Home » Il Volo: «Il virus non fermerà la musica. E i concerti…»

Il Volo: «Il virus non fermerà la musica. E i concerti…»

I bagni di folla negli aeroporti americani, i fanatici di Chicago, l’amico Placido Domingo nel backstage appena prima della sua positività a Covid-19, i complimenti della moglie di Elvis Presley e poi la quarantena. Il Volo si racconta. Guarda il video in esclusiva per Panorama.


Abbiamo compreso la reale gravità della situazione quando il Presidente Trump ha annunciato il blocco dei voli da e per l’Europa. A quel punto non abbiamo avuto altra scelta che interrompere immediatamente il tour americano e cercare di tornare il prima possibile a casa» racconta a Panorama Piero Barone, una delle tre voci de Il Volo, la band che riempie teatri e arene in tutto il mondo esportando la tradizione del bel canto italico. «A Chicago, con 19 gradi sottozero, c’erano centinaia di fan che ci aspettavano fuori dall’albergo. Ci sono persone che ci accolgono con tutto il loro entusiasmo in ogni aeroporto. Non ci si abitua mai a essere così fortunati» racconta.

Dai bagni di folla lungo gli Stati Uniti alla corsa precipitosa per rientrare in Italia: come avete reagito?

Gianluca Ginoble: Emotivamente è stato molto difficile. Abbiamo preso in extremis uno degli ultimi aerei disponibili e devo dire che transitare in un aeroporto affollatissimo, consapevoli di aver trascorso tutto il mese di febbraio in mezzo a migliaia di persone, prima, dopo e durante i concerti, ha generato ansia e paura. Un’ansia e una paura che i nostri genitori avevano cercato di trasmetterci nelle telefonate quotidiane dall’Italia, ma che, con un oceano di mezzo e un tour in corso, non non avevamo colto fino in fondo.

Tra l’altro, a febbraio, la sera dello show a New York, è venuto a trovarvi in camerino Placido Domingo che nelle settimane successive è risultato positivo al coronavirus…

Piero Barone: L’obbligo del social distancing non era ancora diventato una necessità. Placido, come sempre gentilissimo e disponibile nei nostri confronti, ci ha raggiunto nel backstage e ci ha aiutato a fare i vocalizzi di riscaldamento prima dello show. Poi si è seduto in platea per assistere al concerto. Lo abbiamo sentito nei giorni scorsi e ci ha rassicurato sulle sue condizioni: il peggio è alle spalle.

Una volta atterrati in Italia quali regole vi siete dati?

Piero: Ci siamo autodenunciati e poi messi in isolamento. Non è stato facile rinunciare ad abbracciare i nostri cari, ma era quello che andava fatto, anche per non vanificare gli sforzi dei veri eroi di questa situazione, ovvero i medici e gli infermieri che lavorano senza sosta negli ospedali. Tornare immediatamente a casa è stato essenziale anche per la sicurezza e la salute dei 19 italiani che lavorano con noi quando siamo in giro per il mondo. Appena arrivato in Sicilia mi sono sono attivato con altri artisti e colleghi, non solo siciliani, per una raccolta di fondi a favore degli ospedali della zona di Agrigento.

Dieci anni di carriera e fan in ogni città del mondo. Al di là della vostra abilità vocale quanto conta il genere musicale che proponete?

Gianluca: Se sei italiano, c’è una sola tradizione musicale che ti permette davvero di girare il mondo ed è quella del bel canto, che spalanca le porte dei teatri e delle arene in ogni angolo del pianeta. Lo dicono le carriere di Mario Lanza, Luciano Pavarotti e Andrea Bocelli. E noi siamo molto fortunati ad aver il privilegio di essere nella scia di una tradizione così gloriosa. Tra i nostri estimatori e amici americani c’è anche Priscilla Presley (moglie di Elvis dal 1968 al 1973, ndr): è venuta a vederci e, dopo lo show, ci ha mandato un messaggio stupendo: «Siete stati bravissimi, ancora meglio del solito». La prossima volta che ci incontreremo le chiederemo di portarci a Graceland, la leggendaria casa-museo di Elvis a Memphis.

Guardando avanti, che conseguenze avranno sul music business il blocco dei concerti e lo slittamento delle uscite discografiche?

Non sarà facile per nessuno, ma un conto è avere una carriera decennale come la nostra, un altro è essere un artista che prima del coronavirus era a un passo dal farcela. Tanti sforzi, magari per debuttare a Sanremo o per farsi notare in un talent show, vanificati in un attimo. Al di là di chi si esibisce, c’è poi la situazione drammatica dei tecnici e di tutti i professionisti che operano dietro le quinte. Non stanno lavorando e, considerata la difficoltà di una ripresa in tempi brevi della attività live, vivranno i prossimi mesi nell’incertezza più totale. n© riproduzione riservata

© Riproduzione Riservata