Mosca strizza l'occhio ai Talebani che intanto continuano con le loro violenze
Continua il vertice in Russia con i Talebani tra aperture diplomatiche con un occhio alle miniere afghane e la paura di sostenere i fondamentalisti che intanto continuano ad uccidere
Il movimento dei Talebani in Russia è stato ufficialmente dichiarato come «terrorista» nel 2003 ed è quindi stato messo al bando da decenni. Tuttavia, i nuovi padroni barbuti dell'Afghanistan sono arrivati mercoledì 20 ottobre con i loro abiti tradizionali nel lussuoso President Hotel di Mosca guidati dal vice Primo ministro talebano, Abdul Salam Hanafi. Non si è trattato di un incontro bilaterale russo-afghano perché al tavolo voluto da Vladimir Putin c'erano anche i rappresentanti di una dozzina di Paesi: Cina, Pakistan, India, Iran e le ex Repubbliche sovietiche dell'Asia centrale. Gli Stati uniti seppur ospiti hanno naturalmente declinato l'invito che era una chiara provocazione russo-cinese nei confronti di Washington.
Ma perché la Russia dove intanto i contagi da Covid sono riesplosi tanto che il presidente Putin, ormai da tempo barricato in una delle sue molte lussuosissime residenze, ha annunciato che «A causa della grave situazione epidemiologica nel Paese dal 30 ottobre al 7 novembre saranno giorni non lavorativi», non si occupa a tempo pieno del fatto che su una popolazione di 146 milioni di persone solo 45 milioni si sono fatti vaccinare, oppure, della gestione disastrosa dell'emergenza pandemica che ha causato 226.353 morti? Perché?
Per varie ragioni; la prima è che Mosca dietro le parole dell'astuto Ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che ha chiesto ai Talebani di formare un Governo che accolga tutti gli afghani per «Formare un Governo totalmente inclusivo rifletterebbe gli interessi non solo di tutti i gruppi etnici, ma di tutte le forze politiche, oltre a dare stabilità al Paese» ha paura che il virus islamista contagi le già fragilissime ex Repubbliche sovietiche dell'Asia centrale dove il terrorismo islamico è una realtà consolidata. A tal proposito sul tavolo di Sergei Lavrov ci sono i dettagliati rapporti dell'intelligence russa, civile e militare, che raccontano di come ai confini dell'Uzbekistan e del Tagikistan (solo per citarne due) vi siano movimenti di persone che preoccupano l'antiterrorismo di Mosca che teme attacchi dimostrativi di Al Qaeda e dell'ISIS Khorasan in territorio russo e per questo Lavrov ha ribadito ai Talebani di «impedire a qualcuno di utilizzare il territorio dell'Afghanistan contro gli interessi di Paesi terzi, principalmente contro i vicini dell'Asia centrale, i nostri amici e alleati».
La seconda ragione la si legge nelle parole della vecchia volpe della diplomazia russa quando ha affermato che occorre «mobilitare le risorse per offrire loro aiuti finanziari, economici e umanitari efficac» che tradotto significa: vogliamo la stabilità dell'Afghanistan perché ci interessa quello che c'è nel sottosuolo e nelle loro miniere che è anche quello che pensano i cinesi e gli iraniani. Quindi oltre al miliardo di dollari in arrivo a Kabul dall'ONU e dalla comunità internazionale arrivano anche i soldi dei russi, cinesi e iraniani? Assolutamente no, perché aldilà delle dichiarazioni di facciata e le promesse a quel tavolo nessuno si fida dei Talebani ma soprattutto c'è la convinzione questi che non sono assolutamente in grado di controllare il Paese come dimostrano i quotidiani attentati dell'ISIS-K e il timore è che con le continue defezioni degli scontenti tra le fila talebane ISIS-K si rafforzi ulteriormente.
Non va dimenticato poi che russi e iraniani a livello economico non se la passano certo bene anche a causa delle folli avventure militari all'estero (oltre alle sanzioni USA) mentre i cinesi - gli unici a poter spendere - prima di metterci un dollaro dopo le fregature del passato ci penseranno molto, e molto bene. E il riconoscimento ufficiale russo al Governo talebano quindi è cosa fatta come si ventilava dopo la presa di Kabul? Ma figuriamoci se Vladimir Putin con tutti i guai a cui deve far fronte intende farlo e le parole del rappresentante speciale per l'Afghanistan, Zamir Kabulov lo fanno beffardamente intendere: «Come potrebbe essere altrimenti? Arriverà un giorno in cui, e così abbiamo detto alla delegazione afghana, comincerà a soddisfare la maggior parte delle aspettative della comunità internazionale». Quindi mai.
Mentre a Mosca si discuteva, le agenzia stampa battevano la notizia di una nuova oscenità compiuta dai Talebani che nei primi giorni di ottobre hanno decapitato la giovane pallavolista Mahjabin Hakimiperché "colpevole" di giocare senza coprirsi il capo. Alla povera ragazza non è stato risparmiato nulla visto che dopo la sua decapitazione i suoi assassini hanno pure postato sui social media diverse foto della sua testa tagliata. Nulla di inaspettato perché i Talebani non vogliono che le donne facciano sport perché «potrebbero trovarsi in situazioni in cui le loro facce e corpi non siano coperti», così come affermato più volte dal portavoce della commissione del Governo afghano Ahmadullah Wasiq. É a queste persone alle quali la comunità internazionale sta regalando 1 miliardo di dollari; una montagna di soldi a gente che uccide, decapita e tortura chiunque non la pensi come loro, ma non solo, dopo averlo fatto festeggia sui social network.
Infine, per tornare al surreale tavolo di Mosca il Vice Primo Ministro talebano Abdul Salam Hanafi nel chiedere aiuti e riconoscimento ufficiale ha detto: «Isolare l'Afghanistan non è nell'interesse di nessuno». Davvero? Ci permettiamo di dissentire, perché isolare questo Afghanistan ripiombato nell'oscurità talebana è l'unica cosa saggia da fare. Ora.