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James Taylor incanta Roma con le sue canzoni senza tempo

James Taylor incanta Roma con le sue canzoni senza tempo

Il grande cantautore americano, dopo due anni di rinvii a causa della pandemia, si è esibito con una band all star all’Auditorium Parco della Musica, regalando grandi emozioni

La voce vellutata, la sua inseparabile sei corde, i testi di grande spessore, le melodie indimenticabili, gli arrangiamenti minimali e, soprattutto, una straordinaria comunicativa. Sono questi alcuni tra gli ingredienti del cinquantennale successo di James Taylor, uno dei più grandi cantautori viventi, che ha venduto oltre 100 milioni di dischi in tutto il mondo ed è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame e nella Songwriter’s Hall of Fame. Nella sua bacheca trovano posto 6 Grammy Awards, numerosi dischi di platino e multi-platino e nel 2011 la rivista Rolling Stone lo ha indicato tra i 100 migliori cantanti di sempre. Taylor ha un repertorio tra i più memorabili della musica leggera (categoria che non rende giustizia alla sua arte), eppure è ancora un “walking man”, un artista in continua evoluzione, come dimostrano l’album di brani originali Before this world del 2015 e le originali riletture di American Standard del 2020. Quest’ultimo è uscito pochi giorni prima dello scoppio della pandemia, per questo gli spettatori dell’Auditorium Parco della Musica di Roma hanno dovuto aspettare per due anni il concerto del cantautore della Carolina, ma, dopo aver assistito allo show di ieri sera, possiamo affermare che l’attesa è stata ampiamente ripagata da un’esibizione straordinaria. Si contano sulle dita di una mano gli artisti che sono in grado di creare con il pubblico una tale empatia e un tale scambio emotivo da darti l’impressione di conoscerti di persona. James Taylor non solo canta magnificamente a 74 anni, ma soprattutto dà l’impressione di parlare a ciascuno di noi, come un vecchio amico che, grazie alla sua saggezza, riesce sempre a darti il consiglio giusto senza che tu neanche glielo chieda.

Taylor guarda negli occhi uno ad uno i suoi spettatori, si mette sul tuo stesso piano, la sua sincerità e la verità della sua musica abbattono i consueti steccati che dividono la star dai suoi fan. Un amico che magari non vedi da tanto tempo, ma a cui basta un solo sguardo per ritrovare l’antica complicità. Non a caso la sua canzone più famosa, You’ve got a friend (composta dall’amica Carole King e resa immortale nell’interpretazione di Taylor) ha fatto scattare, dopo due ore, la standing ovation dei 2.500 spettatori che affollavano la Sala Santa Cecilia dell’Auditorium, applausi dai quali era evidente la gratitudine e l’affetto del pubblico nei confronti di chi ha accompagnato la loro vita con le sue canzoni senza tempo. Taylor era affiancato da una “all star band”, nome quanto mai adeguato visto il livello degli artisti, presentati uno a uno con grande affetto: Steve Gadd alla batteria, Michael Landau alla chitarra, Jimmy Johnson al basso, Andrea Zonn al violino/cori e Kate Markowitz e Dorian Holley (che ha cantato per Michael Jackson, Whitney Houston, Aretha Franklin e Rod Stewart n.d.r.) ai cori. Nonostante ciascuno dei musicisti possa vantare un curriculum chilometrico, tutti si mettono un passo indietro rispetto a Taylor, senza mai strafare, ma quando vengono chiamati in causa (tipo l’assolo di Landau in Don’t let me be lonely tonight o l’intro di batteria e violino di Sweet Baby James ) sono in grado di dare ancora più luce alle sue canzoni. Taylor ama dialogare con il pubblico tra una canzone e l’altra, racconta brevi aneddoti sui brani e ringrazia gli spettatori “per aver comprato i biglietti tre anni fa e aver avuto pazienza, nonostante i numerosi rinvii delle date: grazie di cuore di essere qui”.

La scaletta è stata perfetta, con tutti i successi di Taylor e alcune chicche: Something in the way she moves (che ha ispirato Something dei Beatles), Country road, Carolina in my mind, Sweet baby James, Shower the people, Fire and rain, la recente cover di Teach me tonight, l’autunnale Walking man e la trascinante cavalcata rock-blues di Steamroller fino ai bis con You’ve got a friend, che ha provocato numerosi occhi lucidi in platea, e la gioiosa How sweet it is (to be loved by you), che ha fatto scattare in piedi il pubblico dell’Auditorium. Il concerto, diviso in due set con una pausa centrale, si è concluso con le delicate note acustiche di Song for you far away. Il cantautore ha salutato gli spettatori con il suo sorriso mite, togliendosi il cappello da vero gentleman. Il cappello ce lo togliamo metaforicamente noi davanti a un artista che ha regalato per oltre due ore emozioni, divertimento, empatia, allegria, bellezza e grande musica. Taylor è atteso ora dai concerti di Firenze (31 Ottobre, Teatro Verdi), Bassano (2 Novembre, Palabassano) e infine Torino (3 novembre, Teatro Colosseo): se potete e avete la fortuna di trovare un biglietto, non perdetelo.

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