Gli strascichi della malattia, anche dopo la guarigione, sono considerati una patologia a tutti gli effetti. E si moltiplicano gli studi per inquadrarli. Come le cliniche che offrono un supporto. Gratis e non.
È una coda di sintomi subdoli. Colpisce chi ha superato il coronavirus ma non lo fa guarire del tutto. Si chiama «long Covid», e oggi è ufficialmente riconosciuta come patologia, anche se ancora misteriosa. «Il long Covid è una condizione clinica caratterizzata dal mancato ritorno da parte del paziente allo stato di salute precedente l’infezione acuta», recita il rapporto numero 15 dell’Istituto superiore di sanità divulgato in luglio, «una condizione che è stata recentemente identificata e pertanto la conoscenza in ambito medico è ancora largamente incompleta e in rapida evoluzione». Di certo si sa che i danni all’organismo sono molteplici e imprevedibili, e che possono continuare ad assillare per mesi se non addirittura a vita i «negativizzati» al virus.
«Non esiste ancora una cura e certamente non c’è un protocollo di terapia farmacologica. Anche perché sono sintomi soggettivi, con pazienti che avvertono sensazioni non misurabili, come la stanchezza, che è il più comune dei problemi riscontrati» dice a Panorama Marco Falcone, professore associato di Malattie infettive all’Università di Pisa, infettivologo all’Azienda ospedaliera universitaria pisana, presidente del Gruppo europeo sullo studio delle infezioni nell’anziano e membro del consiglio direttivo della Società italiana malattie infettive e tropicali. «Si tratta di un senso di spossatezza che si accompagna talvolta a stati di ansia, depressione e “brain fog”, mente annebbiata, ovvero perdita delle capacità di concentrazione, o di essere spigliati e veloci come prima. Un effetto che impatta sulla qualità della vita e sull’attività lavorativa delle persone. Esemplare ciò che abbiamo visto accadere a Lewis Hamilton, giovane e in formissima, eppure…».
Il riferimento è al pilota di Formula 1 che dopo il Gran Premio di Ungheria del 1° agosto ha faticato a salire sul podio. «Ho avuto forti vertigini e mi si è annebbiata la vista» spiegherà il campione 36enne infettato in dicembre e poi guarito. «Per tutto l’anno ho lottato per restare in salute dopo la mia positività al virus e continuo a farlo anche oggi. Non ne ho parlato con nessuno, ma penso che gli effetti del Covid possano essere persistenti». E lo sono, persistenti e anche molto diversi tra loro. Gusto e olfatto, che com’è noto si possono perdere con l’infezione, non tornano automaticamente. E poi ci sono problemi vascolari, cardiaci, respiratori, renali. O dolori muscolari diffusi, come ha recentemente raccontato Orietta Berti, altra involontaria «testimonial» del long Covid: «Ho dolori fortissimi alla schiena con fitte che arrivano all’improvviso e mi devo sedere. I medici mi hanno spiegato che sono le conseguenze del Covid contratto in dicembre».
Sdoganata la sua esistenza, gli studi scientifici sul fenomeno si moltiplicano. Solo nelle ultime settimane hanno rivelato che il long Covid: interessa circa il 10% di chi contrae il virus e un quarto delle persone che hanno sviluppato la malattia in forma più seria; ne soffrono più le donne degli uomini e coinvolge solo il 5 per cento dei bambini; manifestando più di cinque sintomi anche lievi nella prima settimana di infezione, vi sono maggiori probabilità di un decorso lungo fino a 8 mesi; dopo la guarigione si possono perdere la memoria e fino a 7 punti di quoziente intellettivo; tra i vaccinati il rischio di long Covid si dimezza; l’elenco dei sintomi arriva a 200, comprendendo cefalea, ipertensione, allucinazioni, diarrea, palpitazioni, acufene, tremori, sensibilità ai rumori e alla luce.
«La novità del 2020 è stato il Covid, la novità del 2021 è il long Covid» commenta Fernando Lunédi, medico responsabile dell’ambulatorio integrato post- Covid «Città Bianca» (gruppo sanitario Ini) di Veroli, vicino a Frosinone. «Siamo stati il terzo centro del Lazio per numero di ricoveri di pazienti acuti e per forza di cose li abbiamo continuati a seguire» spiega, testimoniando: «Temo che il problema sia sottostimato perché, in fondo, considerato di natura psicosomatica. Ma la realtà clinica è ben più complessa di così…». Al punto da toccare un tema delicatissimo: «Cominciamo a vedere l’esistenza di sindromi post vaccinali. Arrivano in ambulatorio persone che non hanno avuto il Covid ma che riferiscono sintomi riconoscibili in un long Covid sfumato, più breve, non meno insidioso e straniante. In fondo siamo di fronte a vaccini sperimentali che dobbiamo ancora comprendere… È un dato su cui stiamo ragionando, ne parlo a bassa voce perché preferiamo attendere le definizioni dalla letteratura scientifica».
Per seguire gli ex malati negli ambulatori «long Covid», «post Covid» o «follow-up» che quasi ogni giorno si aprono negli ospedali italiani, il governo ha stanziato 58 milioni di fondi (in tre anni) nel decreto legge «Sostegni bis», approvato a fine maggio, stabilendo un protocollo nazionale di monitoraggio che prevede, senza oneri a carico dell’assistito, l’esecuzione di prestazioni di specialistica ambulatoriale. Ma il fenomeno è così esteso che la copertura di questi servizi garantiti dallo Stato potrebbe non bastare. Le liste di attesa sono sempre più nutrite e i tempi lunghissimi (in alcuni ospedali si sfiorano i sei mesi). Di conseguenza si moltiplicano le cliniche private che coprono questo servizio in convenzione con il Sistema sanitario nazionale (come il citato ambulatorio Città Bianca di Veroli) o che svolgono questo ruolo più celermente se ci si presenta da «solventi» o con coperture assicurative.
Nel caso di Veroli si pagano circa 90 euro per la prima visita e circa 50 per quelle di controllo, ma tra decine di altri centri di cura che si sono attrezzati per l’occasione, i prezzi sono i più disparati. Per fare due esempi, alla clinica Sanatrix di Roma il pacchetto di check up post Covid costa 580 euro, al Centro diagnostico italiano (Cdi) di Milano, costa 1.650 euro e comprende visita con internista e una serie di esami come spirometria, pneumologia, ecografia addominale completa, psicologo, eccetera. Tutto in giornata, colazione, pranzo e parcheggio inclusi. Ma vale anche la pena citare il caso del Klinik Wald, ex sanatorio sulle Alpi svizzere oggi aperto come centro post Covid a circa 16.000 euro al mese. Come ai tempi della tubercolosi, anzi di più.
