Non ci vuole più un fisico bestiale
Milano Fashion Week giugno 2023, Zegna (Getty Images)
Collezioni

Non ci vuole più un fisico bestiale

Silhouette filiformi, asciutte, corrispondono una nuova immagine maschile che all’ossessione dei pettorali ha sostituito quella per le gambe magre e la pancia piatta. Sulla scia della fisiognomica orientale. Ma forse corrisponde anche a una differente mentalità, meno machista e più gentile

Al centro della riflessione, la nuova mascolinità ovvero una diversa predisposizione, o meglio ancora un’inedita attitudine dell’essere maschio, più legata all’accettazione di fragilità e diversità che all’anelito del potere quale mezzo espressivo di affermazione del sé.

Discorsi teorici che non vengono da un convegno sul tema, ma dalle passerelle milanesi di moda maschile Primavera/Estate 2024 (16-20 giugno). Nulla di dicotomico se si crede nel potere dell’abito e quindi nella possibilità che una certa estetica possa contribuire a modificare i costumi, gli usi e pertanto la mentalità, sostituendo quella imperante con un’altra alternativa: in questo caso mutando l’idea di «maschio alfa» con quella, quasi opposta, di maschio gentile.

In tal senso vanno letti i tanti bermuda visti in passerella, da quelli larghi e lunghi fin sotto al ginocchio, da rapper adolescente, a quelli da bambini anni Sessanta, corti a metà coscia e stretti in vita dall’elastico o dalla coulisse. In questa ottica si spiega anche il trasversale uso di tessuti morbidi e fluidi, come la seta stampa cravatta o il lino impalpabile, perfetti per la costruzione di abiti-pigiama, se non addirittura di tute-pigiamoni. E così ritornano i sandaletti a strisce intrecciate, la cravatta viene sostituita da un fiore stilizzato, il tailoring delle giacche strizza la vita, e se allarga le spalle le svuota e, a volte, addirittura, elimina le maniche, trasformando il capospalla smanicato in un’ardita rivisitazione della camicia. Che, protagonista in quasi tutte le collezioni, viene raramente proposta nella sua versione classica originaria. Troppo «maschia», troppo borghese.

Inutile negarlo, una trasformazione è in corso ed è anche parecchio evidente. Ma se non è ancora una trasformazione mentale, anzi di mentalità, è sicuramente una metamorfosi del corpo dell’uomo.

Quel «fisico bestiale» alla Big Jim non è più ammissibile nell’immaginario contemporaneo. All’ossessione dei muscoli sono preferiti il ventre piatto, della magrezza filiforme e asciutta come confermano, a parte i potentissimi social media, soprattutto ricerche e studiosi dell’alimentazione. E se l’American Psychiatric Association avverte che contrariamente a ogni stereotipo, a soffrire di disturbi alimentari in America oggi sono più i giovani maschi che le adolescenti, medici italiani come Ascanio Polimeni o Filippo Ongaro confermano, per esperienza, che gli uomini, nell’ambito del dimagrimento, sono più motivati dall’estetica. E, a differenza delle donne, non modificano il loro stile alimentare per raggiungere un maggior benessere ma soprattutto per piacersi e piacere.

Via quindi i carboidrati e via anche la palestra: per sfoggiare i bermuda servono delle «belle gambette secche», lo ha detto perfino Giorgio Armani che di pantaloni corti però volutamente non ne ha proposti neppure uno.

Alla faccia della body positivity, battaglia che, a quanto pare, il mondo femminile, ha fatto sua. Sempre sotto i diktat propositivi della moda che, negli ultimi anni, si fa portatrice sana di messaggi inclusivi, e non solo di tendenze di stile.

Sul piano della concretezza, va ricordato che gli asiatici, coreani in primis, sono al momento i maggiori compratori di fashion maschile. È al loro girovita che guardano i designer. Oltre che alla loro meravigliosa capacità di spesa.

Tagliatore

I più letti

avatar-icon

Antonella Matarrese