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La battaglia per lo streaming dei colossi anti-Netflix

Mentre Amazon mette sul piatto 9 mld di dollari per acquistare la Mgm, è stata ufficializzata la fusione tra Warner Media e Discovery: l'alleanza vale 41 miliardi di dollari. Crescono gli abbonati di Disney (che ne vale 65). In difficoltà Sky, le pay tv per non parlare di Rai e Mediaset

C'è chi la chiama la «battaglia dello streaming» e chi invece, in maniera brutale, l'ha sintetizzata così: tutti contro Netflix. Mentre nell'ultimo anno gli analisti hanno unanimemente certificato quanto il Coronavirus sia stato un acceleratore di abbonamenti ai servizi di video streaming, in gran silenzio si tessevano le trame per alleanze tra media company destinate a cambiare ancora una volta il mercato televisivo e delle produzioni. Ultimo in ordine di tempo, quello annunciato nelle scorse ore da Warner Media e Discovery, la cui fusione porterà alla nascita di un colosso mondiale dei contenuti che vale oltre 41 miliardi di dollari.

La maxi fusione Warner-Discovery per battere Netflix

Lo straordinario successo dell'entertainment via streaming sta dunque costringendo sempre di più i media tradizionali a spingere l'acceleratore per reinventarsi, stare sul mercato e non farsi travolgere dal web. Ecco così nascere un nuovo colosso, ufficializzato il 17 maggio, che vede convergere in una sola società le attività media ed entertainment di At&T – ovvero Warner – e Discovery, che fondendosi daranno vita alla seconda media company per fatturato al mondo con 41 miliardi, contro di 65 miliardi di Disney. La nuova realtà avrà in pancia non solo gli studi cinematografici e tv della Warner ma anche Hbo Max e Hbo (in catalogo ha titoli dal successo globale, da Game of Thrones a L'amica geniale passando per Sex and the city), che poggiano su un «tesoretto» di 50 milioni di abbonati, la Cnn, 80 canali di Discovery che seguono sport, eventi, intrattenimento e food in 200 paesi al mondo (con oltre 15 milioni di abbonati). Questo nuovo gigante globale dell'intrattenimento potrà dunque competere ad armi pari con i rivali più agguerriti, in particolare con Disney e con Netflix, che resta l'avversario più ostico. Almeno fino ad ora.

Amazon e la proposta da 9 miliari di dollari a Mgm

E in tutto bailamme Amazon che fa? Non sta a guardare, anzi, da settimane tratta per acquisire la società cinematografica e televisiva Mgm e la novità delle ultime ore è che sul piatto avrebbe messo circa 9 miliardi di dollari (7,4 miliardi di euro). Del resto Metro-Goldwyn-Mayer, il cui fondo Anchorage Capital rappresenta il principale azionista, è in cerca di un acquirente da mesi e così il capo di Amazon Tv, Mike Hopkins, si è seduto al tavolo con il presidente di Mgm, Kevin Ulrich, per cercare un accordo. L'obiettivo? Portare a casa l'acquisizione del maxi catalogo di Mgm, che permetterebbe ad Amazon di rafforzare ancora di più la propria offerta su Prime Video (che per altro giovedì 27 maggio presenterà le novità dell'offerta sul mercato italiano) rosicchiando altre quote di mercato agli avversari.

Quanti abbonati hanno le piattaforme di streaming

Se ne parla da ormai un anno e mezzo e ora i dati lo confermano in maniera evidente: la pandemia ha prodotto un exploit di abbonamenti alle piattaforme. Il balzo più clamoroso? Quello di Prime, che segna un +50 milioni di abbonati in un anno e mezzo, toccando quota 200 milioni (l'iscrizione include sia le spedizioni gratuite che i contenuti video sulla piattaforma), come ha rivelato poche settimane fa lo stesso Jeff Bezos in una comunicazione agli investitori. Così ora il colosso tallona da vicinissimo Netflix, brand incontrastato dello streaming, con oltre 208 milioni di clienti a livello globale di cui 4,6 milioni in Italia nel 2020, il doppio dell'anno precedente, e che secondo le previsioni diventeranno 7 milioni entro il 2025. Da case study poi il lancio di Disney+: in appena sedici mesi, la piattaforma ha già toccato il traguardo dei 104 milioni di abbonati (1 milione in Italia) e questo ha spinto la company a implementare gli investimenti nello sviluppo di contenuti di qualità, tra cui nuove serie tv originali (tra quelle italiane in uscita nel 2022, spicca Le fate ignoranti, tratta dall'omonimo film di Ferzan Özpetek che punta su un cast blasonato).

Le mosse di Rai, Mediaset e Sky

L'aumento del numero di abbonati da una parte e la contrazione del mercato pubblicitario che ha penalizzato i broadcaster tradizionali dall'altra, hanno tirato il volano per la crescita di Netflix anche sul mercato europeo, tanto che la company è diventata il secondo maggior gruppo televisivo europeo per ricavi alle spalle di Comcast, la «casa madre» americana di Sky. In mezzo a questi giganti come si colloca la Rai? Si «accontenta» del 2 e rotti percento di ricavi pubblicitari, restando ampliamente in linea con le altre televisioni pubbliche del vecchio continente e scommette su formule nuove come ad esempio le co-produzioni con gli altri broadcaster pubblici europei (vedi la serie Leonardo da Vinci).

Quanto a Sky, ceduta con una certa lungimiranza da Rupert Mordoch ormai tre anni fa, sembra quello che fatica di più a controbattere le offerte di film e serie tv, oltre a quelle legate allo sport (un esempio, la guerra tutta italiana con Dazn per i diritti del calcio) ma il management non sta a guardare e starebbe già puntando su nuove alleanze e acquisizioni per giocare ad armi pari con i grandi player internazionali. Del resto, scommettere su maggiori dimensioni per competere sul mercato è la strategia indicata dagli analisti e non è un caso che anche Mediaset continui a guardare oltralpe per irrobustirsi. L'obiettivo di Pier Silvio Berlusconi? Costruire un polo europeo della tv. Trovato dopo cinque anni di battaglie giudiziarie l'accordo con Vivendi (rimarrà azionista con il 4,61% di azioni ma venderà sul mercato una quota del 19,19% di Mediaset), da Cologno Monzese guardano alle altre televisioni generaliste - che vivono di raccolta pubblicitaria, non di abbonamenti - e punta a compare la tv francese M6 e poi, sul fronte tedesco, la Prosieben. Il risiko di acquisizioni e fusioni è dunque solo all'inizio.

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Francesco Canino