Veloce come... un sorriso
Sulla tuta e sull'auto Michela Cerruti ha il logo di Operation Smile: una scelta di solidarietà che è anche uno stimolo a dare il meglio
Ogni pilota ha le sue ragioni per correre in macchina, e girando per i paddock di tutto il mondo ho avuto l'occasione di scoprirne di diverso tipo. C'è chi corre per passione e chi perché non può farne a meno; c'è chi corre per soldi e chi semplicemente per scappare di casa durante il weekend o perché - gareggiando - ha l'occasione di viaggiare. Io probabilmente potrei sposare tutte le ragioni precedentemente elencate, e ne avrei anche altre. Ma ce n'è soprattutto una che mi preme raccontarvi: io corro per Operation Smile da quando, due anni fa, ho incontrato Alessandra Corrias, direttrice della Fondazione, che mi ha chiesto di diventare una loro testimonial.
I volontari di Operation Smile vanno in giro per il mondo a operare bambini (e non solo) affetti da particolari malformazioni fisiche, in particolare dalla labio-palato-schisi, più comunemente conosciuta come "labbro leporino". I bambini affetti da questa malformazione non possono mangiare né respirare bene, e per questo troppo spesso vanno incontro a una morte prematura. In Italia, nell'Europa occidentale, questo problema viene il più delle volte risolto in maniera tempestiva subito dopo la nascita (ecco perché è difficile incontrare persone che ne sono affette), ma nei Paesi meno fortunati, meno evoluti dal punto di vista medico-sanitario, non ci sono né le strutture né il personale competente per intervenire.
Tutto è allora affidato a Operation Smile, che porta volontari medici, infermieri, chirurghi e strumentazioni necessarie all'intervento, oltre a informare e formare il personale locale in modo da renderlo in futuro autonomo nella pratica delle cure. Ed è tutto vero: posso assicurarvelo perchél'ho visto con i miei occhi. Sono partita da Spa-Francorchamps subito dopo una gara di Formula 3, con il casco sotto braccio, e sono andata ad Amman, in Giordania, insieme ad Alessandra Corrias e ad altri ragazzi meravigliosamente impegnati in questo progetto. Quello che ho visto è difficile da descrivere: arrivatain ospedale, è iniziato per me un viaggio di gesti, sorrisi, tentativi di conforto nei confronti di mamme o nonne con lo sguardo tipico di chi soffre. Uno sguardo perso, pieno di ansia, mentre tenevano tra le braccia le loro piccole creature che, se facevo loro il solletico, nonostante tutto sorridevano.Poi ho assistito a un'operazione: un miracolo, che in meno di un'ora cambia davvero una vita. Vedere i bimbi con la loro boccuccia nuova è qualcosa che non si può dimenticare.
Così, dopo quell'esperienza, ho attaccato il logo di Operation Smile sulla tuta e sulla macchina e mi porto in giro per il mondo il loro messaggio. Corro anche per loro. E lo faccio anche quando non sono in pista:è stato infatti creato un bellissimo ciondolo per aiutare la raccolta fondi e così ora, anche se non indosso la tuta e non sono al volante della mia macchina da corsa, lo esibisco fieramente al collo aspettando solo che qualcuno mi chieda che cosa significhi!