Molti pensano che il caviale sia una specialità russa e che da lì debba provenire. Invece, le migliori uova di storione arrivano da Lombardia, Piemonte e Veneto e sono esportate in tutto il mondo. Guida ai marchi d’eccellenza e a come degustare questa preziosa delizia gourmet.
In principio fu lo spaghetto freddo con scalogno, caviale, erba cipollina. Piatto di Gualtiero Marchesi, mitico come il risotto giallo con foglia d’oro edibile. Era il 1985, il Maestro Marchesi strattonava con questi colpi di genio un ambiente culinario nazionale dove presunzione e provincialismo andavano fieramente a braccetto. Da allora è cambiato il mondo, Marchesi non c’è più, ma il suo spaghetto al caviale è ancora ripetuto, interpretato da chef di fama, apprezzato dai commensali. Che si stupiscono quando scoprono ciò che non tutti sanno: quell’oro nero nel piatto, quelle luccicanti uova di storione, non hanno niente da spartire con gli zar, con la Persia, con il mar Caspio, con riti nobiliari di un mondo lontano; quel caviale è lombardo, nasce negli anni Ottanta in acque e terre di acciaierie dalla visione imprenditoriale di Giovanni Tolettini e Gino Ravagnan. Volevano sfruttare, in anticipo sulle sensibilità green, l’acqua di raffreddamento degli impianti di produzione dell’acciaio: usciva riscaldata, uno spreco buttarla.
Così pensarono ad allevamenti ittici, inizialmente anguille. Poi, grazie a un biologo fuggito dall’Unione Sovietica, Serge Doroshov, puntarono sullo storione. Scelta azzeccata. Oggi l’azienda Agroittica di Calvisano (Brescia) con il marchio Calvisius Caviar è il primo produttore al mondo di caviale sostenibile. Esporta in tutto il pianeta per una produzione tra 25 e 30 tonnellate all’anno su 60 ettari di vasche di allevamento (80 campi da calcio). A fine 2021 il fatturato di Agroittica (caviale, affumicati e storione) sfiorava circa 34 milioni di euro. L’Italia – meglio, Lombardia e Veneto, dove operano le poche aziende specializzate – produce 65 tonnellate all’anno di caviale. Siamo il secondo Paese produttore al mondo dopo la Cina e il primo per qualità delle acque, della lavorazione, della sostenibilità. Un orgoglio nazionale di cui pochi si rendono conto. Persino tra gli addetti ai lavori del mondo food c’è molta ignoranza.
«Verissimo» conferma Carla Sora, direttore generale e a.d. di Agroittica, da sette anni in azienda. «Quello spaghetto fatto con il nostro caviale, Marchesi veniva a trovarci regolarmente, fu una rivoluzione. Servì ad alzare il velo su una realtà sconosciuta, agli albori. Ai tempi c’era ancora caviale proveniente dal Caspio. Dal 1998 la pesca dello storione, animale in via di estinzione per le catture indiscriminate, è vietata. Quel mare tra Europa e Asia è proibito. Noi alleviamo il pesce in acque pulitissime, rispettando il ciclo di maturazione sessuale, senza ricorrere agli ormoni e mischiare le razze, come fanno i cinesi. Una storiona comincia a essere produttiva in sette anni, di norma si arriva a 13, addirittura a 15 e più se si tratta di Beluga». Ciò spiega il costo delle preziose uova. «Il prezzo medio al mercato è circa duemila euro al kg, due euro al grammo» dice Sora. «Ma con il Beluga si arriva anche a ottomila euro al kg. Bisogna dire che dello storione, come del maiale, non si butta via niente. La carne non ha lische, è buonissima e indicata per l’alimentazione infantile». Agroittica è un gioiello produttivo, con quote crescenti di mercato negli Stati Uniti e in Francia, oltre che in Italia; dà lavoro a 160 persone, senza tener conto dell’indotto. Consigliata una visita all’azienda, con sosta al Gambero di Calvisano, ristorante stellato fin dal 1989: pur non facendo parte di Agroittica promuove da sempre la cultura del caviale in tavola.
Ci siamo dilungati su Calvisius perché è la punta di diamante di aziende italiane altrettanto valide, che condividono la medesima filosofia. Per esempio Cru Caviar, della famiglia Bettinazzi, seconda azienda come volume d’affari e prima in Italia nella produzione di caviale Beluga. Ha quattro allevamenti: a Goito (Mantova), San Martino Buon Albergo (Verona) e nel Bresciano, a Leno e Bagnolo Mella. Racconta l’a.d., Domenico Meduri, in azienda dal 2022, dopo due decenni in Agroittica: «Il marchio Cru Caviar è nato quattro anni fa. L’azienda è molto più vecchia, partì come allevamento di trote. Ora è divisa tra parte agricola vera e propria e trading company. Siamo l’unico gruppo italiano che ha il permesso di esportare nella Federazione Russa, un grande mercato dove dominano i cinesi con il loro caviale, non esattamente di qualità come quello italiano». Meduri ci tiene, oltre che a vantare con ragione il prodotto, a ricordare che Cru Caviar organizza visite guidate, experience sulla falsariga di ciò che accade da tempo con i vini e il tartufo. «Portiamo gli ospiti addirittura ad accarezzare gli storioni in vasca. C’è poi una serie di ristoranti con noi convenzionati, nel Mantovano, per assaggiare piatti con il caviale».
Altra azienda rinomata è Caviar Giaveri, a San Bartolomeo di Breda (Treviso), non distante da Venezia. La gestiscono Jenny, Giada e Joys Giaveri, tre giovani imprenditrici che continuano la tradizione di famiglia. Le specie di storioni allevati sono dieci, il che permette una notevole varietà produttiva, sempre nel rigoroso rispetto – un obbligo in Italia – delle norme di sostenibilità ecologica e benessere dell’animale. Caviale di eccellenza viene prodotto pure da Adamas, nei fontanili del Tormo a Pandino, nel Cremonese. Adamas è gestita da Matteo Giovannini, terza generazione dei fondatori che l’avviarono fin dagli anni Cinquanta, assieme al socio Sergio Nannini. Ma come si consuma il caviale in purezza, che per le feste natalizie vivrà il periodo d’oro? Mai prenderlo con posate d’acciaio: il caviale le ama di madreperla, osso, cristallo; mai aggiungere sale o limone, significa distruggerlo. Se si vuole «tirarsela un po’» da intenditori, andrebbe adagiato nella minuscola conca che si forma tra pollice e indice della mano tesa, poi portato alla bocca sensualmente. Il rito del caviale, il suo lusso, nacque a Parigi dopo la Rivoluzione russa, quando molti nobili fuggiti dai bolscevichi portarono le loro abitudini aristocratiche, prontamente adottate dalla città-spugna che assorbe e rilancia le mode. Se tra i molti meriti il caviale ci fa anche viaggiare a ritroso nel tempo, ben venga.