Design, Daniele Lago: «Come si disegna un'esperienza»
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Design, Daniele Lago: «Come si disegna un'esperienza»

Ancora una volta protagonista del Salone del Mobile di Milano, il ceo di LAGO si racconta, dai suoi arredi leggeri e modulari a un nuovo progetto di «Good House» basato sulla sostenibilità

Il Salone del Mobile di Milano è alle porte, e Daniele Lago anche quest’anno vuole imprimere il suo carattere sull’esposizione. Oltre agli arredi, leggeri e modulari, che hanno determinato il successo del brand, oggi si parla di sostenibilità, di Good House, di fare qualcosa per il pianeta, e di farlo per davvero, creando ad esempio stand fieristici che riducano quasi a zero l’impatto sull'ambiente.

Un successo virtuoso quello di Lago, che oltre al product design si è evoluto in molto altro, grazie alla costante innovazione e al sapiente adattamento alle nuove esigenze del mercato. Non più solo produttori di mobili, ma generatori di esperienze. Caratteristica che ha portato Lago a mettere un sigillo di garanzia su quello che è nato come un trend – hotellerie + design – riempiendolo di significato, ed esportando il made in Italy in giro per il mondo, dalle Maldive a Zanzibar, dove Lago sta progettando ex novo un’isola intera, in nome dell’experience, prima che del prodotto.

Daniele Lago, classe '72, Chief Executive Officer e Head of Design di LAGODaniele Lago

Hotellerie e design network. Un trend consolidato, che non accenna a perdere di intensità.

«Il design e l'architettura hanno insita nella loro cultura la capacità di collegare i punti cruciali di un progetto e generare nuove esperienze. Il fatto che il trend non accenni a invertire la sua rotta, credo sia dovuto a questo. La collaborazione tra l'hotellerie e l'architettura risulta essere ancora un punto di forza. Ci siamo mossi in maniera importante da questo punto di vista nel 2017, quando progettammo il Cocoon Maldives, ed oggi stiamo realizzando da zero un'isola intera a Zanzibar, dall'architettura all'interior. Sono progetti che partono dall'uso che vorremmo fosse fatto dei nostri arredi, cercando di puntare sulla vivibilità degli ambienti e generare nuove suggestioni legate agli spazi e all’ambiente in cui sono inseriti, dove le caratteristiche sono: natura incontaminata e acque cristalline».

Perché si è passati dall'affidare progetti di questa portata a Design Network piuttosto che a studi di architettura?

«Perché la richiesta del nostro cliente, e di conseguenza dell'utilizzatore finale che frequenta, riempie, gli spazi, è di vivere un'esperienza. Generare esperienze, è esattamente quello che abbiamo sempre fatto, perché abbiamo da sempre abbracciato l'idea che i modelli culturali delle aziende a livello di marketing e di progettazione debbano immedesimarsi nell'esperienza del cliente finale. Si è capito che gli elementi di differenziazione quando si realizza un hotel, sono rilevanti. Se riesci a generare qualcosa di unico, sarà una garanzia di successo. Abbiamo realizzato anni fa il primo resort di design contemporaneo alle Maldive per dare a chi cercava qualcosa di diverso rispetto all'abituale panorama contraddistinto per lo più da strutture dal linguaggio etnico. E la cosa ha avuto successo; i dati parlano chiaro, dopo mesi dall'apertura era impossibile trovare un posto. L'originalità e l'unicità sono quindi fattori che aiutano a vendere il prodotto, e questo vale trasversalmente dal design a piccola scala a quello su larga scala».

Ma lei crede che i suoi colleghi siano pienamente consapevoli di questo?

«Mah... Tante volte i designer fanno andare la matita senza pensare alla funzione. Ci vuole mediazione e comprensione, un equilibrio che genera esso stesso dinamiche interessanti».

Quando si parla di queste strutture si parla anche di alta ristorazione. Spesso quando si entra in cucina, la funzionalità cede il passo alla forma. Il risultato è una cucina bella ma con molte criticità.

«Penso che il design debba fare rima con il dialogo, se si commette un errore del genere, significa che non c'è stato sufficiente scambio di idee. L'estetica, da sola, non serve a nulla, e questo vale anche fuori dalla cucina. I progetti migliori nascono dal confronto, senza il quale si può parlare solo di un esercizio di stile egoriferito».

Il 18 aprile apre il Salone del Mobile. Che salone sarà?

«Sarà un grande Salone, il Covid è ormai alle spalle, alcune importanti frontiere, come quella cinese, hanno riaperto ed è il primo vero anno in cui si torna alla normalità. Il tema della casa continua a rimanere centrale. Sarà un Salone nuovo, anche in termini di dislocazione degli stand, saremo tutti al piano terra e non su più livelli perché c'è un ripensamento in termini di fruibilità degli spazi».

La novità più importante è che Lago, insieme alle più grandi aziende di design come Kartell e Molteni, da sempre ospiti dei padiglioni 16 e 20, si sposterà ai padiglioni 2 e 4. Questo perché saremo parte di un nuovo polo studiato per essere a impatto zero; abbiamo infatti ridotto significativamente la produzione di Co2 in quanto riproporremo lo stand per quattro anni grazie a una concezione molto innovativa: useremo dei teli messi in tensione, senza volumi fissi, riducendo da sette a un tir il trasporto del materiale fieristico rispetto ai precedenti Saloni. Si chiama Good House questo approccio e se fosse riportato in tutto il mondo verrebbe ridotto a zero un apporto in atmosfera (in termini di Co2) pari a 250.000 famiglie italiane. Al momento non siamo ancora in tanti ad aver sposato questo atteggiamento virtuoso, ma qualcosa si sta muovendo.

Quest'anno organizzeremo anche cinque tavole rotonde che affronteranno altrettante tematiche in concomitanza con l'agenda 2030 dell'ONU per lo sviluppo sostenibile. Come società abbiamo il dovere morale di muoverci per davvero e con determinazione verso un futuro a impatto zero.

Quale trend dobbiamo aspettarci dal Salone del Mobile?

«Stiamo portando luminosità e tinte chiare nell'abitazione; dopo questi periodi così complicati c'è sicuramente bisogno di luce».

Il Covid è sul viale del tramonto. Tiriamo le somme a livello societario?

«Abbiamo chiuso l'anno 2022 con un fatturato pari a +14%. Abbiamo ancora una grandissima capacità di crescita soprattutto all'estero».

Nasceranno altri progetti come Casa Lago, destinati al contract, e Appartamento Lago per i privati?

«Sono progetti che hanno visto la luce anni fa e che ancora oggi riscuotono successo. Tutto il mondo legato all'accoglienza dei professionisti è sicuramente un tema interessante. Lo stesso vale per gli Appartamento Lago, dove l'idea è quella di vedere e toccare i prodotti nell'ambiente domestico a cui sono destinati, in maniera diversa dal classico showroom. Gli appartamenti sono di privati, a cui si richiedono tre/quattro eventi l'anno in cui poter aprire le porte. Gli Appartamenti Lago così come Casa Lago sono in fin dei conti l'applicazione del concetto di liquidità che in questi anni regna sovrana, e che noi applichiamo a tutti i nostri progetti, dal design di prodotto al contractor al network. Non escludiamo l’ampliamento di questo settore societario».

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Nadia Afragola