In silenzio e impegnato su altri fronti (personali e politici), però Silvio Berlusconi ha seguito tutto quanto è accaduto al Milan nelle ultime settimane e non ha gradito l’eliminazione dalla Champions League, soprattutto per come è maturata nella notte del Vicente Calderon, con una squadra che ha chiuso un ciclo europeo durato 28 anni e che ormai è una ex grande. Realtà dura da digerire per una proprietà che nei prossimi mesi non ha in programma grandi investimenti sul calcio e che dovrà fare i conti con un bilancio in sofferenza a causa della mancata riconferma nell’Europa che conta.
Non arrivano parole o pensieri ufficiali dal patron, però l’impressione che hanno ricavato tutti quelli che sono stati a contatto con Berlusconi in queste giornate è di delusione per l’andamento del Milan e perplessità su quale possa essere la strada da seguire. Dubbi che stanno investendo anche il ruolo di Clarence Seedorf, voluto dal presidente e che sarà difeso fino in fondo, ma per il quale non potrà non essere fatta una valutazione legata anche ai risultati. I suoi primi due mesi non sono positivi, sia per il numero di sconfitte (6 in 11 partite) che per gli obiettivi gettati via: Coppa Italia, Champions League e corsa compromessa all’Europa League.
Sarà Seedorf il prossimo allenatore del Milan? Può darsi che i programmi non cambino, ma al momento è impossibile avere certezze. Di sicuro il credito del’olandese presso la proprietà non è più illimitato e alla finestra ci sono potenziali candidati sempre pronti. Il primo è Roberto Donadoni, che sta incantando con il suo Parma, poi Pippo Inzaghi (condottiero della Primavera che ha regalato l’unica gioia della stagione alla società) e, infine, Luciano Spalletti, appena liberato dallo Zenit San Pietroburgo e vecchio pallino di Galliani.
Dubbi legati non alla personalità di Seedorf, che continua a piacere a Berlusconi, quanto alla sua preparazione come allenatore. Manca la gavetta e si vede. Sul banco degli imputati è finito anche per la gestione di Balotelli, che ha tradito più di tutti a Madrid e che è il primo indiziato a lasciare Milanello in estate per colmare i buchi di un bilancio che nel 2015 non avrà introiti Champions (40 milioni almeno) e grandi plusvalenze. Seedorf ha usato con lui la tecnica della pazienza e della carota cercando di farlgi dimenticare il bastone di Allegri, ma i risultati sono stati scadenti, lo spogliatoio e i tifosi cominciano a non sopportare più gli atteggiamenti da star di Mario e il rendimento in campo non giustifica l’investimento fatto dal Milan per prenderlo.
Alla fine della stagione mancano 11 partite. Valgono come 11 finali per il Milan e per molti suoi protagoisti perché l’indicazione è inseguire la qualificazione all’Europa League per mettere almeno una pezza e non costringere il club a un anno senza Europa, con ricadute anche nell’appeal commerciale verso sponsor e investitori. Il problema è che, a parte qualche sprazzo contro Atletico e Juventus o la partita di Marassi, non si è visto nulla che faccia considerare vicina una svolta. E i dubbi restano, anzi si moltiplicano.