Stimolare, nell’organismo, la rigenerazione spontanea di cartilagini e tessuti danneggiati da traumi o malattie, dall’usura o dall’età. È possibile oggi, con tecniche avanzate che utilizzano cellule provenienti dallo stesso paziente per poi reiniettarle, opportunamente trattate, e attivare così i processi di guarigione nelle aree colpite. Terapie d’avanguardia grazie alle quali si sono rimessi in piedi sportivi famosi. E in questo settore in forte espansione l’Italia ha un ruolo di assoluta eccellenza.
Grasso addominale frammentato, staminali, derivati midollari, plasma ricco di piastrine, stimolazione delle cellule immunitarie con ultrasuoni: la nuova frontiera della scienza – e della possibile guarigione da molte patologie – si chiama «medicina rigenerativa». Il suo obiettivo è rinvigorire, riparare o addirittura sostituire i tessuti danneggiati da malattie o traumi, così come dall’età e dall’usura. È un’alchimia complessa, che coinvolge bioingegneria, chimica, biologia e nanotecnologie. Quando i naturali processi di guarigione del corpo falliscono, con tecniche molto avanzate i ricercatori «simulano» un danno alle cellule, così da farle reagire e stimolarne la riparazione una volta iniettate nella zona ammalata.
Gli ambiti di impiego sono molteplici, quello al momento più conosciuto è l’ortopedia: grazie, per esempio, a un dispositivo medico denominato Lipogems e il cui brevetto – interamente italiano, firmato dal chirurgo plastico Carlo Tremolada e dal diabetologo Camillo Ricordi – è ora possibile prelevare tessuto adiposo dall’addome, sottoporlo a micro-frammentazione per riprodurre un danno tissutale e innescare i processi di riparazione, e iniettarlo nelle articolazioni affette da osteoartrite, artrosi o traumi. Il tessuto adiposo, infatti, lungi dall’essere solo il «nemico» della silhouette, ha molte caratteristiche riparative naturali che favoriscono i meccanismi di guarigione in tutto il corpo.
Con questo trattamento sono state curate da poco le sciatrici italiane Sofia Goggia ed Elena Curtoni. Ma non è riservato esclusivamente agli atleti: «Può beneficiarne, in campo ortopedico, chiunque abbia dolori alle articolazioni o patologie muscolo-tendinee» afferma Andrea Panzeri, responsabile dell’Unità operativa di Sport Trauma e Research center dell’Istituto Clinico San Siro di Milano (Gruppo San Donato). «Oppure, ancora, per curare malattie degenerative come l’artrosi o patologie da over-use nello sportivo. Con questa tecnica otteniamo un duplice beneficio: sull’infiammazione e sulla capacità rigenerativa».
Panzeri, che è presidente della Commissione Medica della Fisi (Federazione italiana sport invernali), è stato l’artefice del quasi miracoloso recupero di Sofia Goggia dall’infortunio al ginocchio che le ha permesso di vincere l’argento alle Olimpiadi di Pechino dopo soli 23 giorni da una lesione al legamento crociato. E spiega perché queste nuove tecniche sono un grande passo avanti rispetto alle tradizionali infiltrazioni di cortisone o di plasma ricco di piastrine: «La procedura Lipogems, che prevede la frammentazione e il lavaggio del grasso, ne provoca l’attivazione degli elementi rigenerativi» spiega ancora l’ortopedico. «Il grasso “attivato” viene infiltrato quindi nelle articolazioni o nei tendini interessati e si distribuisce lungo tutta l’articolazione iniziando la sua azione ».
Azione che nei primi giorni può provocare spesso un incremento dell’infiammazione e del dolore, salvo poi lasciare spazio all’effetto antinfiammatorio, e infine alla capacità rigenerativa del grasso. In molti casi la tecnica dà ottimi risultati, certificati da controlli con risonanze: «È bene dire però» precisa Panzeri «che l’esito finale è molto soggettivo e dipende anche dalle aspettative, dalle esigenze funzionali del paziente e ovviamente dalla gravità del problema. Buona parte dei pazienti hanno un miglioramento della sintomatologia dolorosa, altri hanno meno benefici, ma anche con l’acido ialuronico, i derivati piastrinici o con il mix dei due prodotti non si hanno garanzie di successo. Non esiste una tecnica che funziona al 100 per cento, altrimenti avremmo già risolto una problematica ortopedica enorme. Ma la ricerca scientifica continua senza sosta e conto, in futuro, di poter utilizzare tecniche sempre più performanti».
Attualmente, la tecnica di aspirazione del grasso addominale (l’operazione si pratica in ambulatorio chirurgico o sala operatoria, dopo un’anestesia locale, e dura pochi minuti) può essere impiegata anche in medicina estetica, ginecologia, cura del piede diabetico o delle fistole da malattia di Crohn; ed è in via di sperimentazione come veicolo per somministrare farmaci nella terapia di tumori e infezioni: la Fda, l’autorità di regolamentazione americana per i farmaci e gli alimenti, ne ha appena approvato la tecnica negli Stati Uniti, il che è motivo di grande orgoglio per un brevetto made in Italy. Nel nostro Paes,e però, il trattamento (il cui costo può arrivare a diverse migliaia di euro) è rimborsato dal Ssn soltanto in Veneto ed Emilia-Romagna.
Non di solo «grasso addominale frammentato» vivono le nuove frontiere della medicina riparativa e rigenerativa: dalla collaborazione tra l’Istituto di Bio Robotica della Scuola Sant’Anna di Pisa, e due aziende che producono dispositivi bio medicali (BAC Technology e Image Guided Therapy) è nata una terapia in via di sperimentazione basata sulla stimolazione ultrasonica; obiettivo, ottenere effetti antinfiammatori sui macrofagi, ossia cellule del sistema immunitario che agiscono come «spazzini» del nostro organismo e sono i primi ad attivarsi in caso di infezioni o traumi.
In questo ambito le applicazioni potrebbero essere potenzialmente sconfinate, perché controllare l’infiammazione è fondamentale in patologie come cancro, diabete, malattie cardiovascolari o neuropatie. Attualmente, per «spegnerla» vengono somministrati corticosteroidi o altri farmaci antinfiammatori, spesso però non risolutivi e con effetti collaterali pesanti. La tecnica Lipus, basata su ultrasuoni pulsati a bassa intensità (approvata dalla Fda per favorire la guarigione dalle fratture), potrebbe venire utilizzata anche nella rigenerazione dei tessuti molli. «Nel nostro studio» dice Francesco Iacoponi, allievo PhD dell’Istituto di BioRobotica e primo autore dello studio su Apl Bioengineering «abbiamo indagato i bioeffetti degli ultrasuoni pulsati a bassa intensità per capire come abbassare il più possibile l’infiammazione indotta su macrofagi». Ci sono, infine, le tecniche di medicina rigenerativa e riparativa basate sul PRP, ossia plasma ricco di piastrine, ottenuto prelevando sangue periferico poi centrifugato così da concentrare e separare le piastrine, che ha grande potenziale antinfiammatorio. Promette significativi passi avanti anche l’impiego di staminali mesenchinali (provenienti dal midollo osseo), in grado di produrre diversi tipi di cellule del tessuto scheletrico, come la cartilagine e le ossa, che possono così autorigenerarsi.
Infine, un’ottima notizia per i maschi: le applicazioni di queste tecniche sono già usate e abbastanza diffuse, nella terapia delle disfunzioni erettili. In questi casi si ottengono ottimi risultati associando le onde d’urto a bassa intensità e il plasma ricco di piastrine, che consentono (al contrario di altri trattamenti puramente palliativi) di ripristinare il naturale meccanismo di erezione, senza dolore né effetti collaterali.
