Loacker punta ai 350 milioni di fatturato
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Loacker punta ai 350 milioni di fatturato

L'azienda famosa per i wafer lancia il progetto Nocciole in Toscana e intanto cresce nel mondo. Anche con negozi a marchio proprio

Andreas Loacker (foto), erede della famiglia che ha inventato i wafer omonimi, ama definirsi così: “Siamo altoatesini: un po’ italiani e un po’ austriaci. Metodici ma capaci di parlare con creatività a chiunque, come spesso accade con la gente di frontiera”. Sarà per questo che wafer dopo wafer sono arrivati in Asia e Paesi Arabi? Nessuno stupore: non soltanto l’azienda bolzanina si appresta ad aprire un Loacker point a Dubai il prossimo anno, ma ha fatto dell’Asia e del Medio oriente due tra i suoi principali mercati. “Dal 2005 a oggi i nostri volumi sono raddoppiati, con previsione di passare da 313 a 350 milioni di fatturato entro il 2020” spiega Loacker, direttore della ricerca e sviluppo dell’azienda. “Siamo nati in Italia, ma per il mercato domestico vale soltanto il 30 per cento del nostro fatturato mentre l’export ci sostiene con una percentuale del 73 per cento. La metà di questa quota, appartiene al mondo arabo”.


Loacker ha il suo core business nei wafer e nella linea di piccola pasticceria, ma sta facendo crescere con decisione anche il “secondo pilastro” del cioccolato. La parola d’ordine è “reggere il mercato nel segmento premium, ma riuscendo a mantenere un equilibrio tra pasticceria di qualità e produzione industriale”. E per farlo, l’azienda ha scelto di agire su due fronti. Potenziamento degli stabilimenti e approvvigionamento di materie prime di qualità italiana e a prezzo costante. La strategia si è tradotta in un piano di investimenti da quasi 100 milioni (90 impegnati nel raddoppio dello stabilimento di Auna di Sotto, Bolzano, e di Heinfels in Austria), ma soprattutto nell’innovativo progetto di lungo periodo avviato nella Maremma toscana. Qui Loacker ha individuato la zona più adatta per avviare una coltivazione di nocciole di qualità, con le quali sostenere la crescita produttiva richiesta dai mercati. In tutto 12 milioni di investimento: 6 già impegnati nell’acquisto dei terreni e nell’avviamento della Tenuta Loacker Corte Migliorina, 210 ettari nel comune di Orbetello. E gli altri da investire tra il 2017-2018 sempre per allargare la coltivazione della nocciola acquisendo nuovi terreni, finanziando progetti di studio e realizzando un hub per la raccolta e il trattamento delle nocciole in loco. “Sarà un punto di riferimento anche per gli agricoltori del posto, che spero aderiranno al nostro progetto allargando la produzione. Il nostro intento è infatti quello di creare una filiera corta sostenibile, tracciabile e di altissima qualità, siglando con gli agricoltori locali contratti di rete e impegnandoci a ritirare la produzione a un prezzo concordato”.


Loacker utilizza soltanto e da sempre nocciole italiane. E questo in un mercato dove circa il 70 per cento della produzione mondiale proviene dalla Turchia, con l’Italia al secondo posto con il 14 per cento. “Tale situazione espone chi si approvvigiona in Italia a produzione limitata  e a prezzi altalenanti. Una tendenza che vorremmo progressivamente frenare”. Il progetto “Nocciole in Toscana” assume dunque una valenza economica fondamentale: sia perché, secondo gli obiettivi, rappresenterà il 6 per cento di potenziale di crescita della produzione nazionale, e sia perché punta a recuperare attività agricole, materie prime, tradizioni identitarie e posti di lavoro convertendo coltivazioni o recuperando terreni boschivi o ormai incolti. “A completamento del piano strategico 2020-2025 Loacker prevede un fabbisogno di nocciole totale di circa 3.500 tonnellate di prodotto sgusciato” spiega il direttore marketing Hans-Peter Dejakum. “E questo tenendo conto soltanto dei progetti standard e non delle attività di innovazione, che sono comunque importanti sia sul segmento piccola pasticceria che del cioccolato. Da sempre noi crediamo nel made in Italy e nella qualità delle materie prime italiane, delle quali vogliamo garantirci la giusta fornitura al giusto prezzo”.

Il made in Italy come elemento di qualità è una costante nella storia Loacker. Nonno Alfons avvio nel 1925 lo stabilimento di Auna di Sotto, dopo aver individuato nell’altopiano del Renon la purezza ideale di aria e acqua per la preparazione dei wafer. Quindi arrivò lo stabilimento austriaco di Heinfles. Ma il cuore dell’azienda è rimasto intatto. “Il mercato interno aumenta del 4,9 per cento, ma è soprattutto con il traino dell’export che cresciamo a un ritmo tra il 6 e l’8 per cento annuo” continua Dejakum “per tenere il passo, avevamo anche pensato di aprire uno stabilimento in Indonesia, ma poi abbiamo deciso di non rinnegare la tradizione continuando a produrre nei siti storici”. Gli investimenti dunque, sono quindi finalizzati a rendere più efficienti i processi ad Auna, sito che ha ormai raggiunto la sua massima capacità, mentre ad Heinfels è stato inaugurato a giugno un nuovo padiglione produttivo di 16mila metri quadrati, sviluppando 70 nuovi posti di lavoro che porteranno i dipendenti a poco meno di mille. Con l’apertura del Loacker point a Dubai infine, l’azienda inizia a spingere anche sulla rete di negozi a marchio proprio. Dopo Bergamo, Bolzano, Trieste, Heinfels e Trento è il momento dell’espansione internazionale.

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Antonella Bersani

Amo la buona cucina, l’amore, il mirto, la danza, Milan Kundera, Pirandello e Calvino. Attendo un nuovo rinascimento italiano e intanto leggo, viaggio e scrivo: per Panorama, per Style e la Gazzetta dello Sport. Qui ho curato una rubrica dedicata al risparmio. E se si può scrivere sulla "rosea" senza sapere nulla di calcio a zona, tennis o Formula 1, allora – mi dico – tutto si può fare. Non è un caso allora se la mia rubrica su Panorama.it si ispira proprio al "voler fare", convinta che l’agire debba sempre venire prima del dire. Siamo in tanti in Italia a pensarla così: uomini, imprenditori, artisti e lavoratori. Al suo interno parlo di economia e imprese. Di storie pronte a ricordarci che, tra una pizza e un mandolino, un poeta un santo e un navigatore e i soliti luoghi comuni, restiamo comunque il secondo Paese manifatturiero d’Europa (Sì, ovvio, dietro alla Germania). Foto di Paolo Liaci

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