Thuram: "Italia non ti fermare nella lotta al razzismo"
L'ex difensore di Juve e Parma si racconta a 360°, partendo dal suo nuovo libro per arrivare a Mario Balotelli e alla chiusura delle curve - Ancora cori
"Chi è razzista è debole, fa violenza gratuita. Lo stadio è lo specchio della società che viviamo ma tutti noi dobbiamo combattere. Per il bene dei nostri bambini e dello sport che amiamo di più". Inizia così il mio incontro con Lilian Thuram, difensore della Francia campione del mondo 1998, dieci anni da calciatore in Italia tra Parma e Juventus e un impegno sociale sempre più forte. In Italia per presentare il suo libro "Le mie stelle nere" l'ex nazionale francese porta avanti il suo progetto iniziato con la nascita della fondazione Thuram per "l'educazione contro il razzismo". Fu lui nel 2005 a prendere posizione contro l'allora ministro Sarkozy, all'epoca capo del partito politico conservatore UMP, per gli scontri con i giovani durante i disordini parigini. Oggi ha scritto un libro che andrebbe letto nelle scuole, manuale pratico dell'intelligenza che fin dalla sua descrizione colpisce per forza e chiarezza:
"Durante l'infanzia mi hanno indicato molte stelle. Le ho ammirate, le ho sognate: Socrate, Baudelaire, Einstein, Marie Curie, il generale De Gaulle, Madre Teresa... Ma nessuno mi ha mai parlato delle stelle nere. I muri della mia classe erano bianchi, erano bianche le pagine dei libri di storia. Non sapevo nulla dei miei antenati. Soltanto la schiavitù veniva citata. Presentata in quel modo, la storia dei neri non era altro che una valle di armi e di lacrime. Questi ritratti di donne e uomini sono il frutto delle mie letture e conversazioni con alcuni storici e studiosi. Perché il modo migliore per combattere il razzismo e l'intolleranza è arricchire le nostre conoscenze e il nostro immaginario. Da Lucy a Barack Obama, passando per Esopo, Dona Beatriz, Puskin, Anna Zingha, Aimé Césaire, Martin Luther King e molti altri: stelle che mi hanno permesso di evitare la vittimizzazione, di credere nell'Uomo e soprattutto di avere fiducia in me stesso."
Lilian ha lo stesso sguardo intellettuale dei tempi da calciatore. Occhialino da vista, gilet e cappello, italiano perfetto. Ci vediamo intorno alle cinque del pomeriggio dopo il suo incontro con la gente al Palazzo Ducale di Genova. La prima domanda la fa lui. "Che ore sono?". "Le cinque, quasi...". "Devo chiamare mio figlio, a quest'ora avrà finito la sua partita. "E' un nuovo fenomeno?" gli chiedo. Lilian storce la bocca e alza le mani in un equivocabile gesto delle mani che con Francia e Guadalupa centra poco, perfetta mimica da penisola: "Macchè..."
Hai sentito parlare delle polemiche per la discriminazione territoriale?
Si ma fa un po' ridere tutta questa cosa.
Perché?
Di cosa stiamo parlando? Se stiamo parlando di razzismo, di discriminazione per la pelle o per la provenienza, il punto principale resta uno. Stiamo parlando di offese, di insulti. E nessuno può difendere o spiegare la natura degli insulti. Sono sicuro che anche i signori che fanno i cori hanno o avranno dei figli. E sono sicuro che se i loro figli insulteranno qualcuno loro, da genitori, saranno i primi a riprenderli. Quindi che senso ha fare distinzione tra un'offesa e un'altra? Gli insulti vanno cancellati e basta.
In Francia esistono questi cori territoriali?
In Francia si offendono le squadre e le città, non le persone che ci vivono. Per esempio tra Psg e Olympique Marsiglia la cosa è molto sentita, ma nessuno fa cori sugli abitanti e sulle etnie...
Credi che sia giusto quindi chiudere gli stadi per i cori?
Si, qualcosa bisogna fare e anche alla svelta. Non si può stare a guardare.
Ma rischia di pagare anche chi non c'entra nulla con i cori.
Ho capito ma allora cosa facciamo? Se in un'aula un bambino disturba e fa casino l'insegnante cosa fa? Sospende la lezione oppure continua a spiegare nonostante il rumore? Non credo che vada avanti, la lezione viene sospesa. In modo da far capire il problema. L'Italia non può permettersi di lasciar perdere l'argomento, sarebbe come darla vinta a chi fa questi cori. E' una lotta dura ma va combattuta con decisione.
Tu due italiani li hai in famiglia.
Si, i miei due figli. Soprattutto il primo che in Italia ha vissuto dieci anni e parla perfettamente italiano.
E' rimasto qualcosa di italiano in loro?
Qualcosa? Con mio figlio spesso parlo italiano al telefono. A volte muove le mani come gli italiani, qui abbiamo ancora tantissimi legami. Io mi sento italiano, amo questo paese. Amo la gente, amo il rumore nei ristoranti, il brusio e l'entusiasmo di vivere che in Francia si trova con più fatica. Ogni volta che torno qui l'idea di parlare questa lingua mi fa stare bene. Poco tempo fa ero all'aeroporto di Roma e una signora italiana mi ha chiesto un'informazione in inglese. Io le ho detto: "perché non mi parla italiano?".
Un esempio perfetto per veicolare il tuo messaggio e la tua lotta sarebbe Mario Balotelli. Un italiano dalla pelle nera che però spesso è troppo esposto ai media...
Mario è un bel personaggio e un grande giocatore di calcio. Tutta la lotta al razzismo e alle diversità deve partire dall'educazione ai bambini e in questo lavoro è fondamentale il ruolo degli idoli. Mario fa notizia quindi la stampa ci ricama sopra, lo stressa, lo mette in difficoltà. E spesso lui è insofferente verso i media, una cosa comprensibile. Ad ogni modo sono convinto che sia un bel personaggio per il calcio mondiale e che il suo essere un italiano dalla pelle nera possa anche aiutare i bambini ad avere un idolo come lui e quindi ad eliminare ulteriormente ogni possibile tipo di pregiudizio e pensiero razzista.
E il calcio giocato lo segui sempre?
Poco, molto poco...
Come mai?
A me non piaceva il mondo calcio. A me piaceva giocare e basta. Quando mi chiedono commenti su questo o quest'altro giocatore non so cosa rispondere, io non guardo le partite. A me piaceva il pallone, il campo, gli spogliatoi...
Gli odori...
No, te sei pazzo. Gli odori proprio no...
Intendevo il clima dello spogliatoio!
Si, quello si, di sicuro non gli odori.
Quindi non puoi dirci chi secondo te vincerà la serie A?
Non so neanche i moduli delle squadre...
E ogni tanto giochi ancora?
Mi piace giocare ma lo faccio molto poco. Qualche tempo fa sono stato a Parma per il centenario del club, è stata un'emozione unica e mi sono divertito molto. Ogni tanto capita di partecipare a qualche partita benefica o celebrativa ma adesso sto concentrando la mia vita sulla lotta al razzismo e sto ottenendo grandi soddisfazioni. Tanti ragazzi sono venuti da me anche in lacrime, ringraziandomi per il libro e per avergli fatto accettare di più una condizione che spesso diventa insostenibile per tanti giovani. Bisogna far capire alla gente che il razzismo è una costruzione culturale, storica, che non c’è niente di naturale. La gerarchia tra gli uomini è un’imposizione storica, la più antica è quella tra uomo e donna, perché la società di fa credere che tu uomo sei superiore alla donna. Poi c’è quella tra bianchi e neri, dove ancora una volta si crede erroneamente che il bianco sia superiore. Non si tratta di fare le vittime o cercare i colpevoli, è solo una questione di conoscenza dei fatti, delle costruzioni intellettuali fatte dalla storia.