Teatro d'ira
Maneskin / Ansa
Musica

Maneskin, Teatro d'ira: il rock torna in classifica

Niente autotune, basi musicali di plastica e suoni cacofonici da videogame. Fa un certo piacere nel 2021 ascoltare quattro ventenni che suonano con un approccio rock and roll che affonda le radici nel passato senza per questo essere soltanto un tributo nostalgico. Teatro d'ira è stato registrato in presa diretta al Mulino Recording Studio di Acquapendente (VT) guardando alle atmosfere analogiche degli album 70's. In definitiva, un album live in studio che rappresenterà il perno dei prossimi concerti del gruppo a fine anno. Per inciso, già quasi tutti sold out.

Al di là di Zitti e buoni il brano che ha stravinto a Sanremo, una delle canzoni forti dell'album è Coraline, una semiballad, il racconto onirico di una bambina prodigio che non trova il suo spazio nel mondo perché troppo pura e fragile.

Interessante la contaminazione tra il linguaggio rock e quello dance in I wanna be your slave. «Scritto a Londra, in questo pezzo abbiamo voluto inserire l'anima da club inglese che si ritrova anche nel testo, dove le varie figure in antitesi vogliono raccontare la sessualità in tutte le sue sfaccettature» raccontano i Maneskin.

In termini di sonorità, le più pesanti appartengono a In nome del padre: «Il testo è una dichiarazione di intenti, potente. Spaccare le barriere e liberarsi da ciò che ci opprime. Il racconto di come il successo abbia influito sulla nostra vita e di come a volte la pressione sia schiacciante, ma tutto in nome della musica, per noi sacra» racconta la band».

Niente male anche La paura del buio, il pezzo più stratificato dal punto di vista musicale: «È il racconto del rapporto conflittuale tra l'artista e la musica, che è allo stesso tempo malattia e cura. Una presenza imponente che a volte toglie il fiato ed altre lo dona» spiega la band.

Chiude il disco una riuscita ballad, Vent'anni, che parla di una generazione, la loro, raccontata così dalla band: «È un pezzo crudo e contemporaneo scritto in forma di lettera aperta in cui si intrecciano i pensieri di Damiano con quelli del suo alter ego più maturo, dando vita a un dialogo che vuole incoraggiare i ventenni spesso già disillusi sotto il peso dei giudizi e delle incertezze sul futuro».

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Gianni Poglio