Leadership negativa in azienda e clima organizzativo

La visita effettuata alcuni mesi fa in un’azienda di medie dimensioni mi fornisce una valida ispirazione. Mi piacerebbe parlare di un argomento noto: il legame fra leadership e clima che si respira in ufficio. L’azienda nella quale sono stato non …Leggi tutto

La visita effettuata alcuni mesi fa in un’azienda di medie dimensioni mi fornisce una valida ispirazione. Mi piacerebbe parlare di un argomento noto: il legame fra leadership e clima che si respira in ufficio.

L’azienda nella quale sono stato non se la passava bene da un punto di vista di clima organizzativo. Entrando negli uffici l’impressione era quella di respirare acido da batteria. File di amministrativi erano chinati sulle scrivanie in una postura simile a quella che assumono gli odiosi secchioncelli che non vogliono far copiare il compito al vicino di banco. La comunicazione era ridotta al minimo negli uffici. Anche alla macchinetta del caffè (tradizionalmente considerato il tempio delle ciane) stagnavano due dipendenti muti come sassi.

Parlando con il dirigente ho notato un certo orgoglio da parte sua nel descrivermi il turn-over pressoché schizofrenico della sua azienda. Il problema non era riconducibile ai numerosi dipendenti a tempo determinato. Il problema era che i lavoratori di quell’azienda dopo un tempo relativamente breve stava male. Insonnia, psoriasi, emicranie, dolori muscolo scheletrici, acidità di stomaco e immunodeficienza erano i sintomi più frequenti.

Non mi era ben chiaro di cosa ci fosse da gongolare, ma alla fine il dirigente mi riferisce che all’interno dell’azienda si effettua una sorta di “selezione naturale”. “I perdenti vanno via” mi riferisce. L’obiettivo aziendale era quello di creare un team di gente con “le palle”, una sorta di supersoldati votati al martirio per l’azienda.

Partendo da questo presupposto tutto era concesso: straordinari obbligati (non pagati), formalità totale, comportamenti manipolatori, comunicazione frammentaria, cazziatoni a denti stretti, ambiente fisico opprimente e la tendenza a mettere i dipendenti in rigida competizione fra loro.

Mi sono arrivate moltissime mail negli ultimi mesi che riportano situazioni simili ( ed alcune volte anche peggio!). Il disagio di alcune persone che hanno condiviso i loro pensieri con me era tangibile e molto “democratico” … nel senso che colpiva potenzialmente tutti.

Da anni mi chiedo perché nella cultura italiana non si riescano a mettere in relazione due elementi tanto intimamente connessi: il benessere del lavoratore e la sua redditività! Non è una teoria new age, lo giuro!

Un lavoratore soddisfatto si ammala meno, non sciopera, non fa causa all’azienda ed è più performante. Questo non lo afferma solo qualche psico-fricchettone sotto l’effetto di psicotropi: importanti studi di carattere scientifico e la letteratura del settore confermano questa incredibile teoria!

I costi riconducibili allo stress in Italia sono di miliardi di Euro e anche in periodi di crisi, numerose aziende decidono di non investire nelle loro risorse umane. Ci sono studi per esempio che confermano che leadership illuminate riducono il rischio di chiusura delle aziende. Il celebre libro “Why Smart People Do Dumb Thinks” ne conferma l’importanza (e non è il solo). Poniamoci delle domande insomma!

E, per dover e di cronaca, devo dirvi che l’azienda della quale stavo parlando naviga (stranamente?) in cattive acque.

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Matteo Marini