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Mattarella operato al cuore: a cosa serve il pacemaker e come funziona

Mattarella operato al cuore: a cosa serve il pacemaker e come funziona

Il Presidente della Repubblica ha subito un intervento per l’impianto di un pacemaker, una procedura di routine praticata in Italia con oltre 50.000 interventi annui

Il pacemaker che nella serata dal 15 aprile è stato impiantato al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è un dispositivo elettronico miniaturizzato, che aiuta nella regolazione del battito cardiaco.

Solitamente viene utilizzato quando il sistema elettrico che “governa” il funzionamento del nostro cuore presenta anomalie che possono rivelarsi rischiose: in questo caso il paziente può andare incontro, per esempio, a fenomeni di bradicardia, cioè il cuore che rallenta eccessivamente, o di interruzioni temporanee del battito. Quando si verifica un problema di questo tipo, il pacemaker si attiva, entra in funzione emettendo un piccolo impulso elettrico e permette così al muscolo cardiaco di ricominciare a funzionare correttamente.

l primo pacemaker della storia venne impiantato l’8 ottobre del 1958 a Stoccolma, da un chirurgo del celebre Karolinska Institute su un paziente che aveva solo poco più di 20 battiti al minuto, quando avrebbe dovuto averne tra i 60 e i 100: il dispositivo aveva solo due transistor ed era enorme, se paragonato a quelli di oggi -aveva le dimensioni di un dischetto da hockey mentre quelli utilizzati nei nostri ospedali sono poco più grandi di una monetina e contengono milioni di transistor- e smise di funzionare dopo solo poche ore. Ma aprì un’era: oggi si calcola che, solo in Italia, vengano impiantati tra i 50.000 e i 70.000 pacemaker all’anno.

Come avviene l’intervento

L’intervento per impiantare un pacemaker è di tipo micro-invasivo e solitamente dura non più di 60 minuti: il dispositivo si compone di una parte che viene posizionata sotto pelle, tramite una piccola incisione della cute nella zona del torace sotto la clavicola, e da una serie di elettrocateteri che vengono fatti avanzare attraverso una vena fino a raggiungere le camere interne del cuore. Ovviamente tutto avviene sotto guida radiologica. Gli elettrocateteri possono inviare piccole scariche elettriche al cuore in caso di anomalie del battito. Il pacemaker contiene anche tutta una serie di transistor che rendono il dispositivo capace di comunicare in tempo reale con l’esterno e con il centro cardiologico che ha effettuato l’intervento. I moderni pacemaker hanno una batteria che dura tra i 7 e i 10 anni: alla fine di questo periodo il device deve essere sostituito.

Il post-intervento e le complicazioni

Il paziente, in assenza di complicanze, può alzarsi, camminare e svolgere attività non pesanti dopo 24 o 48 ore, anche se sono da evitare movimenti bruschi e sforzi intensi, anche per evitare la comunque remota eventualità che gi elettrocateteri si spostino. Dopo circa un mese e mezzo è possibile tornare a tutte le attività che si svolgevano precedentemente, ivi compresa l’attività sportiva: ovviamente sempre dopo consulto con i cardiologi.

Possono verificarsi rare complicazioni, in una percentuale che si attesta intorno a meno dell’1% dei casi. Queste vanno dall’infezione del sito operatorio di impianto (problema che può richiedere la rimozione del dispositivo)    alla dislocazione degli elettrocateteri a causa dei fili che in alcuni casi possono spostarsi e quindi richiedere un piccolo intervento correttivo, fino alle reazioni allergiche legate all’anestesia.

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