La moda che verrà
Accademia del Lusso pubblica il suo Osservatorio sul comparto e i futuri scenari professionali. Con un'attenzione sempre più crescente per la sostenibilità (che inizia dal ritorno degli artigiani)
La moda come rappresentazione della società. Un concetto reso popolare dal discorso sul ceruleo pronunciato da Miranda Priestley ne Il diavolo veste Prada, ma anche riassunto da alcune delle più emblematiche figure del nostro tempo. Prima tra tutte Iris Apfelche, parlando del valore della moda durante un’intervista ha dichiarato: «È un prodotto molto serio. A volte può vedersi come qualcosa di stupido ma in realtà se si studia, si può confermare che è una riflessione della politica, della vita sociale, dell’economia, dell’atmosfera. Ovvero, della nostra forma di vita».
Nell’attuale scenario di costante mutamento, l’Osservatorio sul comparto moda e futuri scenari professionali - promosso da Accademia del Lusso, scuola di alta formazione nel comparto moda e luxury - assume un ruolo fondamentale per comprendere quello che sta accadendo e prepararci alle sfide future.
La ricerca, realizzata in collaborazione con Pambianco su un campione di 17 tra le aziende più importanti del settore lusso a livello globale racconta una crescita pari al 10% negli ultimi cinque anni, corrispondente a un aumento di fatturato di 45 miliardi di euro, per un totale di 141 miliardi nel 2022.
Una crescita importante cui si affianca un altrettanto importante aumento di dipendenti (più 37.000) per un totale complessivo di 447.000 unità attive nel comparto nel 2022. Di questi, il 70% dei dipendenti totali sono donne, mentre i giovani under 30 rappresentano il 39%. L’Italia da sola impiega circa 52.000 dipendenti (12% del campione), con una crescita (2018-2022) del 5% pari a 9.000 dipendenti in più negli ultimi cinque anni.
Attualmente, il retail è la divisione che impiega il maggior numero di dipendenti, sia per via del focus delle aziende su questo canale sia per il turnover (25% in più rispetto a Industry e Corporate). Questo però non frena le ricerche di personale soprattutto per l’area industriale, ovvero figure specializzate nello sviluppo e nella produzione delle collezioni.
Nel dettaglio, per quanto riguarda l’universo corporate la ricerca di personale si concentrerà maggiormente su profili con competenze digitali quali responsabili e-commerce, esperti in digital marketing e content creator. Sembra quindi che il tanto decantato declino degli influencer sia ancora molto lontano, ma allo stesso tempo il settore può aspettarsi un’ulteriore evoluzione e ridefinizione delle skill richieste.
Cresce poi la richiesta di profili specializzati nell’analisi dei big data ((data analytics, business intelligence, artificial intelligence) e di profili tecnici in ambito IT, che le aziende della moda e del lusso fanno spesso fatica ad attrarre.
Si riconferma infine l’attenzione delle aziende nei confronti della sostenibilità, ormai imprescindibile per restare competitivi sul mercato. Le maggiori case di moda stanno infatti creando veri e propri team dedicati alla revisione dei processi in ottica sostenibile. È importante sottolineare poi come, nonostante si parli di anni di sostenibilità, alcune aziende del campione abbiano approcciato il tema solo di recente.
«In un mercato globalizzato e in repentino mutamento, competere è diventato sempre più difficile e per tale motivo la formazione è fondamentale per cogliere opportunità di crescita e sviluppo» ha sottolineato Pietro Luigi Polidori, CEO di Accademia del Lusso che lo scorso anno ha lanciato un master in Sustainable Fashion Design, in modo da ampliare il campo di conoscenze degli studenti iscritti, con l’obiettivo di fornire loro le competenze necessarie per far fronte alle richieste delle aziende.
Tra le domande dell’industria moda, artigiani, analisti tempi e metodi e tecnici specializzati nella realizzazione dei prodotti (sarti, prototipisti, ricamatori, tecnici di produzione, programmatori) sono i più richiesti e i più difficili da trovare.
Su questo tema si è espresso anche Gaetano Aloisio, sarto di fama mondiale nonché presidente dell’Accademia nazionale dei sartori. «Eravamo già un'eccellenza e dopo un periodo di calo lo stiamo tornando a essere. La sartoria dà grande opportunità agli artigiani specializzati in prodotti di alto livello» ha raccontato a Panorama.it, sottolineando il valore intrinseco di sostenibilità del suo mestiere.
« L’artigiano di oggi è un imprenditore. Da una piccola bottega artigianale si può arrivare a grandi risultati, anche per i giovani» ha proseguito Aloisio, centrando un altro dei temi che assumeranno un valore sempre maggiore nei prossimi anni. Se infatti nell’industria i dipendenti sono per la maggior parte figure senior, in ottica prospettica le aziende del campione prevedono di incrementare l’inserimento di profili junior da affiancare ai profili senior così da garantire il passaggio generazionale e il tramandarsi delle competenze.
Per rispondere alla carenza di profili e facilitare questo turnover, le aziende/gruppi della moda e del lusso hanno inoltre iniziato a creare accademie interne, volte a formare gli artigiani del futuro. Tra gli ultimi, lo scorso febbraio Jimmy Choo ha dato vita alla sua Fashion Academy dove trasmettere le competenze necessarie per entrare nel mondo del lavoro, anche grazie a un fondo di 570.000 euro destinato a borse di studio per sostenere gli alunni più svantaggiati e quelli privi di un solido background educativo. «Molti mi dicono: alla tua età dovresti rilassarti e non preoccuparti più di niente. Mi chiedono: perché vuoi aprire una scuola? Perché vuoi tornare a lavorare?», ha spiegato lo stesso Choo (73 anni, ndr). «È perché amo la moda e amo l'istruzione. Se hai qualcosa che ti appassiona e un progetto a cui pensare, non ti sentirai mai vecchio».