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Lyda Patitucci: «So come farvi paura»

Lyda Patitucci: «So come farvi paura»

Qualcuno l’ha già soprannominata «la Kathryn Bigelow italiana» per la sua capacità di creare suspense. La giovane regista ha girato la serie thriller Curon, su Netflix (diventata un cult). Ora sta lavorando a un film su una cacciatrice di taglie nel delta del Po.


Se fosse nata a Roma e non a Ferrara, sarebbe per tutti la «Kathryn Bigelow de noantri». «Però mi accontento della Kathryn Bigelow made in Italy, come peraltro mi chiama per scherzo la mia più cara amica». Sta al gioco la regista Lyda Patitucci, 38 anni. Non perché la sua collega americana sia l’unica donna ad aver mai vinto un Oscar per la regia, quanto perché tutta la sua carriera è costellata di film di genere, con molta azione e protagonisti surfisti, vampiri, sommergibilisti, disinnescatori di bombe, poliziotte e agenti della Cia, come dire «roba da maschi, non certo da femmine». E anche Lyda si è costruita, un po’ per volta, un carattere da action woman, un personaggio unico nel panorama del nostro cinema. Ufficialmente è un’esordiente, visto che firma per la prima volta gli episodi 5, 6 e 7 della prima stagione della serie Curon, già in onda su Netflix, dando il cambio a Fabio Mollo che ha diretto le prime quattro puntate. Ma, come scopriremo a breve, è una veterana che ha lavorato alla sua specificità con fantasia e coraggio. Curon è balzato in testa agli indici di ascolto italiani di Netflix, soffiando il posto alla terza stagione di quello che è un autentico blockbuster: 13. È la terza serie di Netflix, prodotta e girata in Italia, dopo Baby e Luna nera. Racconta lo strano, ma vero, destino dell’omonimo paese tra le montagne della Val Venosta, Alto Adige, che a causa della costruzione di una diga, 70 anni fa, fu sepolto dalle acque del lago di Resia, da cui emerge solo il campanile del XIV secolo, suscitando una quantità di leggende metropolitane e maledizioni. Un mix perfetto di fantasy, thriller soprannaturale e horror, i generi preferiti da Lyda.

Finalmente regista. Come ci si sente?

Non vorrei sembrare presuntuosa, ma mi ci sentivo anche prima.

Racconti.

Dopo il liceo classico e il Dams a Bologna, ho fatto una gavetta importante a Barcellona dove la Filmfax aveva creato la Fantastic Factory, cinema di genere e horror in tutte la sue variazioni, incluso lo splatter piu estremo. Sono tornata poi in Italia per fare un film tratto dalle storie distopiche della tostissima bounty hunter Mila Zago, protagonista di tre romanzi e di una graphic novel scritti dal padovano Matteo Strukul, editi da E/O. Ho cominciato con un «teaser» di due minuti, girato sul Po con attori veri, e ho cercato qualche produttore a cui interessasse. Non sono ancora riuscita a farlo, ma ho trovato altro lavoro e buoni compagni di viaggio. Sono diventata la collaboratrice del regista Matteo Rovere per le scene d’azione, in due film che ha girato (Veloce come il vento e il Primo re), e in altri due che ha prodotto, Smetto quando voglio – Master class e Il campione. Ho fatto di tutto, adrenaliche corse in auto, duelli di arti marziali nel fango, partite di calcio, perfino un assalto al treno, un mix fra James Bond e The Lone Ranger.

Come è stata accolta sui set?

Io sono piccola e minuta, penso fosse buffo vedere gli omaccioni della troupe prendere ordini da me, ma alla fine il cinema è il vero esempio della collaborazione. E il mio ruolo di responsabile, specializzata in scene d’azione disegnate con storyboard e previsualizzate al computer, prima di essere coreografate e girate, non l’ho certo improvvisato.

Un’altra regista da emulare?

Tante: l’iraniana Ana Lily Amirpur, l’australiana Jennifer Kent e la francese Coralie Fargeat che ha diretto il sanguinario Revenge. E poi l’americana Debra Granik. Sono donne che non si sono fermate davanti ai limiti, che sono uscite dalla gabbie preconfezionate.

A chi deve la sua cultura cinematografica?

La mia famiglia non ha niente a che vedere col cinema ma si è sempre interessata di pittura, musica, teatro, perfino cucina, che mia madre, nata archeologa, ha scelto a un certo punto per pura passione. Il mantra era: «Niente divieti e censure; fai quello che vuoi e non quello che ti dicono di fare». Sono cresciuta osando: l’unico stupore che provo è quello degli altri di fronte alla mia storia.

Dovesse scegliere un regista uomo a cui somigliare?

John Carpenter, il regista di Distretto 13, Halloween, Fuga da New York. Un genio. Ma anche molti italiani: Lucio Fulci, Mario Bava, Pupi Avati autore di horror raffinatissimi. È un genere colto e importante, come ha dimostrato il remake di Suspiria di Luca Guadagnino, ispirato al film di Dario Argento.

Cosa le è piaciuto di Curon?

Quando ho letto la sceneggiatura mi è venuta voglia di vivere in quel mondo.

Come vede il suo futuro?

Spero insieme alla bounty hunter Mila Zago… Ma di sicuro, continuando a sognare.

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