I film più belli del 2022
Immagine del film "Triangle of sadness" (Teodora Film)
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I film più belli del 2022

Al primo posto umorismo nero scandinavo a bordo di una nave di extra lusso. E poi loro, gli impareggiabili fratelli Dardenne e...

Mentre Avatar 2 sta iniettando ossigeno nelle casse asfittiche dei cinema italiani, superando i 22 miliardi di euro di incassi in due settimane di programmazione, stiliamo come sempre la nostra personalissima lista di film più belli del 2022, tra quelli usciti in Italia nell’anno in sala (soprattutto) o in piattaforma.
Il colossal sequel di James Cameron non compare in questo elenco, no (qui spieghiamo perché). Non ci sono neanche film italiani, purtroppo, come non c’è un titolo italiano nella shortlist dei migliori film internazionali candidati all’Oscar 2023, Nostalgia di Mario Martone ne è rimasto fuori (ci hanno però colpito voci nuove interessanti come Spaccaossadi Vincenzo Pirrotta e Amanda di Carolina Cavalli).
Ecco i film migliori del 2022, secondo noi. Apre quel burlone irriverente e sardonico di Ruben Östlund con il suo umorismo nero scandinavo. E poi ci sono loro, gli instancabili e sempre pregnanti fratelli belgi Dardenne…

1) Triangle of sadness di Ruben Östlund

È il film dell’anno. Provocatorio, mordace, a tratti da mal di mare e mal di pancia. Su una nave da crociera da extra lusso Östlund si fa beffe di influencer, mondo della moda e super ricchi, dileggiando le pieghe più volgari dell’animo umano. Il regista svedese a volte ondeggia tra luoghi comuni, ma non è mica vietato se fatto con consapevolezza irriverente. La sua voce narrativa è originale e dissacrante; non va per il sottile come in Forza maggiore, stavolta sceglie un umorismo nero a maglie larghe. Che abbiamo gradito. Palma d’oro al Festival di Cannes, Triangle of sadness è candidato a due Golden Globe 2023.

2) Tori e Lokita di Jean-Pierre e Luc Dardenne

Poche pennellate di asciutto realismo, una storia piccola che diventa così grande. I fratelli Dardenne fanno centro ancora, mirando al cuore. Sconquassano, quando meno te lo aspetti.
Nel Belgio contemporaneo protagonisti un ragazzino e un’adolescente, venuti soli dall'Africa: alle difficili condizioni del loro esilio oppongono il loro invincibile legame di famiglia che va oltre il sangue. Qualcosa che sembra distante da noi eppure entra dentro con pugni di vetro.

3) Il male non esiste (There is No Evil) di Mohammad Rasoulof

Orso d’Oro alla 70° Berlinale, con sguardo insolito e crudo esplora le storture quotidiane di un Iran violento e sopprimente. In quattro episodi interconnessi, Mohammad Rasoulof, oggi incarcerato dal regime, riflette sulla responsabilità personale davanti a leggi disumane e sulle conseguenze di questa disumanità per chiunque ne venga in contatto. Le quattro storie, collegate da un sottile filo rosso, affrontano una questione fondamentale della società iraniana e di tutti quei Paesi costretti, da imposizioni governative, ad accettare la pena di morte come pratica costante e consolidata.

4) Stringimi forte di Mathieu Amalric

L’attrice lussemburghese Vicky Krieps è magnetica come madre e moglie che se ne va, o forse no, resta e si strugge. Tra ricordi di vita famigliare e fantasie di una realtà diversa, noi siamo con lei, fuggiamo dal tetto domestico a bordo della sua auto, abbandoniamo il marito (Arieh Worthalter) e i figli (Anne-Sophie Bowen-Chatet e Sacha Ardilly), ci fidiamo di lei, poi torniamo con lei, ed eccoci in montagna, là su quei versanti di ghiaccio e neve pericolosi.
Amalric ci stupisce, trasfigurando la verità in maniera così cerebrale ed emotiva al contempo.

5) Belfast di Kenneth Branagh

In un bianco e nero esaltatore di bellezza, Kenneth Branagh racconta lampi di sua infanzia nel suo film più personale e intimo, tutto cuore e meraviglia. Tra le strade di Belfast un bimbetto (Jude Hill) gioca a calcio, corre con la spada di legno e il coperchio di un bidone della spazzatura a mo’ di scudo, è amato e protetto da tutti. Ma il 14 agosto 1969 il suo mondo si capovolge: in Irlanda è guerra civile. La mamma interpretata da Caitríona Balfe dispensa fierezza, la nonna Judi Dench saggezza e umorismo.

Immagine del film "Belfast" (Foto: Universal Pictures)

6) Utama - Le terre dimenticate di Alejandro Loayza Grisi

In lingua quechua “utama” significa "la nostra casa". Tra le terre aspre e remote della Bolivia, una famiglia quechua è alle prese con il dramma della siccità, nella spettacolare cornice dell'altopiano sudamericano, a più di 3.500 metri sul livello del mare. Con una fotografia viscerale su panorami a perdita d’occhio, poggiando su interpretazioni essenziali e naturalistiche, Utama racconta in modo toccante l'amore e la tradizione in tempi di cambiamento climatico.

7) Argentina, 1985 di Santiago Mitre

Quanti Oscar avrebbe vinto Ricardo Darín fosse stato americano anziché argentino? In Argentina, 1985, presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, si porta sulle spalle con umana fragilità e magnifico senso di responsabilità la storia vera dell’avvocato Julio César Strassera, improbabile eroe in una battaglia Davide contro Golia in cui, sotto costante minaccia, ha osato perseguire la più sanguinosa dittatura militare argentina nello storico processo alla Giunta Militare del 1985. Un dramma giudiziario che con intelligente leggerezza fa luce su tempi bui e cupi.

8) Tredici vite di Ron Howard

Risuona ancora come un miracolo della vita l’impresa dei sub eroici che condussero in salvo i dodici ragazzini più il loro allenatore di calcio dallagrotta di Tham Luang nel 2018 nel 2018. Ron Howard ci porta là sotto, nella labirintica trappola di fango e acqua in Thailandia, ricostruendo con il giusto equilibrio di accuratezza e cuore quell’operazione di soccorso valorosa e in parte letale. Misurati ed evocativi, Viggo Mortensen e Colin Farrell sono gli uomini che compirono la missione quasi impossibile.

9) Athena di Romain Gavras

Come un’epopea greca trionfale e tragica, a perdifiato, Athena è vibrante a livello estetico e drammaturgico, da vedere con occhi e animo costantemente tesi e ammirati. Poche ore dopo la tragica morte del loro fratello più giovane in circostanze torbide, tre fratelli (interpretati da Dali Benssalah, Abdel Sami Slimane e Ouassini Embarek) vedono le loro vite piombare nel caos. Nel quartiere Athena di una periferia francese scoppia la rivolta contro la polizia. Un film incendiario ed emozionante, tecnicamente entusiasmante.

10) After love di Aleem Khan

Opera prima originale, delicata e intensa da Oltremanica. Il regista britannico di origine pakistana esplora l’amore, la perdita, il dolore e l’identità in maniera contenuta ma devastante.
Una donna inglese (Joanna Scanlan) felicemente sposata con un uomo musulmano e convertita all'Islam resta vedova all'improvviso; in Francia, dove lui si recava per lavoro, scopre un segreto sconvolgente. Potrebbero scoppiare ostilità e astio detonanti, invece sbucano voglia di capire disarmante e un’impensabile e stupenda capacità di capirsi.

11) Top Gun: Maverick di Joseph Kosinski

Allacciarsi le cinture: dopo 36 anni Tom Cruise versione Maverick è tornato a volare e, piaccia o non piaccia, il sequel di Top Gun non solo non delude, riesce addirittura a far meglio del blockbuster anni '80 diventato cult. Sequenze d'azione tecnicamente impeccabili, voli mozzafiato e umorismo sbruffone sono mixati sapientemente per un divertimento croccante che va oltre l’effetto nostalgia.

12) Il corsetto dell’imperatrice di Marie Kreutzer

Ancora Vicky Krieps – protagonista anche di Stringimi forte -, ancora a dispensare magnetismo. In una rilettura piacevolmente irriverente delle note biografiche del periodo, l’attrice lussemburghese fattasi notare nel 2017 ne Il filo nascosto qui è la principessa Sissi, divenuta imperatrice Elisabetta d'Austria, idolatrata per la sua bellezza ma alle soglie dei quaranta e in lotta per preservare la sua immagine pubblica, allacciando il suo corsetto sempre più stretto. C’è qualcosa di sottilmente ammaliatore ne Il corsetto dell’imperatrice, che seduce ribollendo dentro.

Vicky Krieps nel film "Il corsetto dell'imperatrice" (Foto: Felix Vratny)

13) Saint Omer di Alice Diop

Regista e film francesi rivelazione dell’ultima Mostra del cinema di Venezia. Chi avrà la fiducia di sopportare la prima parte di Saint Omer, che sfida fieramente l’attenzione dello spettatore, con camera fissa su un’imputata di infanticidio in un processo narrato con taglio documentaristico, sarà premiato da una seconda parte più illuminata e da un’arringa finale da brividi e applausi.
Dal Lido ha portato a casa due premi, Leone d'argento - Gran premio della giuria e Leone del futuro - Premio Venezia opera prima "Luigi De Laurentiis".

14) Flee di Jonas Poher Rasmussen

Una fuga straziante, dall'Afghanistan e alla scoperta di sé, di quelle che vediamo tante volte nei tiggì ma che ci lasciano spesso con occhi appannati e indifferenti. E invece il regista danese ci porta dentro un racconto commovente, alla ricerca di una casa e della propria identità sessuale, la storia vera di un rifugiato afgano gay. L’animazione è usata con lucidità e tenerezza a mo’ di documentario per proteggere il suo protagonista, amico ed ex compagno di studi che arrivò in Danimarca da adolescente.

15) Lunana: il villaggio alla fine del mondo di Pawo Choyning Dorji

Tanto cuore e un po’ di occhiolino strizzato allo spettatore in un film che non può non stregare (è stato il primo film buthanese candidato all'Oscar). Dolce senza essere sentimentale, prezioso senza voler indicare rotte. In un angolo di mondo dove probabilmente non finiremo mai, in una remota landa selvaggia lungo l'Himalaya, al confine tra Bhutan e Tibet, ci perdiamo negli occhioni scuri e i visi bruciati dal vento di bimbetti bramosi di scuola e insegnamento.

16) Parigi, 13Arr. di Jacques Audiard

Vite irrisolte, sentimenti ingarbugliati e amori da decifrare si intrecciano in bianco e nero nel quartiere Les Olympiades del tredicesimo arrondissement di Parigi. Interpretato da giovani attori quasi sconosciuti (Noémie Merlant a parte), tutti bravissimi, restituisce una gratificante sensazione di verità e leggerezza, grazie a montaggio serrato, personaggi ben cesellati e dialoghi taglienti.

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Simona Santoni

Giornalista marchigiana, da oltre un decennio a Milano, dal 2005 collaboro per Panorama.it, oltre che per altri siti di testate Mondadori. Appassionata di cinema, il mio ordine del giorno sono recensioni, trailer, anteprime e festival cinematografici.

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