L’appuntamento con Paolo, papà di Marco Simoncelli, il pilota 24enne che ha perso la vita il 23 ottobre sul circuito di Sepang, penultima tappa del Mondiale 2011 della MotoGP, è fissato per venerdì 14 settembre a Riccione, alla Fondazione Marco Simoncelli Onlus (www.marcosimoncellifondazione.it ). Il weekend, però, non è come tutti gli altri: al Misano World Circuit – che da giugno porta il nome del rider scomparso undici mesi fa – sono iniziate le prove per la gara di casa del “Sic”, originario di Coriano, una manciata di chilometri dalla pista romagnola. «Abbiamo ricevuto delle di visite e non riesco a liberarmi: possiamo rimandare la chiacchierata dopo la presentazione del libro, al circuito?» mi chiede Simoncelli. Così accade: al termine dell’incontro con la stampa, nel quale papà Paolo e mamma Rossella raccontano Il nostro Sic (Rizzoli, pp. 360, 19€), il volume firmato da loro e curato dal giornalista Paolo Beltramo che raccoglie tanti episodi e foto del figlio, Paolo Simoncelli ricorda Marco e parla dei progetti nati in sua memoria.
Cominciamo dal libro: perché l’avete scritto?
Abbiamo creduto che fosse il modo migliore per ricambiare l’affetto incredibile che abbiamo ricevuto in questi mesi. In un primo momento, Rossella era perplessa, perché è un po’ gelosa delle “cose” di Marco, in particolare di quando era piccolo, ma con Paolo (Beltramo, ndr) è stato facile lasciarsi andare anche per lei: le pagine sono il frutto delle nostre belle chiacchierate tra amici, come ne abbiamo fatte tante, ed è stata molto contenta del risultato.
Le foto e gli aneddoti del “Sic” bambino sono molti: com’era da ragazzino?
Eccezionale. Provava qualsiasi cosa e ne combinava di tutti i colori ma era buono, non faceva nulla con cattiveria. Non stava fermo un attimo, con o senza la sua adorata bicicletta, e non c’era albero intorno a casa su cui non è salito; sull’argine del fiume aveva costruito una capanna degli indiani e, ovviamente, è finito in acqua più di una volta.
Poi ha scoperto le moto: merito suo?
Ho sempre amato le due ruote; me ne sono potuto permettere una tardi per la miseria nera che c’era. Guidavo soltanto su strada ma non mi perdevo un Gran Premio e sicuramente Marco ha ereditato da me e da mamma Rossella questa passione: insieme, l’abbiamo portato a provare le minimoto, invece di iscriverlo a scuola di musica. E ci abbiamo azzeccato: si divertiva e, in più, era dotato.
Lei è stato presente dalla prima all’ultima gara di suo figlio: ne ricorda una in particolare?
Nessuna: le ho presenti tutte nei dettagli. “Il mio babbo è l’unico che ha visto tutte le mie gare” ha detto lui una volta: è vero, non ci avevo mai pensato. È un record davvero speciale per me e le sue parole mi hanno riempito di gioia. Ora che c’è il libro a raccogliere quei momenti, mi sembra di essere lì.
Oltre al volume, a tenere vivo per sempre la memoria di Marco c’è anche il circuito di Misano Adriatico che da qualche mese si chiama “Marco Simoncelli”.
Siamo stati felicissimi della dedica. È stata un’iniziativa a dir poco eccezionale: la procedura per intitolare un luogo pubblico richiede dieci anni e la rapidità con cui si sono svolte le pratiche testimonia i sentimenti straordinari che Marco ha suscitato.
Negli appassionati di moto e non solo: gli eventi a lui dedicati si moltiplicano. Il prossimo, il 29 settembre, si svolgerà Io a Roma… Diobò, il primo organizzato nella Capitale.
Non è opera nostra, come tante altre manifestazioni: è incredibile quanto si stiano dando da fare così tante persone per Marco. L’amore nei suoi confronti ci colpisce molto e ci riempie di gioia: questo ragazzo mi sorprende ogni giorno per come sia riuscito a entrare nel cuore. Purtroppo, non credo di riuscire a partire per Roma: in Fondazione, riceviamo di continuo inviti ma è impossibile partecipare a tutti, dovremmo essere sempre con la valigia in mano.
A proposito della Fondazione: come procede l’attività?
Benissimo; gli iscritti hanno superato i 4mila e, grazie alle donazioni, abbiamo già costruito un ospedale ai confini tra Haiti e la Repubblica Dominicana. Ora c’è in programma un Centro per disabili a Coriano: costerà 1 milione e 300 mila euro e siamo euforici del progetto, perché lo realizzeremo qui e le persone potranno toccare con mano: vedere da vicino permette di capire l’impegno profuso. Chi passerà dal Centro, avrà la dimostrazione di ciò che abbiamo realizzato nel nome di Marco.
Anche i ricavi delle vendite del libro saranno destinati alla Onlus?
No, saranno un regalo speciale per la nostra famiglia, per Rossella in particolare che, come me e Kate (la fidanzata di Marco, ndr), tra telefonate, email, tessere da preparare e inviare, in Fondazione lavora da mattina a sera, sette giorni su sette, senza percepire un centesimo.
Ha detto prima del grande affetto che avete ricevuto: tra i piloti, l’ha sorpresa qualcuno in particolare?
Tutti hanno dimostrato la loro vicinanza, ma in Álvaro Bautista e Daniel Pedrosa, che sono venuti a trovarci subito dopo l’incidente, ho sentito forte il dolore di due ragazzi disperati. Forse è perché sono quelli che hanno fatto incavolare di più Marco da vivo (sorride, ndr).
Oggi è passato in circuito per la presentazione: domenica tornerà per vedere il GP?
No, dall’incidente non sono ancora riuscito a vederne uno. Nemmeno in Tv.