Passione K-drama
Televisione

Passione K-drama

L'attore Sung Hoon si racconta in esclusiva a Panorama e al pubblico italiano. Il suo show, Love ft. Marriage and Divorce è uno dei più cercati su Netflix dagli appassionati delle serie coreane

Beverly Hills 90210. Il Segreto. Day Dreamer. E oggi Love (ft. Marriage and Divorce).

L'evoluzione delle serie tv più viste in Italia ha superato molteplici step. Siamo partiti dalle produzioni oltreoceano per poi tornare "a casa", in Spagna, prima di passare alla Turchia e, ora, volare ancora più a Est, fino alla Corea del Sud. La bomba dei K-drama, abbreviazione di korean drama, è esplosa definitivamente nel nostro Paese durante il primo lockdown. La chiusura forzata tra le mura domestiche, la ricerca di qualcosa di nuovo, la voglia di viaggiare lontano bloccata da forze maggiori, sono stati questi alcuni degli induttori che hanno spinto sempre più italiani ad appassionarsi al genere.

Poco conosciuto fino a qualche anno fa, addirittura considerato bizzarro, oggi quello dei K-drama è un universo accettato e apprezzato in tutto il mondo. Complice, forse, la vittoria lo scorso anno agli Oscar del film Parasite, visto come primo vero baluardo della filmografia Sud Coreana nel mondo. Parasite è comparabile, in un certo senso, ai BTS. Se i secondi sono stati in grado con la loro musica - principalmente cantata in coreano - di abbattere le barriere linguistiche mondiali imponendosi nei primi posti delle classifiche con le loro canzoni e i loro album, Parasite ha aperto al mondo le porte delle pellicole coreane. Film e telefilm, seppur recitati in una lingua incomprensibile e che forza all'utilizzo dei sottotitoli (la maggior parte dei quali è presente solo in inglese) oggi non sembrano più così assurdi. Non sono più una moda per una nicchia, ma sono un vero e proprio fenomeno.

Se prima c'era Viki Rakuten a supplire alla fame di K-drama, oggi le grandi piattaforme, da Netflix a Apple Tv+, stanno aggiornando i loro cataloghi per offrire prodotti originali e serie tv storiche.

A piacere non sono solo le trame, mai scontate e che spessono uniscono il fanstascientifico e lo sconosciuto a temi sociali importanti, ma anche gli attori e le attrici. I loro look curati e i volti senza imperfezioni non hanno conquistato solo le generazioni più giovani. Al contrario di quanto si possa pensare, infatti, i K-drama attirano una fetta di pubblico che comprende non solo la fascia d'età di giovani (18-34 anni) ma anche i più adulti. Oltre il 70% di consumatori di serie tv coreane è compreso nella fascia d'età 35-54 anni e guarda fino a tre serie in contemporanea. Il mix perfetto del consumatore seriale di K-drama sembra formato dall'unione di un titolo storico, ovvero una serie tv particolamente nota in Corea che ha segnato la carriera di qualche attore (un esempio su tutti è Boys Over Flowers che ha lanciato nel mondo Hallyu l'attore Lee Min-ho), alla visione di un titolo su una piattaforma di streaming, attualmente potremmo per esempio parlare di /Love ft. Marriage and Divorce), e una serie in onda sulle televisioni Sud Coreane, come per esempio può essere Vincenzo.

Tipologie diverse, accomunate da un unico fattore: la lingua. Tutto infatti viene recitato in coreano. Non ci sono doppiaggi. Se si vuole scoprire quello che dicono i personaggi si è costretti a leggere e - spesso - rileggere i sottotitoli che scorrono sotto lo schermo. Ma questo non sembra essere un vero problema. Il 90% delle persone intervistate da una rivista del settore, sostiene che la lettura dei sottotitoli aiuti a familiarizzare con la lingua e a renderla addirittura meno ostile.

Insomma, quella che fino a qualche tempo fa era una moda per pochi, oggi è diventata una vera e propria passione collettiva. Al punto che sui social spuntano ogni giorno nuove pagine e gruppi di discussione. Ci si consiglia i titoli da vedere, si creano groupwatch, ovvero visioni collettive con i programmi di video sharing che permettono di guardare film e serie e chattare in contemporanea, si stilano liste dei titoli imperdibili e quelli che, per un motivo o per l'altro, sono da evitare.

Se Facebook, Instagram e Twitter sono le case preferite da chi è appassionato del genere, grazie anche all'alta attività di attori e idol su questi social, un nuovo universo per gli appassionati è dato da Clubhouse. Il social in cui si parla soltanto è una delle piattaforme preferite da chi segue K-drama. Il motivo? La presenza massiccia di attori e attrici che, senza troppi problemi, partecipano alle room e chiacchierano con gli ospiti come si fosse amici di vecchia data.

I K-drama hanno infranto una nuova barriera nel mondo dell'intrattenimento imponendosi come modelli, non solo con le loro storyline spesso complessissime, ma soprattutto con i volti di attori e attrici che oggi sono ambasciatori di grandi brand. Louis Vuitton, con Lee Min-ho e i BTS, che per la prima volta hanno siglato una partnership ufficiale con un brand di moda, ma anche Fendi e Gucci guardano con attenzione al mondo della Corea e alle stelle della Hallyu wave i cui volti, ormai riconosciuti a livello internazionale, si sono imposti diventando simboli dell'onda coreana nel mondo.

Dal nuoto al jet set: Sung Hoon si racconta in esclusiva a Panorama

Una delle frasi che si leggono più spesso collegate a Sung Hoon è «gli alti e i bassi della vita mi hanno reso più forte». L'attore, 38 anni, è oggi senza alcun dubbio uno dei volti più amati della Hallyu wave. Nuotatore professionista specializzato nello stile a farfalla, per quattordici anni le piscine e le competizioni sportive sono state la sua vita. Poi, un infortunio inaspettato, l'ha strappato dall'acqua e dalle gare per sempre. Nel momento più basso della sua vita, quando i sogni sembravano ormai infranti, Sung Hoon si è ritrovato davanti a una proposta inaspettata: diventare attore. Era il 2011 quando gli venne offerto il ruolo del protagonista in «New Tales of Gisaeng» un K-drama prodotto dalla SBS. Da quel giorno non si è più fermato. Protagonista per eccellenza delle dei rom-com coreani, oggi Sung Hoon veste i panni dell'avvocato Pan Sa-hyun in «Love (ft. Marriage & Divorce)». La serie, dopo aver esordito lo scorso 23 gennaio su Tv Chosun, oggi è presente nel catalogo Netflix. I dati di ascolto sono così alti che è già stata annunciata una seconda stagione che dovrebbe andare in onda nell'estate del 2021.

Sung Hoon si è raccontato in esclusiva per l'Italia a Panorama.


Innanzitutto congratulazioni per Love (ft. Marriage and Divorce). Il K-drama è da poco disponibile anche in Italia. Che cosa l'ha spinta a scegliere questo ruolo?

«Ho scelto questo drama poiché la sceneggiatrice è la stessa del primo K-drama con cui ho debuttato e anche perché volevo rimettermi alla prova avendo dei rimorsi.

Im Sung Han era anche l'autrice di «New Tales of Gisaeng». Ci può raccontare qualcosa di più su come è stato tornare a lavorare con lei?

«Nel caso del primo drama , ancora mi dispiace a pensarci perché ho avuto delle difficoltà non sentendomi abbastanza pronto. Ora che sono passati 10 anni e sono in grado di comprendere meglio i pensieri dell'autrice, sto lavorando più felicemente».

Dieci anni di attività quest'anno è un traguardo importante. Come pensa di essere cambiato sul set?

«Rispetto a quando stavo alle prime armi, sono più rilassato e, di conseguenza, riesco a concentrarmi maggiormente».

In questi anni ha interpretato ruoli sempre differenti. Ripensandoci oggi, quale è stato il più complesso e perché?

«Il ruolo più difficile è stato senza dubbio quello di Chun Eum-Ja del drama Sin-ui (il Italia conosciuto con il titolo «Faith». Nel cast Sung Hoon interpretava uno degli antagonisti di Lee Min-ho, il protagonista del K-drama, ndr.). Essendo un personaggio fittizio ho dovuto riflettere a lungo su come interpretarlo».

«Love (ft. Marriage and Divorce)» vuole proposti come una fotografia delle relazioni moderne fatte di difficoltà e, a volte, tradimenti. Come descriverebbe il suo personaggio, Pam Sa-hyun?

«Pan Sa-hyun è un personaggio premuroso e non egoista. Personalmente penso che sia una persona gentile».

Da poco è stata annunciata la seconda stagione di «Love (ft. Marriage and Divorce). Ci può anticipare qualcosa sui suoi progetti futuri?

«Sto ancora riflettendo sul prossimo progetto a cui prendere parte. Vorrei mostrare al pubblico varie trasformazioni come attore».

Prima di diventare un attore di successo era un nuotatore professionista. Pensa che un passato da sportivo l'abbia aiutata a plasmare la sua carriera attuale e il suo modo di lavorare?

«La resistenza fisica mi è stata di grande aiuto. Anche la recitazione è un lavoro che richiede un grande utilizzo di energie. Ricordo che, inizialmente, avevo riscontrato delle difficoltà poiché la tecnica di respirazione nella recitazione è l'opposto di quello del nuoto».

La pandemia ci ha costretto a ricalibrare le nostre vite. Come ha cambiato la sua?

«Per me non ci sono stati grandi cambiamenti poiché mi è sempre piaciuto stare a casa a riposare e divertirmi con i videogiochi. Però sono diventato più cauto poiché bisogna prestare maggiore attenzione su tutto».

Come si descriverebbe oggi?

«Un'anima libera? (ride, ndr.

Gli italiani la apprezzano molto e soprattutto hanno imparato a conoscere i K-drama. Il lockdown durante la pandemia ha aiutato a conoscere meglio un genere che per molti era inesplorato. Lei è stato in Italia, cosa ne pensa del nostro Paese?

«Ci sono stato due o tre volte per delle riprese di programmi televisivi. Mi ricordo che non mi sono mai annoiato poiché è pieno di luoghi e cose da vedere. Mi piacerebbe tornare».

Quali sono i suoi obiettivi per questo 2021?

«Più che avere un obiettivo, spero di poter passare un anno felice senza grandi eventi spiacevoli».




L'intervista è stata svolta in coreano e tradotta con la collaborazione dell'Istituto Culturale Coreano
Sottotitoli e montaggio video a cura del team di ZerotoKorea

Corea del Sud tra presente e passato raccontata in 100 film al 19° Florence Korea Film Fest

L'omaggio all'attrice, star del cinema sudcoreano, Moon So-ri con la proiezione di una selezione dei 30 film realizzati nella sua carriera, un'intervista in esclusiva e il premio alla carriera del festival; una selezione dei film, poco visti in Italia, del regista Kim Ki-Duk, recentemente scomparso, a causa del Covid19; la proiezione del primo film di Bong Joon-ho, premio Oscar nel 2020 con Parasite e un'intervista esclusiva realizzata per il festival e la nuova sezione New Korean Cinema, i migliori film che hanno portato il cinema coreano a confrontarsi ed entrare di diritto nello star system mondiale.

La manifestazione, ideata e diretta da Riccardo Gelli dell'associazione Taegukgi – Toscana Korea Association, è organizzata con il supporto Fondazione Sistema Toscana, Regione Toscana, Città Metropolitana di Firenze, Comune di Firenze, Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, KOFIC - Korean Film Council insieme ai main sponsor Conad e Unipol Sai si terrà da domani, 21 maggio, al 28.

Il festival, giunto alla diciannovesima edizione, intende omaggiare Kim Ki-duk, regista cult per molte generazioni, che ha raccontato con i suoi film uno spaccato della Corea tradizionale e contemporanea, spirituale, intima dove il tema della violenza s'interseca inevitabilmente con quello dell'amore: una delle voci cinematografiche più originali e intense del nuovo millennio. Il festival presenterà una selezione di film, poco distribuiti in Italia e che hanno rappresentato al meglio il suo percorso cinematografico in una specie di viaggio. Dall'esordio sul grande schermo con Crocodrile (1996), film che ha anticipato molti dei temi che poi il regista ha trattato in Wild Animals e in Birdcage Inn del 1997 (altri due film della selezione) fino a Real Fiction, appena restaurato in 4K, poco visto e mai distribuito in Italia. L'omaggio presenta inoltre altre due pellicole, entrambe del 2011: Bad Guy e Address Unknown, quest'ultimo film di apertura della 58/ma Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, che aprirà nella sua narrazione il forte filone tematico dell'occupazione militare statunitense in Corea del Sud che tornerà spesso nei suoi film come in The Coast Guard (altro titolo della selezione). Chiude l'omaggio all'intervista nel documentario di Antoine Coppola, Kim Ki-duk, cinéaste de la beauté convulsive del 2006.

«A Kim Ki-duk abbiamo dedicato un omaggio nel 2005 – ha detto Riccardo Gelli, direttore e ideatore del festival e Consolato Onorario Repubblica di Corea a Firenze e Regione Toscana – e come festival lo abbiamo poi incontrato e premiato a Torino insieme al Museo del cinema. È doveroso continuare a celebrare un regista coraggioso e anticonformista, che ha saputo valorizzare il cinema in ogni sua forma e contaminazione». «Speriamo – ha aggiunto Gelli - che il festival di quest'anno possa coincidere con la riapertura definitiva delle sale, per il bene delle manifestazioni cinematografiche e dell'intera filiera del cinema».

Tra le grandi novità del festival la sezione Korean New Wave, che racconterà il meglio della cinematografica sudcoreana dal 1990 al 2004, anni che hanno portato l'industria di Seoul ad essere protagonista tra i grandi colossi del mercato cinema. Una selezione che proietterà i miglior film, campioni d'incasso nella storia della Corea del Sud; i film che hanno vinto i premi dei festival internazionali e quelli che hanno rappresentato la nazione agli Oscar.

Come ogni anno, il programma presenta quest'anno un ricco cartellone di oltre 100 film, tra cortometraggi e documentari; oltre all'omaggio a Kim Ki-duk, in programma una retrospettiva dedicata ad un regista o un attore/attrice (il cui nome sarà svelato nel corso dei prossimi mesi); le sezioni competitive Orizzonti Coreani (maggior successi in patria nel 2020); Independent Korea (una panoramica dei lavori più interessanti di autori emergenti) e K-Documentary (una selezione delle migliori opere documentaristiche). Tra gli eventi speciali anche quelli dedicati alla cultura sudcoreana come "Feeling Korea 2021 - Music, Dance, Culture & Korean" (si svolgeranno online a causa dell'emergenza sanitaria).

Protagonista la sezione "Corti, Corti!", dedicata ai film brevi con giovani promesse del cinema sudcoreano: una nutrita selezione capace di spaziare fra i più svariati generi che vanno dalla fiction all'animazione, selezionati in collaborazione con Busan International Film Festival, Jeonju International Film Festival, Bucheon International Fantastic Film Festival, Asiana International Short Film Festival e Seoul International Estreme Short Image & Film Festival. Confermata la sezione "Virtual Reality Experience" in collaborazione con la Barunson Entertainment.

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Marianna Baroli

Giornalista, autore

(Milano, 1986) La prima volta che ha detto «farò la giornalista» aveva solo 7 anni. Cresciuta tra i libri di Giurisprudenza, ha collaborato con il quotidiano Libero. Iperconnessa e ipersocial, è estremamente appassionata delle sfaccettature della cultura asiatica, di Giappone, dell'universo K-pop e di Hallyu wave. Dal 2020 è Honorary Reporter per il Ministero della Cultura Coreana. Si rilassa programmando viaggi, scoprendo hotel e ristoranti in giro per il mondo. Appena può salta da un parco Disney all'altro. Ha scritto un libro «La Corea dalla A alla Z», edito da Edizioni Nuova Cultura, e in collaborazione con il KOCIS (Ministero della Cultura Coreana) e l'Istituto Culturale Coreano in Italia.

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