebbe una scelta eccellente. A condizione che l’albero sopravviva.

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Luca Sciortino