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Quelli che vorrebbero vaccinarsi, ma non ci riescono

Quelli che vorrebbero vaccinarsi, ma non ci riescono

Nella quota dei non protetti, non ci sono solo irriducibili no-vax, ma anche coloro che, negli hub, vengono respinti per lievi allergie o malattie poco significative. E che finiscono nel limbo degli «accertamenti» infiniti, perdendo tempo prezioso.


Mentre la variante Delta corre in tutto il mondo, e da governi e istituzioni sanitarie si sprecano gli appelli a farsi fare l’iniezione il prima possibile, un piccolo esercito di volenterosi vaccinandi vede la propria inoculazione spostarsi nel tempo, e scontrarsi con burocrazia, intoppi, rimbalzi di responsabilità, linee guida non chiare.

Primi fra tutti, gli allergici ai farmaci o a precedenti vaccinazioni: per loro, spesso, al momento della prima dose si apre una specie di girone infernale che li porta a slittamenti di settimane – se non di mesi – nel percorso verso la protezione dal Covid. È successo, per esempio, a Mariangela B., 35enne milanese, allergica ai crostacei e al principio attivo della ciprofloxacina (componente di un antibiotico) che ai primi di giugno si è vista «negare» la prima dose ed è stata rimandata a ulteriori accertamenti allergologici.

«Nell’hub del Palazzo delle Scintille di Milano, dopo aver compilato la scheda e aver segnalato le mie allergie» racconta Mariangela «il medico mi stava avviando alla vaccinazione, dicendomi solo che per precauzione mi avrebbe trattenuta in osservazione un’ora invece dei canonici 15 minuti. Poi però, dopo aver consultato i miei dati sanitari e aver “scoperto” che in caso di esami con liquido di contrasto – al quale comunque non sono allergica – devo essere sottoposta per precauzione alla profilassi, ha stracciato il foglio della prenotazione, e ha chiamato tre colleghi per un consulto: uno diceva che avrebbero dovuto farmi il Moderna, ma non c’erano più dosi, un altro che sarebbe andato bene Pfizer, un altro ancora che non potevano vaccinarmi e alla fine disquisivano sulla mia età e sul fatto che magari più avanti avrei anche potuto volere dei figli: cosa per la quale, comunque, non c’è nessun nesso con le allergie né con la vaccinazione».

Risutato dello stravagante mini-convegno: l’aspirante vaccinanda è stata rimandata a una visita allergologica da fare in luglio al Policlinico: lì decideranno se fare l’iniezione o relegarla tra i «non idonei», anche se il sistema di prenotazione l’aveva tranquillamente avviata alla vaccinazione negli hub. Una gran confusione, tale da far vacillare chiunque non fosse particolarmente convinto dell’utilità del vaccino.

Il dubbio in effetti viene: non è che nelle percentuali di presunti refrattari rientrano anche molti che vorrebbero vaccinarsi e non riescono, pur non essendo «soggetti fragili» ma solo allergici o con patologie non gravi e senza controindicazioni al vaccino? «Sicuramente sì, ed è un problema grave che coinvolge migliaia di persone» ammette Lorenzo Cecchi, presidente dell’Associazione allergologi immunologi italiani territoriali e ospedalieri. «Solo noi, come associazione, riceviamo tantissime segnalazioni ogni giorno, di pazienti con allergie banali cui viene negata la vaccinazione negli hub per fare visite e accertamenti. Spesso, però, questi esami richiedono attese molto lunghe che rischiano di scoraggiare le persone e indurle a rinunciare».

Precauzioni eccessive, dato che il criterio guida – ben espresso dagli enti regolatori – è quello di vaccinare in ambiente protetto, come ospedali o ambulatori attrezzati, solo coloro che hanno avuto in passato shock anafilattici o sono gravemente allergici alle nanoparticelle Peg (polietilenglicole), eccipiente presente nei vaccini a Rna ma anche in cosmetici e altri prodotti farmaceutici.
«Nella popolazione generale, sono percentuali bassissime. Invece vengono rimandate indietro anche persone che hanno semplici allergie ad alimenti, antibiotici, polvere» continua Cecchi. «Lo dico chiaramente: rimandare il vaccino e costringere a visite e test per un’allergia agli antibiotici è follia. Chi lo fa, espone senza motivo il paziente al Covid, un rischio ben maggiore».

I numeri, in effetti, danno ragione a Cecchi: dai dati dell’Asst di Bergamo Ovest, per esempio, su 3.200 persone rispedite indietro dagli hub senza vaccino, solo 170 (poco più del 5 per cento) si sono rivelate, dopo la visita allergologica, «meritevoli» di vaccinazione in ambiente protetto. Peccato che nel frattempo tutti e 3.200 avessero perso settimane per gli accertamenti e molti, probabilmente, abbiano deciso di soprassedere.

Un’altra storia surreale è quella di Giulia, grafica milanese di 47 anni, anche lei alle prese con la mancata vaccinazione: «Avevo la prenotazione per il 10 giugno, ma siccome nel 2018 ho avuto una reazione alla penicillina e proprio il giorno del vaccino avevo iniziato l’assunzione di un antibiotico di un altro tipo per una tracheite, il sanitario vaccinatore dell’hub Polaris di Carate Brianza non ha voluto procedere con l’iniezione. Mi ha detto di tornare a ciclo concluso. Invece il medico di base mi aveva detto che potevo farla tranquillamente il giorno stesso.

Io, comunque, ho preferito aspettare un po’ per riprendermi dalla tracheite, ma nel frattempo l’attesa mi è costata cara: dall’ospedale di Vimercate mi hanno comunicato che ero stata classificata come paziente a rischio». Alla fine ha dovuto rimandare la data di settimane (a fine luglio, in ospedale). Analogo destino per Pietro, 39 anni: a fronte di una patologia al fegato non grave, che infatti non l’aveva portato a essere incluso tra le categorie fragili, si è visto scivolare con la vaccinazione addirittura a novembre, e solo previa visita dall’epatologo.

Ci sono però anche esempi virtuosi, come l’hub vaccinale di Novegro: «Nella nostra struttura» spiega Valerio Fabio Alberti, sovrintendente sanitario del Gruppo San Donato e responsabile del centro «abbiamo scelto da subito di prendere in carico il paziente allergico, proprio per evitare questo “spaesamento” delle persone, rimandate ad accertamenti magari non disponibili subito e a difficili percorsi di riprenotazione. A parte il fatto che a Novegro ci sono una shock room e un anestesista sempre presente, abbiamo messo in campo una procedura concordata con l’ospedale San Raffaele: se riscontriamo allergie gravi che richiedono l’ambiente protetto indirizziamo i pazienti in ospedale. Altrimenti ci pensiamo noi, abbiamo in squadra allergologi e medici esperti, che affiancano i vaccinatori. Finora, su 195.000 dosi, abbiamo inviato al San Raffaele solo 500 persone». Uno 0,25%, percentuale risibile che dimostra quanto il fenomeno sia affrontabile, con le competenze e la giusta organizzazione: perché le varianti corrono e non aspettano né i tempi dell’italica burocrazia, né il rimbalzo di responsabilità fra medici indecisi o insicuri.

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