Junior Cally: il problema non sono i testi, ma che sia un "big" di Sanremo 2020
Il rapper di Focene, che porterà in gara il brano "No, grazie", è quanto di più lontano dal pubblico adulto e generalista del festival della canzone italiana
Tolti gli under 18 e i genitori di figli adolescenti che (realisticamente) ascoltano rap italiano, quanto di voi hanno sentito parlare di Junior Cally fino a una settimana fa?
Se volete divertirvi a fare un esperimento di sociologia spiccia, potete recarvi in un mercato e chiedete a 100 persone di nominarvi il titolo di una sola canzone di Junior Cally, il rapper mascherato, al secolo Antonio Signore, 29 anni, di Focene (litorale di Roma), che sta dividendo in due l'Italia riguardo alla legittimità o meno della sua partecipazione tra i 24 big di Sanremo 2020.
Dopo il preascolto del suo brano No, grazie, si sono sprecate le lodi della stampa specialistica per il suo coraggioso J'accuse bipartisanall'attuale classe politica, nella quale attacca, in un colpo solo, i due Mattei, Salvini e Renzi: «Spero si capisca che odio il razzista che pensa al Paese ma è meglio il mojito e pure il liberista di centro sinistra che perde partite e rifonda il partito».
Bene, bravo, bis.
Una manciata di giorni dopo, però, è arrivato il contrordine da parte di quelle stesse donne che avevano accusato di sessismo Amadeus, professionista cortese, educato e per nulla fallocrate, come più volte confermato da sua moglie Giovanna, reo di aver detto una frase certamente poco felice (in conferenza stampa aveva improvvidamente affermato di aver scelto Sofia Novello "perché è la bellissima fidanzata di Valentino Rossi e perché ha la capacità di stare accanto a un grande uomo rimanendo un passo indietro").
Al centro della polemica, da anni il sale di una manifestazione in cui troppo spesso le canzoni non sono altro che un insipido contorno, sono finite le rime (quelle sì, davvero sessiste) del rapper Junior Cally.
Vi riportiamo qui alcune citazione dei suoi brani, a scopo puramente informativo.
«Si chiama Gioia ma beve e poi ingoia balla mezza nuda e dopo te la dà».
«Sta cavalla di scena è tr**a, la galoppo».
«Questa non sa cosa dice. Porca tro*a, quanto ca**o chiacchera? L'ho ammazzata, le ho strappato la borsa. C'ho rivestito la maschera».
«Mentre guido lei mi spo***na».
«State buoni, a queste donne alzo minigonne».
«Me la chi*vo di brutto mentre legge Nietzche».
«Ci scopi*mo Giusy Ferreri ».
«lo sai che fotti*mo Greta Menchi».
«lo sai voglio fott*re con la Canalis».
«Queste put**ne con le Lelly Kelly non sanno che fott*no con Junior Cally».
Frasi esplicite, prive di ironia e di distanza, anche se spesso paradossali, che non hanno bisogno di ulteriori commenti.
Apriti cielo.
Ventinove deputate, di tutti gli schieramenti, tra cui Boldrini e Madia (Pd), Muroni (Leu), Vita Martinciglio (M5S), Giannone (Misto), Baldini (Fratelli D'Italia), Lisa Noja (Italia Viva), hanno firmato una lettera, indirizzata alla commissione di vigilanza sulla Rai, all'ad Salini, al cda di viale Mazzini e all'Usigrai, in cui chiedono ad Amedeus di scusarsi, lamentando "la presenza del rapper per ragazzini Junior Cally, i cui testi - come già evidenziato alla Rai da molte associazioni di donne - sono pieni di violenza, sessismo e misoginia", chiedendo al servizio pubblico radiotelevisivo di riaffermare il suo impegno "nella lotta alla violenza, alle discriminazioni e ai pregiudizi di genere".
Marcello Foa, presidente Rai, ha tuonato: «Scelte come quella di Junior Cally sono eticamente inaccettabili per la stragrande maggioranza degli italiani. Il Festival, tanto più in occasione del suo 70esimo anniversario, deve rappresentare un momento di condivisione di valori, di sano svago e di unione nazionale, nel rispetto del mandato di servizio pubblico».
Lucia Borgonzoni, candidata alla presidenza dell'Emilia Romagna, ha dichiarato senza mezzi termini: «Junior Cally sul palco di Sanremo è disgustoso. Uno che incita al femminicidio, allo stupro, alla violenza non può esibirsi tra i big del festival nazionalpopolare più famoso del Paese davanti a un pubblico di famiglie, giovani e bambini. È indegno».
Il management di Junior Cally ha provato, in un comunicato, a mettere un argine al fiume in piena delle polemiche: «Precisiamo che la posizione dell'artista è contro il sessismo, i passi avanti o indietro, e ovviamente – sembra banale dirlo, ma non lo è – contro la violenza sulle donne. Raccontare la realtà attraverso la fiction è la grammatica del rap. E non solo del rap: la storia della musica ha tantissimi esempi di racconto del mondo attraverso immagini esplicite, esagerate e spesso allegoriche».
Come sempre accade, nel paese dei Guelfi e dei Ghibellini (o, se preferite, dei Montecchi e dei Capuleti), è iniziata una fitta lotta, a colpi di tweet e di post, tra innocentisti e colpevolisti, come "due secoli l'un contro l'altro armati"(ci perdoni Manzoni per averlo scomodato in un articolo su Sanremo).
I primi, chiamiamoli i "progressisti" o "libertari", sostengono, in nome del dogma invero un po' logoro del "vietato vietare", che l'arte è e deve rimanere libera, che esistono decine di esempi di artisti italiani (Guccini, Pietrangeli, Endrigo, De Angelis, Gaber, Nomadi) e stranieri (Young, Hendrix, Zappa, Brassens, N.W.A, Eminem) che hanno eseguito canzoni che potrebbero incitare alla violenza, che la censura è sempre una cosa reazionaria e sbagliata.
Dall'altro lato, i "conservatori" o i "borghesi" (sia di destra che di sinistra, e qui forse è la novità socio-culturale più interessante), sostengono che sia inappropriata la partecipazione di un artista come Junior Cally a una manifestazione nazionalpopolare, trasmessa in prima serata e finanziata con i soldi del canone, come Sanremo.
A noi, francamente, non interessa qui schierarci per l'una o per l'altra posizione, ma guardare la cosa da una prospettiva diversa.
Chi scrive, ascolta musica rap dal 1986 (da Walk this way dei Run D.M.C con gli Aerosmith, per la precisione), per cui non ci stupiscono nemmeno un po' i testi di Junior Cally, che pesca a piene mani da un filone consolidato di maschilismo, machismo e (spesso) omofobia, tretopoidel gangsta rap di fine anni Ottanta-inizio anni Novanta, poi fatti propri anche in periodi più recenti dalla trap (dove, però, troviamo anche alcuni artisti esplicitamente gay, come Lil Nas X), oltre che dalla fascinazione per i brand del lusso e dalla mistica del riscatto dell'uomo della strada, che è riuscito ad affrancarsi dal ghetto.
Anche la maschera di Cally non è certo un'idea innovativa, basti pensare al rapper angloamericano MF DOOM, per non parlare del medium dell'alter ego, di cui Eminem è indiscusso maestro fin da The Slim Shady LP del 1999, affidando alla sua "ombra" le rime più violente e sboccate (si pensi a Kill You ea Guilty Conscience).
Il problema vero è la qualità e l'opportunità della proposta musicale, in un contesto come quello di Sanremo.
Caro Amadeus, davvero No,grazie era una canzone artisticamente imprescindibile per il festival più orgogliosamente nazionalpopolare della televisione pubblica italiana, nella sua 70esima edizione, quello che, nel bene e nel male, rappresenta lo Zeitgeist della società italiana?
Sei così convinto che, in questo modo, un numero molto superiore di adolescenti rinunceranno, per cinque sere, all'amata Playstation e a Netflix per guardare 4 ore di diretta televisiva, infarcita di ospitate e di sponsor, in attesa di vedere per 5 minuti il proprio beniamino mascherato, che combatte a colpi di rime la società dei vecchi parrucconi moralisti?
Era davvero indispensabile, per fare leva sulle polemiche certe per il testo apertamente politico della canzone, rinunciare a una canzone di Marcella Bella, Gerardina Trovato, Lisa, Paolo Vallesi, Stash, Irama, Bianca Atzei, Fred De Palma, Michele Bravi, Lorenzo Fragola, Chiara Galiazzo, Noemi, Rocco Hunt, Giusy Ferreri e Giovanni Caccamo (e di tanti altri, che vogliono rimanere anonimi) per fare spazio ad un artista decisamente meno conosciuto di molti dei nomi che sono stati esclusi?
Quando Vasco Rossi e Zucchero hanno partecipato a Sanremo, ad esempio, avevano già inciso canzoni di un certo rilievo (una su tutte, Albachiara).
Non bastavano, per coprire la sacrosanta "quota rap" dei big, due talenti delle barre come Anastasio e Rancore, che hanno qualità di scrittura tali da piacere anche a chi ha superato gli "anta"?
Non era sufficiente, per essere "moderni", "contemporanei" e "up-to-date", la presenza di Pinguini Tattici Nucleari (che hanno un seguito tale da fare due sold out al Forum di Assago), Achille Lauro e di Elettra Lamborghini?
Sgomberiamo qui il campo da un'ipocrisia che viene ripetuta talmente spesso, come un mantra, da essere ritenuta come assodata: a Sanremo non viene scelta la canzone, ma l'interprete di una canzone.
Interprete che ha dietro un'etichetta più o meno forte, un ufficio stampa, più o meno forte, che può funzionare o meno in televisione, che ha davanti a sé interessanti prospettive di carriera e magari un tour nei palazzetti da promuovere.
Sanremo 2020, in definitiva, non poteva davvero fare a meno di Junior Cally, il cui stile, i cui testi espliciti e la cui musica sono lontani anni luce dal pubblico adulto, generalista e probabilmente refrattario alla trap di RaiUno?
Ai posteri (e ad Amadeus) l'ardua sentenza.