Lavorare In Germania: quando l’italiano viene pagato meno del tedesco per lo stesso lavoro

Lavorare In Germania: quando l’italiano viene pagato meno del tedesco per lo stesso lavoro

-Il mio aiutante non va bene, non parla molto e anche quando lo fa non ci capiamo benissimo. E’ un bel problema, ho bisogno di una persona che mi aiuti e che parli con gli operai quando io non ci …Leggi tutto

-Il mio aiutante non va bene, non parla molto e anche quando lo fa non ci capiamo benissimo. E’ un bel problema, ho bisogno di una persona che mi aiuti e che parli con gli operai quando io non ci sono

-Cerca di fartelo andare bene. Dopotutto è qualificato e il tedesco lo sta imparando

-Io ho bisogno di qualcuno che il tedesco lo sappia già! E’ necessario per questo lavoro

-Sì, ma i tedeschi si fanno pagare di più, lo sai no?

Questo riportato sopra è il dialogo ascoltato da un mio amico architetto qualche settimana fa.Il dialogo è tra il titolare di uno studio di architettura tedesco e una sua dipendente, a sua volta direttrice dei lavori di un restauro di un palazzo di Kreuzberg. Lo studio in questione è uno di quelli che a Berlino lavora davvero, non rincorre i concorsi sperando di svoltare, ma spesso viene direttamente contattato per consulenze e lavori data la sua ottima reputazione. Eppure, nonostante i soldi non manchino, questo studio da un po’ di tempo assume sempre più architetti stranieri. Il ragazzo di cui la direttrice dei lavori si lamentava è spagnolo, il mio amico è italiano, un altro loro collega, anche lui assunto da poco, è bulgaro. Il resto degli architetti dello studio sono invece dieci tedeschi, quasi tutti piuttosto giovani.

Certo, avere uno studio internazionale dove, quando è il momento di confrontare le idee si possano incontrare approcci diversi è sicuramente un potenziale vantaggio per uno studio, ma non sembra questa la questione principale dietro queste recenti assunzioni.

Due giorni dopo, pausa pranzo. Dialogo tra il mio architetto italiano e un suo collega tedesco.

-So che ti hanno offerto un contratto a tempo indeterminato. Sono contento per te, ma dovresti rifiutarlo. Non ti possono offrire così poco

-Grazie, ma penso che accetterò. Ho provato a tirare un po’ sopra lo stipendio, ma più di tanto non ci sono riuscito. E’ comunque il più alto stipendio che abbia mai ricevuto, in Italia mi hanno sempre pagato a nero o con miseri rimborsi spese con la speranza di vincere concorsi che non abbiamo mai vinto. A 31 anni non posso dire di no al primo contratto della mia vita, oltretutto in uno studio in cui, al di là del contratto, mi trattano bene dandomi da gestire progetti di cui sono orgoglioso. Non ho i soldi e il coraggio per dire di no e non è detto che altri studi berlinesi, con il mio livello medio di tedesco, mi assumerebbero

-Sì, ma se tu accetti alla lunga licenzieranno tutti noi tedeschi che contratti del genere li rifiutiamo. Tu hai studiato, devi pretendere di più!

-Ti capisco, ma non posso.

-Se accetterai saremo costretti a protestare ufficialmente

La crisi sta portando il mercato del lavoro tedesco ad una vera e propria liberalizzazione. In un momento politico in cui i due maggiori partiti tedeschi, cristiano e socialdemocratici, parlano di un salario minimo di 8 euro e mezzo all’ora per ogni lavoratore a prescindere dalla professione, l’arrivo di tanti giovani professionisti dal sud e dall’est Europa sta portando la Germania ad una serie di situazioni che, a mio avviso, nascondono i germi del razzismo. A chi dare ragione nel caso del mio amico architetto italiano? E’ normale che accetti il suo primo contratto di lavoro dopo anni in nero, sfruttato nel peggiore dei modi da studi di architettura romani (ma il discorso è nazionale) che meriterebbero di chiudere seduta stante non tanto per come trattano i loro assunti, ma anche più semplicemente perché non hanno le risorse economiche per stare sul mercato, ma allo stesso modo hanno ragione anche quei giovani professionisti tedeschi che non vogliono abbassare il valore delle proprie prestazioni e che si trovano in questo momento a doversi confrontare con una concorrenza non solo non preventivata quando hanno intrapreso i propri studi, ma anche pronta ad accontentarsi di molto di meno.

Come scrissi qui, l’immigrazione italiana in Germania tra il 2011 e il 2013 è aumentata del 40%, quella spagnola del 15%, Grecia e Spagna 43%. Non conoscere benissimo il tedesco e il provenire da realtà dove l’accesso al primo impiego è quasi impossibile porta questi neo immigrati ad accettare un po’ tutto, purché pagato abbastanza da sopravvivere tanto che, per cautelarsi, molte ditte tedesche nei contratti specificamente che non si può parlare delle cifre del contratto verso l’esterno, nemmeno verso i propri colleghi.

E’ da situazioni come queste che nasce il razzismo. Non quello che ti fa dire “la mia razza è migliore della tua”, ma quella del “tu mi rubi il lavoro, tornatete a casa tua”. E non parliamo di lavori manuali, ma altamente qualificati. La stessa storia mi è capitata di ascoltarla da altri due ragazzi, uno italiano e uno spagnolo, entrambi laureati in economia, impiegati come junior manager in altrettanto piccole ditte internazionali berlinesi impegnate nel mercato delle app per iPhone. Se la Germania, ma più in generale tutta l’Unione Europea non si rende conto che, tra i tanti problemi sociali, l’immigrazione all’interno dell’Europa vada comunque controllata e, in alcuni casi, regolamentata, il rischio è che a poco a poco anche uno dei più bei vantaggi del non avere più ostacoli tra Italia, Francia, Germania, Spagna e così via, finisca con il diventare un boomerang contro il movimento europeista. 

@daddioandrea

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