Team Usa contro Dream Team: 'chi vince' secondo Davide Pessina
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Team Usa contro Dream Team: 'chi vince' secondo Davide Pessina

La sfida (impossibile) tra la squadra da sogno di Barcellona 1992, con Jordan e Magic, e la formazione di oggi che sarà in campo a Rio dal 6 agosto

In ritiro a Las Vegas per il tradizionale training camp di preparazione Team Usa scenderà in campo questa notte contro l’Argentina per la prima di una serie amichevoli in vista dell’esordio olimpico del prossimo 6 agosto. 

Ma non chiamatelo Dream Team. E no, non c’entrano solo le assenze di Stephen Curry e LeBron James, oltre che dei vari Westbrook, Harden, Paul, Davis e Griffin. Ogni volta che gli americani del basket si ripresentano a una competizione a 5 cerchi il paragone con l’incredibile squadra di Barcellona 1992, con Michael Jordan, Magic Johnson e Larry Bird (ma anche John Stockton, Clyde Drexler, Carl Malone..), è pressoché inevitabile e il rischio è quello di ipotizzare un parallelo impossibile tra la squadra di oggi e di ieri.

Il risultato (scontato) di un un ipotetica sfida tra le due formazioni lo chiediamo però a Davide Pessina, commentatore del basket per Sky Sport, che seguirà la competizione olimpica su Sky Sport 24 con la striscia dedicata (tutti i giorni dalle 13 alle 14) 'Vivendo Rio', il quale prova anche a spiegare il perché dell’alone di leggenda che ancora circonda quell’irripetibile ‘squadra dei sogni’.

Davide, perché Team Usa di oggi non può essere chiamato Dream Team?

“Prima di tutto perché mancano tanti giocatori pesanti. Steph curry basterebbe da solo per alzare di 10 tacche l’attenzione mediatica, oltre che il livello tecnico, di questa squadra. E poi manca LeBron James, attualmente il miglior giocatore del mondo”. 

Solo per questo, quindi?

“Beh, poi c’è il fatto che quello del ’92 è e sarà sempre l’unico Dream Team. Soprattutto per quelli della mia generazione”.

Qual è il tuo ricordo personale?

“La cosa strabiliante era vedere campioni di quel calibro in campo insieme per la prima volta. Poter essere testimoni dell’evento era già qualcosa di incredibile. Basti pensare che gli avversari si presentavano in panchina muniti di macchina fotografica. Ancora più incredibile era vedere la distanza tra il loro basket e quello del resto del mondo. Per questo la partita più leggendaria giocata dal Dream Team è forse la partitella durante quel famoso allenamento a porte chiuse… Storie come questa, diventate leggende da raccontare, danno la misura di cosa sia stato il fenomeno Dream Team”.

Facciamo un’ipotesi assurda: Team Usa di oggi, al completo, contro il Dream Team. Chi vince?

“Impossibile dirlo. Non dobbiamo dimenticare che dal 1992 sono cambiate tante regole, soprattutto nell’Nba. Ad esempio non si poteva fare la zona e in generale venivano consentiti molti più contatti. Questo ha fatto si che anche l’interpretazione del gioco sia cambiata... Basti pensare al sistema dei Warriors che sta rivoluzionando il basket rendendo ancora più difficile il paragone”.

Meglio la pallacanestro di oggi o di ieri? 

“Penso che questa sia una buona era per il basket: ci sono tanti protagonisti, tanti giocatori di alto livello e l’attenzione della popolazione mondiale è cresciuta intorno a questo sport. Da un punto di vista tecnico gli atleti si sono semplicemente adeguati all’evoluzione del gioco estremizzando certe scelte (come il tiro da tra punti, ndr) ma raccogliendo anche, in parte, l’eredità delle leggende del passato. Chi avrebbe vinto tra le due squadre? Dico solo che chi ha Michael Jordan parte decisamente avvantaggiato..”.

Dopo una decina di anni in cui le Olimpiadi hanno esercitato grande appeal sembra che Rio 2016 sia stata snobbata dalle superstar Nba? 

“Questo credo che sia dovuto a una serie di concause. Curry sarebbe voluto andare ma ha finito i playoff davvero ‘stracciato’, anche per l’infortunio al ginocchio, e quindi è stato costretto a fermarsi. Da lì, a cascata, sono partite le defezioni degli altri big. In generale però mi sembra che sia il mondo Nba ad aver diminuito il suo interesse verso le Olimpiadi…”. 

In che senso? 

“Negli ultimi anni la lega ha diversificato sempre di più le sue azioni di marketing utilizzando strumenti sempre più sofisticati per conquistare i mercati. Pensiamo solo a cosa sta succedendo in India, uno dei nuovi obiettivi di conquista, dove l’Nba sta inviando i suoi ‘missionari’ per portare il basket nelle scuole e vendere, tra una decina di anni, il suo marchio. Diciamo che il commissioner Davis Silver gestisce le sue mosse di marketing in prima persona e quindi ha sempre meno bisogno di eventi esterni, come le, Olimpiadi per esportare il suo prodotto”.

Cosa che invece era accaduta proprio nel 1992, a Barcellona…

“In quel caso bisogna dare merito a David Stern, l'allora commissioner, e soprattutto a Boris Stankovic, il segretario generale Fiba dell'epoca, che per primo capì che far atterrare il basket americano in Europa sarebbe convenuto a tutti”.

Team Usa non è il Dream Team ma resta la favorita del torneo olimpico. È possibile che questa squadra perda? 

“La possibilità teorica c’è sempre e se si presentano con supponenza possono fare brutte figure, come peraltro già accaduto in passato. Però non dimentichiamo che questa squadra avrà in campo gente come Durant, Green e Thompson, che può fare la differenza anche con le regole Fiba. Come possibili outsider, se così si possono chiamare, metto la Spagna e la Serbia davanti a Francia e Argentina. La Croazia (qualificatasi dopo aver sconfitto l’Italia nella finale del Preolimpico di Torino, ndr) sarà invece il nostro rimpianto in un'Olimpiade nella quale avremmo potuto e dovuto esserci”.

Il Dream Team e le altre squadre Usa alle Olimpiadi

Barcellona '92. Il Dream Team in versione originale (In alto da sinistra: Christian Laettner, Larry Bird, Patrick Ewing, Chris Mullin, Magic Johnson, Michael Jordan, David Robinson. In basso da destra: Charles Barkley, Karl Malone, John Stockton, Scottie Pippen, Clyde Drexler).

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Teobaldo Semoli