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Un docufilm sui segreti degli effetti speciali di George Lucas

Un docufilm sui segreti degli effetti speciali di George Lucas

Dinosauri, guerre tra le stelle, mostri e cyborg… I maestri di effetti speciali Dennis Muren (9 Oscar), e Phil Tippett (Oscar per Jurassic Park) raccontano a Panorama problemi, e trionfi della Industrial Light & Magic, l’azienda con cui George Lucas ha rivoluzionato il cinema.


«Quando abbiamo ultimato gli effetti speciali di Star Wars abbiamo visto il film e pensato di aver fatto un lavoro discreto. Non tutto però funzionava come avremmo voluto e così non sapevamo cosa ne avrebbe pensato il pubblico. Quando siamo stati travolti dall’accoglienza degli spettatori che lo hanno fatto trionfare al box office e considerare un capolavoro ancora oggi, a 45 anni di distanza, siamo rimasti davvero senza parole».i

Dennis Muren, 75 anni, supervisore di animazione visive che, con 9 premi Oscar all’attivo, è l’artista vivente più premiato della storia del cinema, racconta così l’impresa che ha dato avvio alla Industrial Light & Magic, la società specializzata in effetti speciali creata nel 1975 da George Lucas per realizzare Guerre stellari. Azienda che dopo il successo planetario del film è diventata il punto di riferimento per il cinema spettacolare.

A raccontarne la storia e il dietro le quinte di alcune delle opere che, a partire dalla fine degli anni Settanta, hanno creato il concetto di «popcorn movie» e cambiato la settima arte per sempre, da I predatori dell’Arca perduta a Jurassic Park, da Terminator 2 a E.T. L’extrarrestre e Ritorno al futuro, fino ad arrivare ai film di supereroi odierni, è la serie in sei episodi Light & Magic, disponibile su Disney+ e diretta da Lawrence Kasdan, regista di Il grande freddo e sceneggiatore del secondo e terzo episodio di Star Wars oltre che del primo su Indiana Jones.

La serie dimostra la grandezza di George Lucas che, creando Industrial Light & Magic, ha rivoluzionato da vero pioniere il modo di fare i film. «Quando l’azienda è nata, George ha raccolto a sé le menti più brillanti provenienti da molte esperienze diverse: c’erano esperti di industrial design, altri che avevano lavorato nella pubblicità e magari chi, fin da bambino, aveva lavorato a piccoli cortometraggi realizzando gli effetti speciali fatti in casa, ispirandosi a Ray Harryhausen e i suoi film incredibili per gli anni Cinquanta e Sessanta, come Gli argonauti o Il settimo viaggio di Sinbad», ricorda Phil Tippett, premio Oscar per Jurassic Park ed esperto di stop-motion, la tecnica usata proprio da Harryhausen per animare un pupazzo e dargli vita riprendendo un impercettibile movimento alla volta.

«Per tutti noi lavorare lì è stato come andare all’università. Eravamo come un gruppo di marinai che non ha mai avuto esperienza in acqua, chiamato ad attraversare il Mare del Nord e a imparare mentre sta remando».

Mescolando inediti filmati d’epoca, lo spettatore capisce quante sfide tecnologiche questi artisti e tecnici hanno dovuto affrontare per creare immagini mai viste prima: astronavi che combattono nello spazio come gli aerei da caccia della Seconda guerra mondiale, creature provenienti da altri pianeti, automi in grado di liquefarsi e cambiare forma e così via.

«I computer prima di allora si usavano nell’industria» ricorda Muren. «Magari servivano ad automatizzare le segherie». John Dykstra, che aveva messo su il folle team di creativi per realizzare Star Wars, capì che si poteva collegare un calcolatore a una cinepresa, in modo da poter girare una scena con elementi diversi più volte, e quindi sovrapporre le varie immagini per creare effetti straordinari.

«Lucas è stato incredibile», ricorda Tippett: «Perché ci spingeva oltre i nostri limiti, ma ci metteva a disposizione tutti i mezzi per realizzare le scene che aveva in mente. Esattamente come facevano registi come James Cameron, Steven Spielberg, Paul Verhoeven, che ci guidavano con la loro immaginazione fuori dagli schemi».

Molto spesso Muren, Tippett e i loro colleghi si dovevano scervellare, perché la scena da risolvere era troppo complicata, «Anche se quasi sempre riuscivamo ad aggirare il problema», ricorda Muren. In alcuni casi però, le richieste erano bizzarre: «Una volta John Bruno», ricorda Tippett, «supervisore degli effetti speciali di The Abyss, film di fantascienza di James Cameron, chiese di realizzare la creatura che si manifesta come tentacolo liquido in fondo al mare, filmando dell’acqua gettata in aria da un secchio per proiettarne poi l’immagine su un tentacolo di argilla bianca animato in stop-motion. Gli dissi che era fuori di testa, che il risultato sarebbe stato uno schifo e lo mandai a parlare con Dennis Muren e la sua divisione che muoveva i primi passi nell’uso dei computer».

Oltre a raccontare l’inizio dell’epoca dei blockbuster ad alto tasso spettacolare tramandatasi fino a oggi, Light & Magic descrive molto bene la transizione del cinema dal mondo analogico a quello digitale: Lucas, infatti, spinse per sostituire il montaggio realizzato alla moviola tagliando la pellicola con quello più veloce realizzato al computer, approvò la creazione di una divisione dedicata all’animazione digitale che sarebbe diventata la Pixar e venduta a Steve Jobs, introdusse anche l’audio digitale e lo standard THX per migliorare la fruizione del sonoro al cinema.

Il passaggio epocale è rappresentato nel racconto dalla lavorazione di Jurassic Park, in cui Phil Tippett era stato incaricato da Spielberg di realizzare tutti i dinosauri usando la stop-motion. «Prima dell’inizio della lavorazione però due animatori, Steve Williams e Mark Dippé, lavorando segretamente sui loro computer, realizzarono un Tyran-nosaurus Rex interamente in computer grafica», ricorda Muren. «Quando lo facemmo vedere a Spielberg rimase folgorato e decise che tutto il film sarebbe stato realizzato in quel modo».

Gli fa eco Tippett: «Nel momento in cui vidi quel primo test del dinosauro che muoveva alcuni passi fui letteralmente devastato. Spielberg, che era una persona empatica e capiva che avevo perso il lavoro di una vita, mi chiese come mi sentissi ed io risposi: “Semplicemente estinto!”. Trovò quell’esclamazione talmente potente che la trasformò in una battuta pronunciata dallo scienziato Ian Malcolm (interpretato da Jeff Goldblum, ndr). Mi venne la polmonite e poi la depressione, poi per fortuna Spielberg mi chiese di lavorare al film aiutando gli animatori a riprodurre in maniera accurata i movimenti delle creature preistoriche».

A concludere i ricordi è Muren: «È stata una cavalcata travolgente che ci ha permesso di lavorare coltivando la nostra passione e in cui abbiamo creato cose mai viste prima. Abbiamo lavorato in un’epoca in cui il pubblico era più ingenuo ed era più facile ideare trucchi magici che lasciassero i cinefili letteralmente a bocca aperta». n

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